
Nessuno vorrebbe perdere uno strumento come Twitter o vedere dissolversi l’ecosistema cinguettante a cui ha dato origine. Con soli 316 milioni di utenti registrati, Twitter deve però fare i conti con i costi e i mancati guadagni (calo della pubblicità degli inserzionisti e minori invetimenti) e con la preferenza accordata ad altre soluzioni di social newtorking e comunicazione online da parte dei consumatori.
Il merito di Twitter è stato quello di fare emergere il microblogging trasformandolo ina pratica diffusa, sia per utilizzi e finalità personali sia aziendali e lavorative. Molte aziende che hanno costruito molte delle loro iniziative marketing e comunicazionali su Twitter verrebbero private di un importante strumento di branding dei loro prodotti e di immagine della lor Marca.
Lo strumento si è diffuso rapidamente per la sua potenzialità e destinazione d’uso. Con un cinguettio è facile informare, promuovere, tenersi informati e aggiornati su cosa fanno amici e conoscenti, il tutto in tempo reale e con semplici cinguettii esprimibili in pochi caratteri ma dalla elevata efficacia.
L’utilità pratica di Twitter è stata scoperta subito dagli uffici marketing aziendali che ne hanno sfruttato la componente di micro-blogging ma anche per la sua capacità di creare dipendenza e di catturare l’attenzione del destinatario del cinguettiio-messaggio.
Non è un caso che Twitter sia stato scoperto immediatamente da politici, celebrità e personaggi dello spettacolo, musicisti famosi e artisti rampanti e da molte figure professionali e leader di mercato espressione del mondo tecnologico. Tutti ne hanno tratto grande visibilità e attenzione. Pur non essendo stato creato come strumento per la politica, il servizio è stato adottato immediatamente dalla classe politica, prima in modo diffuso negli Stati Uniti e poi in molti altri paesi, da buon ultima l’Italia con l’arrivo sulla scena della nuova generazione di politici alla Renzi. Twitter è diventato così in tempi rapidi strumento di lotta e di provocazione, di attivismo dei movimenti ma anche media per la comunicazione e l’organizzazione delle agende e delle iniziative politiche.
Tu, dunque Noi.
La facilità d’uso e la cassa di risonanza che ogni cinguettio è stato capace di creare hanno spinto un numero crescente di personalità politiche a farne grande uso. A cinguettare non c’è solo Renzi o Gasparri. A cinguettare ormai sono tutti e anche le leggi di stabilità e le diatribe politiche in sede europea si combattono attraverso cinguettii. L’obiettivo non è di consegnare in tempo rapido e in modo sintetico un messaggio ai destinatari ma di far conoscere ai media che una discussione o una lite è in corso. I media e la stampa si fanno poi carico di trasformar i 140 caratteri in paginate intere di narrazione con retroscena e racconti da cui scaturiscono altri cinguettii a formare concerti non sempre apprezzati e con un pubblico sempre più calante.
Facebook e Google una volta interessati all'acquisto di Twitter ora lo sembrano meno....
Calante come lo è il pubblico normale di Twitter che aveva compreso da subito e in modo chiaro le potenzialità dello strumento ma che oggi non lo trova più indispensabile. Da strumento innovativo per l’utente finale e per il business, Twitter si è trasformato, grazie a politici, rock star, giocatori e atleti famosi e altre celebrità, in una specie di riserva indiana nella quale a prevalere è la ricerca di notorietà, visibilità e auto-affermazione del sé.
Invece di servire da potente passaparola e trend-setter o trend-hunter, Twitter è diventato veicolo di propaganda politica, strumento per aumentare la comunità di folle adoranti e di fan per un cantante o per un calciatore come Balotelli e per farsi motore di pettegolezzi su fatti non sempre reali o neppure verosimili. Twitter è servito in diverse occasioni, in tutte la parti del mondo, per alimentare campagne elettorali, definire e comunicare la agende dei candidati e per dare forma alla comprensione degli eventi da parte dei giornalisti con l’obiettivo di influenzarli fornendo loro utili informazioni strategiche, competitive e utili per la scrittura di articoli o commenti. Twitter è stato anche usato, ad esempio nelle campagne elettorali americane, per misurare le prestazioni dei candidati durante i dibattiti televisivi e il clima della opinione pubblica, contando e analizzando (percezioni, emozioni, sentiment, riflessioni, ecc.) i cinguettii inviati dal pubblico.
In una platea occupata da celebrità e di politici attrezzati per farsi largo e sovrastare con il loro cinguettio rumoroso e urlante quello degli altri, gli utenti normali si sono sentiti schiacciati, in minoranza, fuori luogo e senza interlocutori. Difficile pensare che ci si possa divertire a cinguettare con molti personaggi della scena politica italiana o con calciatori che acquistano la loro fama per avere distrutto la loro Ferrari o per le provocazioni razziste cinguettate online.
La ricca offerta alternativa esistente ha così finito per attrarre un numero crescete di utenti contribuendo a fermare l’onda montante di Twitter e a far emergere l’attuale crisi. Una situazione dai risvolti complessi e dagli scenari futuri ancora non scritti. L’idea del fondatore Jack Dorsey, da poco rientrato a capo dell’azienda, sembra quella di trasformare il micro-blogging di Twitter aumentando il limite dei 140 caratteri ma è chiaro che una scelta di questo tipo non sarà sufficiente. Per il rilancio di Twitter servono nuovi capitali, servono nuovi manager in grado di capire le ragioni del calo e di definire nuove strategie vincenti per un rilancio. L’utilità e l’uso fatto di Twitter da parte degli uffici marketing delle aziende potrebbe favorire acquisizioni o fusioni con altre applicazioni di social networking ma la solzuione potrebbe non bastare.
Ciò che sembra essere entrato in crisi è il modello di comunicazione che è emerso dal cinguettare come pratica diffusa di auto-promozione e di auto-celebrazione ma anche di manipolazione e semplice promozione. In assenza di un valore pragmatico della comunicazione cinguettante, il destinatario e utente di Twitter finisce per far emergere l’indifferenza e l’apatia. La prima porta a non recepire il cinguettio in entrata, la seconda a non usare lo strumento per reagire, per comunicare un feedback o per attivarsi tramite il passaparola.
Superata l’indifferenza e stanchi dell’apatia molti utenti hanno deciso di guardarsi intorno e di scoprire molti altri strumenti capaci, come Twitter, di offrire loro servizi di micro-blogging e di interazioni in tempo reale. E contineranno a farlo anche se Dorsey dovrebbe aumentare la lunghezza del cinguettio a 10.000 (#twitterlong) caratteri come sembra intenzionato a fare per rincorrere Facebook. Il venie meno della magia del cinguettio breve cambierebbe la natura della sua comunicazione creando più disagio che benefici nella platea dei suoi fan.
Difficile pensare a un mondo senza cinguettii ma se cinguettare è diventato sinonimo di abbaiare o ululare è facile comprendere come chi non è in grado o non vuole farlo, voli via e vada alla ricerca di nuovi ecosistemi “Gasparri free-zone”, magari liberi da politici e celebrità varie.
In alternativa Dorsey potrebbe pensare a rilasciare due versioni differenti di Twitter, una per il grande pubblico che vuole dare libero sfogo alla sua creatività e vuole cinguettare felicemente e liberamente per esprimere le proprie impressioni in tempo reale condividendole con amici e conoscenti, la seconda per i politici in modo che la possano usare per le loro attività e iniziative.
Se così facesse la prima piattaforma potrebbe diventare utile veicolo pubblicitario e richiamare gli investitori e gli inserzionisti che oggi vogliono scappare e la seconda potrebbe permettere di dare forma digitale ai partiti della postmodernità. Partiti come riserve con pochi abitanti molto felici per la loro condizione di privilegiati e anche per disporre di una versione esclusiva di Twitter. Sempre naturalmente con il limite dei 140 caratteri, tanto a che serve averne 10.000 per "#lavoltabuona", "#Italiariparte", "#cambiaverso". "#madovevivono", “#labuona scuola”, "#amicigufi", #Matteorisponde o semplicemente #buongiorno.