
Lo studio (Digital Disruption: the Growth Multiplier) di Accenture è stato condiviso durante l’evento World Economic Forum di Davos.
Il punto di partenza dello studio è la consapevolezza che molte organizzazioni stanno traendo vantaggio dall’applicazione di nuove tecnologie digitali ma che molte economie continuino a rimanere digitalmente immature. E questo nonostante già oggi il peso della economia digitale rappresenti il 22.5% dell’intera economia mondiale. L’immaturità è legata all’incapacità diffusa nel generare valore dalle nuove tecnologie digitali.
La percentuale elevata si spiega per il ruolo che nell’economia giocano i giganti della tecnologia e le aziende che più di altre hanno sposato la carica disruptive della rivoluzione tecnologica sviluppando nuove piattaforme, dando forma a nuove architetture e modelli di business da cui hanno tratto grandi vantaggi in termini di profitto, fatturato e crescita dei loro ecosistemi digitali e commerciali.
Le app migliori del 2023 tra riconferme e novità
Secondo Accenture oggi esiste la possibilità per tutte le aziende di trarre vantaggi e benefici simili ottimizzando gli investimenti in tecnologia e diventando in questo modo più competitivi, produttivi e capaci di soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori. A trarne vantaggio sarebbero molte economie nazionali che vedrebbero il loro PIL crescere in modo consistente, soprattutto se gli investimenti saranno rivolti non solo alla componente hardware e software ma anche alle persone, alle loro competenze e professionalità e ai servizi.
Gli investimenti in tecnologie digitali possono fare da moltiplicatori della crescita soprattutto per le nazioni che hanno deciso di puntare sulla digitalizzazione della loro economia come strategia per affrontare e vincere l’incertezza dell’economia attuale introducendo nuove pratiche, nuovi approcci e nuovi modelli di business.
L’indagine si è focalizzata nello studio della infrastruttura tecnologica esistente, degli investimenti in information technology, networking e media per la comunicazione, della diffusione del commercio elettronico e della penetrazione della Banda Larga. Lo studio è stato arricchito da modelli interpretativi utili a misurare e valutare l’apporto alla economia digitale da parte delle risorse, delle competenze e delle professionalità impiegate esistenti.
Quello che è emerso dallo studio è la difficoltà da parte di molte economie a comprendere dimensioni, valore e opportunità della componente digitale della loro economia. La mancanza di conoscenza e consapevolezza impedisce interventi utili a influenzare o a modificare i fenomeni emergenti, soprattutto in tre ambiti fondamentali: skill e abilità digitali (utili per misurare competenze in termini di comunicazione, informazione e tecnologia nel mondo del lavoro), tecnologie digitali (connettività, infrastrutture, ecc.) e acceleratori digitali (tecnologie come il Cloud Computing o il Big Data).
Le tecnologie digitali offrono a tutte le economie numerose opportunità, soprattutto se sapranno guidare e trarre vantaggio dalla loro forza disruptive e se la gestiranno come un processo complesso in continuo divenire ed evoluzione. A trarne vantaggio immediato è la produttività e la capacità di competere meglio in termini di performance e crescita del PIL. Per attivare circoli virtuosi di crescita le opportunità digitali devono essere capaci di scoprire e sfruttare i moltiplicatori digitali disponibili per competere in scenari economici globali destinati a cambiare rapidamente e continuamente e definire in modo accurato le priorità dei loro investimenti.
La rivoluzione digitale interessa anche l’Italia e il suo sviluppo futuro in ternini tecnologici e fattori abilitanti quali infrastrutture, normative, pubblica amministrazione, mercati, scuola ecc. La crescita in termini di PIL, se rapportata al 4,2% ipotizzato da Accenture potrebbe valere 75 miliardi di euro. Già oggi la componente digitale della nostra economia contribuisce per quasi il 20%, poco se il valore è confrontato con quelli di altri paesi come USA (33%) o UK (29%). L’Italia si trova, nello studio di Accenture, in decima posizione sulle 11 prese in considerazione. Una posizione non invidiabile e che può essere facilmente ridefinita. Per farlo servono però strategie adeguate, visioni e capacità di realizzazione e soprattutto molti investimenti.