
Le indagini di psicologi, medici e studiosi lo stanno segnalando da tempo. I bambini e gli adolescenti sono sempre più esposti al potere di schermi irresistibili che catturano la loro attenzione e lo fanno anche per numerose ore al giorno. Secondo uno studio inglese un bambino di sette anni ne ha trascorso uno intero ad interagire con uno schermo senza che i suoi genitori e gli adulti siano stati in grado di distrarlo con attività e giochi capaci di staccarlo dal suo dispositivo e immergerlo in realtà non tecnologiche. Il fenomeno non è solo inglese ma interessa ormai tutte le realtà nazionali, compresa l’Italia, paese nel quale più dll’80% dei ragazzi è sempre connesso e impegnato nell’interazione nei social network, nello scambio di messaggi (migliaia ogni mese), nella navigazione di Internet e nel gioco.
La modalità di interazione tra i ragazzi e la tecnologia è diventato sempre più privato, non assistito e in lontananza da genitori e adulti che non hanno così alcuna possibilità di esercitare il loro controllo o di intervenire affiancando i minori nella loro esplorazione del mondo digitale e virtuale online. I dati riferiti all’Italia non sono al momento paragonabili a quelli di altri paesi ma le ore passate davanti ad uno schermo durante l’arco di una giornata sono in costante aumento e interessa un numero crescente di adolescenti e ragazzi. Il 46% passa da 1 a 3 ore davanti ad uno schermo e il 26% supera le tre ore. La pratica diffusa online viene vissuta dai più come irrinunciabile, soprattutto per sentirsi meno soli e per costruire vite parallele nelle quali esercitare vie di fuga dalla realtà o dare forma a sogni e desideri che nella realtà non sono realizzabili. E poco interessa che i risultati ottenuti siano virtuali. Ciò che conta è la durata della vita virtuale in cui si è immersi e la possibilità di farla durare a lungo, anche quando i genitori hanno deciso che è giunto il tempo di chiudere casa per una vacanza che dovrebbe servire a disintossicarsi da stress, lavoro e, perché no, anche da schermi e display tecnologici.
PROFUMI E BALOCCHI IN ZONA ROSSA
L’attaccamento simbiotico al dispositivo mobile, a WhatsApp e a Facebook è tale che difficilmente un ragazzo in partenza per le vacanze dimenticherà il suo smartphone o tablet. Non può farlo anche perché strumento di navigazione, distrazione e concentrazione durante il viaggio in auto, nelle pause e nelle tappe che lo porteranno a destinazione. Il tutto nella quasi completa indifferenza dei genitori che, dal passaggio dal computer al dispositivo mobile, non sono più in grado di rendersi conto di quanto tempo i loro ragazzi passino davanti ad un display e degli effetti di questi comportamenti sulle loro vite. L’indifferenza nasce anche dall’aver abdicato a un ruolo di controllo e a proporre ai ragazzi alternative accattivanti come lo sono diventate quelle virtuali.
Il tablet, diventato compagno fedele per la mobilità dei genitori, può trasformarsi in strumento utile anche per proporre alternative di utilizzo della tecnologia ai ragazzi. Il tablet può essere usato per pianificare, organizzare ed effettuare il viaggio (il ragazzo fa da navigatore), per leggere un libro digitale interessante o un fumetto, per apprendere una nuova lingua e, quando è stanco, per guardarsi un film o un video.
Più del mezzo conta però sapere interagire con i ragazzi conoscendone i desideri e i comportamenti per suggerire o imporre scelte valoriali e comportamentali nel decidere cosa fare con i loro dispositivi, cosa guardare e con cosa giocare. L’interazione con i ragazzi deve essere diversa a seconda dell’età ma guidata dalle regole di comportamento che si è deciso di applicare nel nucleo familiare. Anche se la missione è impossibile si può intervenire per limitare il tempo di esposizione allo schermo o per spezzettarne la durata e farlo ricercando forme di interazione con i ragazzi capaci di creare narrazioni interessanti e coinvolgenti, conversazioni frequenti e attività non tecnologiche.