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Usa la tecnologia in modo bilanciato, limitato e controllato

Usa la tecnologia in modo bilanciato, limitato e controllato

21 Ottobre 2021 Redazione SoloTablet
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Bilancia e carote, due metafore a cui facciamo ricorso per sostenere l’importanza di un uso bilanciato della tecnologia così come di altre risorse che ci caratterizzano come umani. Due figure retoriche usate per facilitare la comprensione e l’approfondimento di tematiche non necessariamente percepite come importanti nella costruzione del benessere psicobiologico delle persone. Due metafore che sembrano lontane tra loro in termini semantici ma che si arricchiscono a vicenda nel contesto nel quale le stiamo utilizzando. Parlare di bilance e carote consente di comunicare concetti difficili da comunicare e, a volte, da comprendere. Significa soprattutto fornire strumenti utili a far recepire i significati simbolici che spesso, a livello inconscio, assegniamo alle tecnologie a all’uso che ne facciamo. Significa erigere ponti per facilitare analogie, conoscenze, creatività e intuizione, narrazioni e riflessioni, interazioni e mediazioni con la realtà, sia essa quella attuale (termine usato da Pierre Levy per Reale) sia essa virtuale o digitale.

“Il problema non è che le persone siano prive di forza di volontà, ma che dall’altra parte dello schermo, ci sono migliaia di persone il cui compito è quello di indebolire il vostro autocontrollo.[…] La tecnologia offre comodità, velocità e automazione, ma implica anche costi elevati!” -  – Irresistibile di Adam Alter


Terzo estratto dal libro Tecnologie e sviluppo del benessere psico-biologico - Prontuario per genitori e ragazzi, per un uso equilibrato della tecnologia scritto da Alessandro Bianchi Carlo Mazzucchelli.

Un libro che gli autori propongono e suggeriscono per le tematiche trattate e per la rilevanza da esse assunte a causa della pandemia che ha visto crescere in modo esponenziale l'utilizzo di dispositivi tecnologici da parte di adolescenti (60% hanno un cellulare) e anche bambini (al di sotto dei 5 anni sono il 15%). Il libro è disponibile in formato E-BOOK e CARTACEO. 

Un libro scritto come un prontuario di sopravvivenza attiva, pensato per genitori, psicologi e psicoterapeuti. Alcune semplici regole per ridurre la fatica della genitorialità e contribuire al benessere psicobiologico dei bambini.

 

Bilance e carote 

Bilancia e carote, due metafore a cui facciamo ricorso per sostenere l’importanza di un uso bilanciato della tecnologia così come di altre risorse che ci caratterizzano come umani. Due figure retoriche usate per facilitare la comprensione e l’approfondimento di tematiche non necessariamente percepite come importanti nella costruzione del benessere psicobiologico delle persone. Due metafore che sembrano lontane tra loro in termini semantici ma che si arricchiscono a vicenda nel contesto nel quale le stiamo utilizzando. Parlare di bilance e carote consente di comunicare concetti difficili da comunicare e, a volte, da comprendere. Significa soprattutto fornire strumenti utili a far recepire i significati simbolici che spesso, a livello inconscio, assegniamo alle tecnologie a all’uso che ne facciamo. Significa erigere ponti per facilitare analogie, conoscenze, creatività e intuizione, narrazioni e riflessioni, interazioni e mediazioni con la realtà, sia essa quella attuale (termine usato da Pierre Levy per Reale) sia essa virtuale o digitale. 

Ripartiamo dalle carote, strumento e metafora della che necessità di una dieta equilibrata, che vuol dire bilanciata. Dieta (qui allargata ai nutrimenti della vita) che non significa privazione, ma assunzione di un regime salutare che, dal punto di vista dell’alimentazione,  non impedisce di trovare piacere nel gustare un’ampia gamma di alimenti, molti dei quali utili per un corretto funzionamento dell’organismo, per assicurarsi che tessuti e organi possano svolgere il loro ruolo in modo efficace e corretto, e per mantenersi in buona salute. Una salute oggi messa a rischio da cattive abitudini, stili di vita prevalentemente sedentari  e rapporti compulsivi con le meraviglie tecnologiche che pervadono la vita quotidiana di tutti, dettandone i ritmi, i comportamenti, i modi di pensare, di percepire sé stessi e la realtà. 

 

Nella realtà tecnologica attuale il nostro organismo corre il rischio di ammalarsi (non necessariamente per colpa della tecnologia) di diverse patologie croniche, tra cui diabete e ipertensione o di sbilanciarsi facendo emergere squilibri ed effetti capaci di creare malessere fisico, mentale, relazionale e psicologico. Oggigiorno le nostre vite sono sempre più frenetiche, veloci, voraci, bulimiche e distratte dalle reali priorità esistenziali. Riuscire a mantenere una dieta bilanciata può diventare per molti una vera sfida, richiedendo la capacità di distanziarsi da ciò che in forma di display la sta imprigionando, forza di volontà e capacità di guardarsi dentro per scelte non conformistiche ma salutari. 

Sulle varie scale che caratterizzano la vita dell’individuo, dagli stili di vita ai funzionamenti biologici più sottili e profondi, il Sé vive di nutrimenti molteplici che deve: 

1.   Costantemente assumere; compito che spetta agli adulti assumersi per gli individui in età evolutiva

2.   Imparare a procurarsi da solo 

Per fare ciò in età evolutiva, nell’impossibilità di procurarsi in modo autonomo, ciò che gli è necessario, il bambino deve imparare presto a riconoscerli e maneggiarli. Fortunatamente l’organismo è già programmato a inviare chiari segnali di bisogno. Quando il neonato ha fame o desidera un contatto lo percepisce con chiarezza e in modo altrettante forte e chiaro generalmente attiva gesti e movimenti di richiesta. Come la ricerca attiva del seno o di un contatto avviluppante. 

Dieta equilibrata significa dieta varia e ricca. I piatti delle bilance devono potere oscillare ampiamente da un lato o dall'altro (dobbiamo immaginarci le bilance di una volta, a due piatti, come quella del segno zodiacale) ma pur sempre con dei minimi e dei massimi. Le bilance servono a soppesare anche i tempi del sonno con quelli della veglia, i tempi della solitudine con quelli della socialità, i tempi dell'attività con quelli della sedentarietà, i tempi del gioco e dello svago con quelli dello studio e del lavoro. Quando eccediamo paghiamo sempre le conseguenze: piccole, se abbiamo bevuto troppo una sera, con al massimo un po' di mal di testa mattutino, grandi se beviamo cronicamente troppo (con danni irreversibili al fegato e manifestazioni comportamentali dagli effetti deleteri come in alcuni casi di femminicidio che occupano la cronaca italiana). Gli eccessi e le deprivazioni si pagano e possono essere compensati entro i limiti della plasticità del Sé. La capacità di tollerare gli sbilanciamenti, quando occasionali o limitati nel tempo è ampia in un organismo in salute, ma non infinita. 

In età evolutiva è compito dell’adulto offrire nutrimenti bilanciati. Questa offerta ha tre motivi in uno (altro esempio di 1+1+1=1)[1] da cui dovrebbero sortire altrettanti effetti: 

  • mantenere lo stato di salute del bambino
  • promuovere e programmare la sua salute futura, consentendo alle bilance in formazione di tararsi nel soppesare bisogni e stimoli diversi, in modo da poter mandare segnali univoci, al momento giusto che possano attivare comportamenti adeguati
  • far apprendere al figlio i comportamenti adeguati 

Riconoscere i bisogni fondamentali, rispettarli, godere della loro soddisfazione richiede un addestramento complesso che l'homo sapiens condivide con i mammiferi, nel lungo tirocinio nella relazione di accudimento. Quando da genitore o tutor del tirocinio, passiamo al bambino il biberon di latte, lo portiamo al giardino, perché riteniamo abbia bisogno di muoversi e socializzare, lo vestiamo con uno specifico abito, lo lasciamo giocare con lo smartphone, ecc. compiamo (bene o male che sia) questa operazione unica e trina.

Un’operazione che per ogni genitore sarebbe utile declinare periodicamente in forma di domanda: 

1.     Sto dando al bambino un nutrimento salutare? 

2.     Sto contribuendo con questo nutrimento alla programmazione della sua salute futura?

3.     Sto aiutandolo ad apprendere comportamenti adeguati a procacciarsi in futuro, da solo e in modo equilibrato, i nutrimenti basilari? 

Tre domande da reiterare, specificando la parola nutrimento con le molteplici offerte di esperienze, incluse quelle tecnologicamente mediate. 

Le tecnologie sulla bilancia 

Dalle carote passiamo alle bilance e ai loro piatti in cerca perenne di equilibrio! 

La metafora della bilancia è stata usata in tempi recenti anche da Piero Angela nel suo intervento al festival Repubblica delle Idee 2018 di Bologna. In quel contesto per rimarcare l'urgenza di un'educazione fondata sulla necessità di bilanciare diritti e doveri, vantaggi e svantaggi. In questo libro la usiamo per segnalare un'urgenza altrettanto impellente, fondata su un utilizzo bilanciato, controllato, limitato nel tempo e da codici comportamentali della tecnologia, delle sue applicazioni e piattaforme. In una visione sistemica non è un'operazione che possa rimanere entro un orizzonte individuale: ogni azione impatta con un ambiente umano e naturale, utilizza risorse comuni e produce effetti a distanza e nel tempo. Anche le singole azioni genitoriali sono semi piantati che potranno avvizzire (se non più coltivati) o germogliare producendo frutti in ambienti relazionali futuri: un bel potere in mano agli adulti, che se consapevolmente assunto può mitigare le depresse rassegnazioni che sovente lo attanagliano. 

La necessità di un maggiore bilanciamento tra diritti e doveri nasce dalla percezione dell'individualismo diffuso caratterizzante la nostra società attuale che ha portato a enfatizzare i primi e a dimenticare i secondi. La necessità di un maggiore bilanciamento nell'uso delle tecnologie nasce dalla percezione di un'arrendevolezza e acquiescenza crescente ai display tecnologici che si traduce in una maggiore quantità di tempo passata online attraverso un tablet o uno smartphone e in una minore socialità. 

Il molto (troppo) tempo passato online o a interagire con uno strumento tecnologico rischia di creare una separatezza crescente tra realtà e soggetto, tra bisogni reali e aspetti importanti quali il benessere e la salute individuale. Nel divario che si va approfondendo tra vita reale e vita digitale si possono produrre situazioni di malessere, stress, ansie e insoddisfazioni esistenziali che possono minare complicato lo stare bene personale, familiare, di gruppo. 

L'uso che viene fatto della tecnologia, delle sue applicazioni e piattaforme, richiede un urgente e altrettanto impellente compito educativo, con tanto di codici comportamentali (già abbiamo precedentemente affrontato quelli relativi al non lasciare soli i bambini e ai limiti) utili a determinare un bilanciamento controllato nell’uso e nell’accesso al mezzo tecnologico. Il punto di riferimento resta la salute e il benessere che nasce dalla corrispondenza tra le caratteristiche di funzionamento dell'Homo sapiens, stabilitesi in una evoluzione di migliaia di anni e le sollecitazioni che il nuovo millennio pone e impone. 

Un dato di fatto è comunque assodato: le tecnologie spingono facilmente ad un loro uso sbilanciato. Succede con gli adulti e ancor di più con bambini e adolescenti. Così come accade anche con altre cose di uso comune: l'auto che facilmente usiamo molto di più del necessario, i farmaci (specie gli antibiotici) l’alcol e le droghe di cui tendiamo ad abusare, il cibo (l’obesità è oggi una delle malattie più diffuse, sia nei paesi poveri sia in quelli più ricchi), le relazioni virtuali. 

Come vaschette di gelato le tecnologie appaiono buone e invitanti, colorate e stimolanti. Divertono, sono un canto di Sirena al quale è difficile resistere, ma, come con le Sirene, goderne senza farsene risucchiare è difficile. Fortunatamente il cucciolo d'uomo ha (dovrebbe avere) chi pensa a lui e non gli è necessario, come fece Ulisse, chiedere di essere legato all'albero maestro. Perlomeno così dovrebbe essere perché all'albero maestro non saprebbe proprio come legarsi. 

Più che legarsi il bambino deve potersi muovere, giocare, interagire con il corpo proprio e altrui, nutrirsi della ricchezza e varietà di sensazioni psicocorporee che rischiano di essere deprivate da un uso sbilanciato delle tecnologie. Nelle bilance della salute hanno ampio spazio, oltre a quelli cognitivi e relazionali, i processi sensomotori. Provate (ma meglio non farlo, consideriamolo un esperimento teorico) a fare crescere un gattino in gabbia. Crescerà incapace di nutrirsi autonomamente, di cacciare, di interagire con i simili e di vivere una vita felice. Una rovina! 

L'uso dei dispositivi tecnologici rischia di trasformare la cuccia in gabbia (Carlo Mazzucchelli nel suo e-book I pesci siamo noi ha usato la metafora dell’acquario mondo, caratterizzato da pareti trasparenti ma solide e invalicabili). Una gabbia per pesci (facilita ma non imposta) che sbilancia quantomeno i processi sensomotori della motricità[2]. Processi che hanno bisogno al contrario di essere appresi e sperimentati nella varie fasi di identificazione, localizzazione, raggiungimento e prensione di un oggetto. Processi che, nell’esperienza tattile di un display, sono ben diversi da quelli della gestualità che serve per prendere in mano una tazzina di caffè o un giocattolo. Una diversità misurabile non tanto nel movimento motorio quanto nell’intreccio di sensazioni che lo caratterizzano, a livello visivo, olfativo, propriocettive, ecc. 

Bambini nella gabbia

Un mondo che per lungo tempo è stato solitamente sperimentato attraverso il corpo e la sua interazione con oggetti e persone, può diventare oggi per molti bambini una semplice mappa, una galleria di immagini che scorrono veloci sulle superfici magnetiche e attrattive di un display. Le mani solitamente usate per scoprire il mondo afferrandolo, i piedi usati in modo non sempre coordinato per percorrerlo, diventano semplici strumenti di interazione tattile con giocattoli e ambienti virtuali (lego e plastiline virtuali) che catturano l'attenzione, lo sguardo e le emozioni fino a trasformare il display in una prigione-caserna. Il tutto grazie alla pervasività e alla diffusione della tecnologia, ma anche per la (ir)responsabilità di genitori poco consapevoli dei cambiamenti profondi che la tecnologia sta producendo nella vita dei loro figli così come nelle proprie. 

Il bambino che troppo e troppo presto vive la gabbia illuminata e attrattiva del display del suo dispositivo è un bambino che può manifestare problemi nelle sue abilità motorie, ad esempio quelle molto semplici che servono a tenere in mano una matita e per scrivere. Le esperienze ludiche che un tempo erano fatte con materiali e strumenti diversi da quelli digitali (pastelli, tempere, plastiline, gessetti, forbici, blocchi lego, oggetti da manipolare, ecc.) oggi sono caratterizzate dall’interazione tattile e ripetitiva con la superficie di uno schermo. Un problema reale, considerando che una delle attività che ancora caratterizzano l’asilo e la scuola elementare prevede la scrittura e l’uso delle dita per dare un senso, una direzione e una profondità alla matita o al pennarello usato per scrivere, disegnare e colorare. 

La motricità è una Funzione composita del Sé. In essa troviamo i Movimenti che attuiamo, connessi a varie intenzionalità a supporto di diversi Funzionamenti di fondo. Gli utilizziamo sempre all’interno di gamme come quelle fine-ampia e veloce-lenta. Entrambe le gamme hanno un ruolo importante nello sviluppo dell’individuo e la sua conoscenza (esperienza) dell’ambiente circostante e su entrambe impatta l’uso eccessivo di un dispositivo tecnologico. Cosa sono e a cosa servono questi movimenti? 

I Movimenti Fine sono quelli di supporto alla concentrazione focalizzata. Utilizzano la manualità sottile e i movimenti oculari rapidi, il contorno visivo. La visione periferica rimane in secondo piano per la necessità di focalizzare l’attenzione sui particolari. I bambini li utilizzano quando si impegnano in disegni piccoli e minuti, nei puzzle, nei giochi con le dita, nelle costruzioni, ma anche nei percorsi a slalom (molto utilizzati nella psicomotricità) o quando si vogliono avvicinare a qualcuno senza essere scoperti. I movimenti fini supportano inoltre la lettura e la scrittura.

I Movimenti Fini servono moltissimo nella vita: è il motivo per cui (prima ossessivamente ora meno) si insegnava ai bambini a scrivere all’interno di una riga (un tempo soprattutto alle bambine si chiedeva l’abilità di disegnare sequenze colorate di greche già immaginandole in futuri lavori all’uncinetto) e a riempire di colore una figura senza uscire dai suoi margini. Una capacità di focalizzarsi sul piccolo che ci porta senza soluzione di continuità a abilità adulte specializzate molto apprezzate: come nei dentisti, chirurghi, orologiai, elettrotecnici e in tutte le professioni e occasioni nelle quali precisione e pignoleria sono utili e necessarie. 

I Movimenti Ampi sono quelli dell’andare oltre, prendere maggior spazio, occuparlo, allargarvisi. Il bambino utilizza spesso gesti grandi, nei salti, nella nei giochi, tipo “fai 10 passi di elefante” (opposti a quelli di formica). Sono movimenti di tutto il corpo, che includono anche l'uso forte della voce, le grida e gli schiamazzi. Nei disegni la Motricità Ampia si traduce in grandi tracce lasciate su fogli altrettanto grandi, colori estesi. Utilizza maggiormente la visione periferica e del contesto, la possibilità di guardare lontano e in una visione d’insieme. Supporta senza soluzione di continuità quella che sarà la fiducia del poter prendere possesso, abitandolo, anche di uno spazio relazionale e di produrre un effetto, lasciare un segno anche a distanza; in sintesi andare oltre i limiti (quelli relativi). 

La motricità fine è un microscopio, quella ampia un telescopio. Ambedue sono necessarie e collegate. Le gamme non devono essere sbilanciate ma larghe, per potervi spaziare in modo adeguato alle circostanze. 

I Movimenti Veloci supportano la rapidità di esecuzione. Nel bambino sono le corse, gli scatti, quando mettono alla prova i riflessi (un, due, tre … stella!), quando giocano a sbatacchiarsi e a fare movimenti pazzi, disarticolati e buffi. Sono movimenti nei quali è utilizzata sia la visione periferica sia quella puntiforme, ma il passaggio tra le due deve essere fluido e facilmente modulabile. Anche noi adulti usiamo questi movimenti tutti i giorni, spesso meno giocosamente, quando dobbiamo sbrigarci, correre per non perdere il treno, concludere un  compito noioso, e a volte in modo più ludico quando ci concediamo balli o attività sportive non agonistiche (sciare, giocare a tennis). Con i Movimenti veloci vanno di pari passo processi cognitivi rapidi, capacità di scelte e decisioni e processi endocrini adeguati. 

I Movimenti Lenti sono invece quelli della calma, quelli che ci permettono di assaporare le esperienze. Il bambino spesso li mette in atto godendone, quando si spalma in braccio rilassato, si prepara al sonno, compie giochi meno dinamici, pettina e culla le bambole, accarezza il gattino. Nei Movimenti lenti conta più il processo che il risultato, il viaggio che la meta. Supportano modalità “morbide” di attenzione. La visione è meno focalizzata, il neurovegetativo viaggia su modalità vagali, il pensiero è sciolto e più vagheggiante. 

Movimenti Ampi e Fini, Lenti e Veloci, possono essere visti come uno zoom quadridimensionale (una bilancia a più braccia) che deve potersi stringere e allargare per funzionare bene. Gamme di processi tra loro integrati che concorrono ad allargare lo spazio di azione delle nostre esperienze: polarità di Funzioni in una vita che ci richiede, in alcune situazioni, di andare su di giri ed in altre di andare a basso regime. La padronanza di ognuno di questi movimenti è elemento essenziale per permettere al cervello e all’organismo intero di sintonizzarsi coerentemente nelle varie Modalità. 

Alla base della salute individuale e delle relazioni efficaci c’è la disponibilità di gamme ampie. Una gamma ristretta riduce l’orizzonte di capacità determinando il rischio di deprivazioni e zoppie. Esattamente quello che succede, nella situazione estrema già menzionata, al gattino obbligato a crescere dentro un gabbia. Il risultato potrebbe essere la limitazione o una ipertrofia dei Movimenti, fini e veloci, a scapito di quelli ampi e lenti: un addestramento a una vita di corsa in orizzonti ristretti. Come il criceto nella ruota della sua piccola gabbia. 

Altro effetto dello sbilanciamento (laddove l'equilibrio non è il giusto mezzo in una posizione statica ma la riduzione dello spazio di movimento)  è di mettere alla prova la capacità di resistenza (resilienza) dell'organismo, la sua capacità di adattarsi a compensare[3], ovvero determinare uno stato di stress: una lesione a un menisco mette a dura prova anche l'altra articolazione, per un po' si compensa ma se poi non si interviene anche l'altro menisco rischia; un’automobile fuori carburazione consuma di più e se tardiamo ad andare dall'elettrauto inevitabilmente la situazione peggiora fino a produrre danni ai pistoni o alle fasce oltre che all'aria che respiriamo); se passo l'estate pasteggiando a gelati (che non è la peggiore delle diete) l'organismo si spreme  per  smaltire gli zuccheri e i grassi sottraendo energia ad altri processi. Il Sistema cerca di adattarsi, riesce a farlo fino a un certo punto; poi erode le risorse. 

Lo stress 

Gli esempi appena citati sono esempi in negativo, ma lo stress non è di per sé un processo tossico o patologico. È così parte della vita di tutti i giorni che potremmo definirlo una regola essenziale. Lo stress può essere visto, in ottica PNEI[4], come espressione di un sistema di processi capace di modulare, per finalità di tipo adattativo, la regolazione tra ogni individuo nel contesto nel quale si trova.  

Come un'auto accelera e rallenta continuamente così l'Homo sapiens quotidianamente, momento per momento, agisce sul pedale dei processi psicobiologici attivandoli e disattivandoli. 

Quando si ha una qualunque prestazione da effettuare, dal salire una rampa di scale, al sostenere un esame, ad affrontare un appuntamento di lavoro o di amore, al seguire la partita della squadra del cuore, l'organismo deve adattarsi alle circostanze, attivarsi al giusto regime di funzionamento, aumentare i giri del motore, per ritornare poi allo stato di partenza. In gergo è chiamata arousal[5] (eccitazione, risveglio) lo stato di attivazione dell’organismo (più eccitato e meno), variabile in funzione dei cambiamenti dell’assetto fisico e psicologico di ogni individuo. 


LO STRESS 

In medicina lo stress (il primo a parlarne fu nel 1976 il medico austriaco Seyle) è ogni causa (fisica, emotiva, sociale, psicofisica, chimica, ecc.) o evento capace di esercitare sull’organismo un’azione prolungata o uno stimolo dannoso, capaci di provocare reazioni che si manifestano in tensione nervosa, logorio non necessariamente avvertito ma ugualmente dannoso. Lo stress può essere visto come uno “stato di squilibrio determinato da una reale o percepita disparità tra le richieste dell’ambiente circostante e la personale capacità di sostenere tali richieste” (A. Compare, E. Molinari, R. Mccraty, D. Tomasino). 

Lo stress si può manifestare in varie forme a seconda degli eventi che lo hanno determinato. Uno stress è acuto quando si verifica una volta sola ed ha una durata limitata, è cronico quando la sua fonte persevera nel tempo o è permanente, è intermittente quando si presenta a intervalli più o meno regolari, con durate diverse e diversi gradi di prevedibilità. I fattori dello stress (stressor) non sono tutti generatori di stress negativi. Fattori nocivi danno origine a distress o stress negativo, fattori positivi creano situazioni di stress positive, o situazioni di eustress, e che possono favorire la vitalità e il benessere dell’organismo. Nelle sue varie forme lo stress si manifesta ogni qualvolta l’individuo è sottoposto a sollecitazioni esterne percepite come eccessive e per periodi prolungati che mettono in crisi e finiscono per sopraffare le capacità di adattamento, generando la sensazione di una tensione crescente che impedisce il benessere personale 

Le cause dello stress sono molteplici ma tutte riconducibili alla risposta che l’organismo di un individuo genera ogni qualvolta si trova a dover affrontare compiti percepiti come onerosi, eccessivi o pericolosi. La risposta alle cause di stress variano a seconda dell’individuo ma alcuni fattori di stress generano risposte simili nella maggior parte delle persone. Si tratta in genere di cause legate a eventi di vita piacevoli (nascita di un figlio, matrimonio, ecc.) o spiacevoli (morte di un amico o parente, divorzio, ma anche situazioni climatiche e ambientali , abuso di droghe, ecc.). 

I sintomi dello stress sono numerosi ma riconducibili prevalentemente a poche categorie: sintomi fisici, comportamentali, emozionali e cognitivi. I primi fanno riferimento a fenomeni come mal di testa o di schiena, indigestione, stanchezza, problemi di sonno, ecc. I secondi a forme di alimentazione compulsiva, assunzione di alcolici o comportamenti aggressivi, ecc.. I sintomi emozionali si manifestano in rabbia, nervosismo, ansia, pianto, senso di impotenza, ecc. Infine i sintomi cognitivi si manifestano nella difficoltà di pensare in modo chiaro, nella eccessiva distrazione e nell’incapacità o difficoltà nel prendere decisioni, ecc.. 

Lo stress determina numerosi disturbi psicologici con risvolti ed effetti di tipo post-tramatico, psicosomatico, disturbo acuto da stress, bipolare, ansiogeno, sessuale e di alimentazione.  Può generare ansia,  depressione e disturbi bipolari con relativi problemi di tipo fisiologico come disturbi cardiovascolari ma produrre anche reazioni somatiche che possono portare a modificare il substrato biologico dell’organismo dell’individuo sotto stress. L’incapacità o difficoltà a rispondere in modo adattativo ai sintomi dello stress potrebbe avere effetti importanti e in alcuni casi letali (nel caso in cui lo stress fosse collegato ad esempio a problemi cardiovascolari). 

Gli interventi possibili sono di due tipi, uno mirato agli stimoli che generano la percezione di stress  il secondo mirato alla risposta da dare. Agendo sui primi si può cercare di modificare i fattori e gli agenti che li hanno determinati (ad esempio troppo lavoro? Si cercherà di lavorare meno). Facile farlo per eventi esterni, più complicato per agenti interni all’individuo (conflitti, reazioni emotive, teorie personali, ecc.). Intervenire sulle risposte significa invece prestare attenzione alle reazioni emozionali che si manifestano a livello fisiologico, psicologico e comportamentale. 

In ottica PNEI lo stress è espressione di un organismo umano integrato, non divisibile in termini cartesiani (res extensa e res cogitans, mente e corpo) e come tale deve essere trattato in modo da permettere all’organismo di adattarsi e prendersi cura di sé stesso.  L’approccio PNEI analizza lo stress come fatto psicosociale non riconosciuto, il cui risultato è in gran parte organico. Grazie a una visione medica integrata e globale la PNEI permette di intervenire con maggiore efficacia sui sintomi dello stress, di responsabilizzare l’individuo in modo che presti attenzione anche alle sue abitudini di vita (ad esempio l’alimentazione) ……


L'eccitazione coinvolge vari sistemi psicobiologici, in particolare nervoso ed endocrino, che modificano la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la sudorazione, il tono muscolare e orientano l'attenzione, attivando la memoria che ricerca nelle banche dati personali per prendere le decisioni necessarie. 

Per far ciò il nostro organismo mette in funzione un meccanismo potente denominato l'Asse Ipotalamo-cortico-surrene (HPA[6]): il nostro cervello raccoglie gli stimoli, provenienti dall'ambiente, che suggeriscono una possibile necessità di attivazione (c'è un rumore improvviso! ci si sente minacciati mentre si passeggia al buio in un parco cittadino); l'area limbica del cervello è la porta di ingresso. Qui, dopo un rapido scambio ed una prima ricerca nelle banche dati, Amigdala e Ipotalamo comunicano con la corteccia superiore che contribuisce ad una valutazione dell’evento un po' più a freddo (è il caso di darsi una smossa, potrebbe essere un ladro non si sa mai, e se fosse un terremoto?). Il Sistema poi di concerto, per via elettrica ed endocrina manda segnali che attraversano a scendere varie stazioni di posta, come ipofisi prima e surrene dopo (e siamo a questo punto in zona reni, molto lontano spazialmente ma non funzionalmente dal cervello) sino ad attivare la produzione del cortisolo (il più noto ormone dello stress) che incrementa a sua volta la produzione di zuccheri, mobilizza grassi, utilizza proteine per mettere a disposizione dei muscoli l'energia necessaria all'azione secondo quanto valutato. 

Se c'è un ladro veramente sarà possibile attingere a vari repertori comportamentali, tutti energeticamente onerosi, come fuggire, chiedere aiuto, affrontare il ladro. Se non è un ladro ma il gatto del vicino tanto rumore per nulla! (much ado about nothing). In ambedue i casi dopo l'attivazione si torna (si dovrebbe tornare) alla baseline: più lentamente nel primo caso, più rapidamente nel secondo. Più lentamente ancora se l'allarme è prolungato e molto, molto più lentamente in caso di terremoto. 

A volte basta un pensiero per attivare l'asse HPA. Anche fosse stato il gatto ci si potrebbe poi chiedere come abbia fatto ad entrare in casa ed immaginare la porta sia rimasta aperta, o lo sia stata da qualcuno! Ecco riapparire l'incubo ladri. 

Il peso degli eventi è molto soggettivo, e così l'attivazione conseguente. Spesso l'effetto è per accumulo. Come quando si torna la sera oberati da una giornata di impegni gravosi che si ha difficoltà a smaltire. Non sempre ci è facile tornare allo stato di calma preesistente: il pensiero preoccupato non ci abbandona, non riusciamo a godere della cena e stentiamo ad addormentarci. Capita a tutti qualche volta. 

Se perdura non siamo più in uno stato di stress occasionale (definito eustress[7]) ma cronico (definito distress[8]) ed è un guaio: lo stato infiammatorio dell’organismo aumenta e il sistema immunitario si deprime, instaurando un terreno di base per patologie varie e anche gravi[9]

Il 26 Agosto 2018 a Jacksonville i Florida un giovane 24enne è stato protagonista di una delle tante stragi americane uccidendo 3 persone ad un torneo di videogiochi al quale lui stesso partecipava. I media si sono subito gettati sull'accaduto ventilando un eccesso di rabbia per avere perso. Una ricostruzione sicuramente scorretta nel miglior stile del cattivo giornalismo. Indubbiamente il video-giocare, specie se agonistico, è occasione di stress, ma se vi è un collegamento con la strage è solo epifenomenico; se il gesto non fosse stato già pianificato precedentemente lo stress del video-giocare sarebbe solo stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, rompendo i bracci di una bilancia già compromessa. Il bivio tra eu e di stress (tolti gli eventi traumatici come guerre e terremoti) è legato alla capacità preesistente del Sistema a gestire lo stress, sviluppatasi nel tempo del tirocinio infantile. Per questo la frequentazione di stimoli stressanti (come quegli tecnologici) deve essere attentamente bilanciata. 

Nell'organismo troviamo molte altre bilance. Importante è, tra le altre, quella che intreccia il cortisolo con la melatonina alla base del ritmo sonno-veglia (ne abbiamo accennato nel capitolo 2.1). Mentre il cortisolo (responsabile del nostro “accenderci” con l'attivazione dell'asse HPA) normalmente ha un picco positivo mattutino tra le 7 e le 8 (dobbiamo affrontare la giornata) e uno negativo serale (possiamo finalmente rilassarci) tra le 24 e le 2, la melatonina ha un ritmo circadiano contrario. Se la bilancia è ben tarata  dormiamo bene, se sbilanciata, come avviene per stress eccessivo e stili di vita alterati, il sonno ristoratore è compromesso e venendo meno i suoi effetti benefici si aprono altre porte su situazioni di patologia. 

Anche sul sonno impattano direttamente le tecnologie, intese come dispositivi, display, APP e piattaforme. Già nel paragrafo precedente sono stati riportate evidenze che testimoniano l'interferenza dei dispositivi tecnologici e degli schermi che abitano la casa con il sonno. L'uso eccessivo di un computer o di uno schermo televisivo specie la sera, può incidere sulla possibilità di prendere sonno e causare insonnia. 

I fattori di stress collegati alla tecnologia non sono solo la causa dell’eventuale insonnia ma anche la cartina di tornasole di una stabilità interna perduta (situazione di stress), di una fragilità psichica determinata da fenomeni percepiti sempre più come fuori controllo (difficile resistere a un messaggio Facebook o a un cinguettio) e che impediscono di mantenere un equilibrio efficace e salutare nel tempo. 

Sullo stress torneremo anche più avanti nel paragrafo. 

Pioggia sul bagnato 

Il tutto non sarebbe così grave, o lo sarebbe meno, se l'ambiente culturale attuale offrisse stili di vita ricchi di occasioni compensatorie, capaci non necessariamente di eliminare lo stress negativo ma di far percepire anche quello positivo. Non è così. 

L'attrattiva delle tecnologie è così forte (vedi Finestra seguente sultempo passato davanti a un display) che, dati alla mano, testimonia un'arrendevolezza e acquiescenza crescente ai display tecnologici. Basta pensare a quante volte il giorno controlliamo lo smartphone, a quante ore passiamo online e a quante comunicazioni virtuali ci scambiamo: quante di esse sono veramente necessarie? Quante, come per l'uso dell'auto, sostituiscono movimenti relazionali possibili?

 

 

Screen Time: bambini e adulti incantati/incatenati dallo schermo

Si è soliti parlare molto del troppo tempo passato interagendo con un display da parte di bambini e adolescenti[10]. L’aumento del tempo di esposizione al display di schermi tecnologici è globale e condiviso da molti paesi del mondo. È un aumento che suggerisce l’emergere di nuove forme di dipendenze e che ha spinto l’Accademia Americana dei Pediatri a intervenire suggerendo di limitare a un’ora l’uso di schermi da parte di bambini tra i 2 e i 5 anni e di porre limiti altrettanto consistenti per quelli di età superiore. Il messaggio è che lo schermo, così come la tecnologia, non è negativo in sé ma che un suo uso eccessivo può allontanare, impedire e/o inibire altre attività significative per lo sviluppo armonico, bilanciato del bambino.

Una spiegazione dell’aumento del tempo passato davanti a un display da parte di bambini e adolescenti va ricercata anche nelle abitudini degli adulti. Abitudini che, secondo numerose indagini, evidenziano una crescente distrazione da parte di adulti troppo intenti a interagire con i loro dispositivi, dei quali non possono più fare a meno (lo dice il 46% degli adulti) e con i quali interagiscono quasi 100 volte al giorno (gli adolescenti quasi 200). Ne derivano effetti importanti nell’accudimento e nello sviluppo dei bambini a causa del venir meno della conversazione che favorisce lo sviluppo del linguaggio (bambini sovraesposti alla tecnologia dispongono di la metà delle parole di coloro che non lo sono stati), della lettura utile allo sviluppo cognitivo e dell’apprendimento, della presenza utile allo sviluppo dell’autonomia e dell’indipendenza (il genitore sempre al telefono può essere presente ma in realtà non lo è). Aumentano anche, come effetti collaterali, gli incidenti e i ricoveri ospedalieri di bambini al di sotto dei cinque anni.

Per comprendere l’entità del fenomeno è sufficiente prendere visione dei dati prodotti dalle numerose indagini fatte, in particolare negli Stati Uniti, paese nel quale è maggiormente diffuso l’uso di dispositivi tecnologici. Tutte le indagini hanno evidenziato:

  1. Il tempo passato a interagire con un display negli ultimi quattro anni è triplicato

2.    Bambini di età inferiore agli otto anni passano oggi in media due ore e venti minuti (48 su un display mobile) del loro tempo davanti a un display (indagine di Common Sense Media, una organizzazione no-profit che ha come obiettivo di aiutare bambini, genitori ed educatori a navigare l’universo della tecnologia)

3.    Il 42% di questi bambini dispone di un dispositivo tablet (7% nel 2013 e l’1% nel 2011)

4.    I dispositivi mobili sono presenti in quasi il 100% delle case americane (e non solo) con abitata da famiglie con bambini

5.    L’americano media dedica quasi dieci ore del suo tempo a un display, sempre più di tipo mobile

6.    Il 49% dei bambini di età inferiore agli otto anni guarda la TV o video-gioca prima di coricarsi in case nelle quali, secondo quanto rivelato dal 42% dei genitori, la TV è sempre accesa

7.    L’esposizione allo schermo (tre ore e trenta minuti di media) è maggiore per bambini di famiglie con redditi più bassi (quasi l’80% è dotata di connessione Internet ad alta velocità)

8.    Da adolescenti il tempo media sale a sei ore giornaliere

9.     Il 67% dei genitori sostiene che l’interazione con mezzi tecnologici favorisca l’apprendimento e lo sviluppo dei loro figli


 

 

Non possiamo non pensare che la quantità di tempo passata online attraverso un tablet o uno smartphone non si traduca in un minore tempo dedicato ad amici e familiari, in una minore socialità e maggiore separatezza, che rischia di alimentare l'individualismo e il narcisismo individuale, culturalmente endemico nel nuovo millennio, con le ansie, le frustrazioni e le situazioni di stress collegate.

Ma non è solo l'effetto diretto del tempo utilizzato al posto di. Il molto tempo passato online o a interagire con uno strumento tecnologico crea confusione tra ciò che è reale e ciò che è virtuale, tra la percezione di Sé e l'immagine di Sé, tra bisogni di fondo e succedanei fittizi.

Se la realtà è povera di spazi di movimenti e socialità, la realtà digitale, offrendo una parvenza di alternativa, si sovrappone e si fonde con quella reale: “Devo sapere fare quel gioco e riuscirci, ed essere aggiornato, restare al passo, altrimenti sono fuori”. Per far questo si utilizzano risorse incorporee, mentali, intellettuali ed emotive ma evanescenti anche se biologicamente reali in termini di arousal. L'integrazione psicobiologica delle risorse diventa labile, sequestrata dalla forza attrattiva della tecnologia e dalla sudditanza complice che caratterizza l'interazione con essa. 

Oggi la ricerca di identità non passa più soltanto attraverso la mediazione continua tra richieste interne e/o esterne ma anche tra le richieste provenienti dal mondo reale e quelle che scaturiscono dalle esperienze digitali nella forma di console per il gioco, schermi televisivi, personal computer, tablet, smartphone e mille altri gadget tecnologici come quelli indossabili e per la Realtà Aumentata e Virtuale. Interno e esterno si confondono. Vincere al videogame di calcio non produce un senso reale e incarnato di fiducia in se e nelle proprie capacità, scritto nei muscoli, nei movimenti, nella caparbietà sudata; non costituendo un'esperienza formativa integrata semplicemente non è un'esperienza formativa: va bilanciata.

Il problema è urgente: vi è un indubbio incremento di iperattività e difficoltà di concentrazione, ripiegamento su di sé e isolamento e di disturbi specifici come stanchezza degli occhi, problemi alla vista e mal di testa per eccessiva esposizione a schermi illuminati, cicli del sonno alterati; nonché, da adulti, problemi legati alla fertilità, in particolare quella maschile, per l'eccessiva esposizione a radiazioni elettroniche come quelle delle reti Wi-Fi o cellulari (online è possibile reperire almeno 500 paper scientifici sul tema (Wireless Radiation and EMF Studies) pubblicati, dall’agosto 2016 a settembre 2018, da Joel M. Moskowitz, Ph.D. School of Public Health University of California, Berkeley). 

La sommatoria degli sbilanciamenti in età evolutiva rischia in modo massiccio di erodere le Esperienze di base del Sé (EBS) necessarie per una vita di relazione soddisfacente (e quindi causa ulteriore si stress). L'asse HPA non può rimanere in stato di costante attivazione. A nessuno piace avere un compagno o una compagna perennemente agitato/a, incapace di sostare a condividere il piacere di un panorama, il gusto di una cena, un abbraccio tenero dopo un rapporto sessuale. il Sé ha necessità di entrare in modo reiterato anche nella modalità della calma, per la quale occorrono movimenti lenti. Per instaurare legami profondi occorrono tempi lunghi e assaporati.

Vedremo più avanti altri Funzionamenti come Forza e Consistenza. 

Codici di comportamento

I dati riferiti all’incremento del tempo dedicato all’interazione con un dispositivo sono elementi che abbiamo fornito per una riflessione che possa essere più oggettiva e basata sui fatti. L’ignoranza (non conoscenza) sugli effetti della tecnologia è diffusa e sempre collegata alla percezione che ogni individuo ha della realtà in cui è inserito, filtrata dalla sua esperienza individuale del mondo (Kant avrebbe detto che non è mai possibile avere accesso alla realtà oggettiva, noi non vediamo la realtà).

Siamo soliti reagire alla realtà che ci circonda, sia a livello psichico sia a livello emotivo, per come la percepiamo e interpretiamo, in base alle nostre esperienze passate e non per quello che essa è realmente. Nel monitoraggio continuo della realtà, che siamo soliti fare, alla ricerca di adattamenti continui per ridurre stress e mantenere un equilibrio, ci troviamo spesso in situazioni di caos e sofferenza per l'incapacità di dare risposte alle richieste che ci vengono dall’ambiente, da altre persone, ad esempio da parte di bambini e adolescenti, ma anche dalle aspettative e dai bisogni emergenti personali. Il malessere non nasce né dalle richieste né dalla loro numerosità o onerosità ma dalla percezione di non potere o di essere impossibilitati a dare delle risposte.

Quando si parla di tecnologia e del suo utilizzo da parte di persone in fase evolutiva e bisognose di accudimento e supporto da parte di genitori, educatori e adulti, le risposte però vanno ricercate e fornite, oltre che legate ad azioni concrete e comportamenti (ad esempio la lettura ad alta voce di storie e fiabe prima che il bambino si addormenti). Queste risposte devono servire a offrire al bambino l’opportunità di distrarsi dal suo dispositivo o videogioco (perché non proporre giochi classici?). Servono sia a fornire spiegazioni e informazioni, sia per prevenire l’affiorare di situazioni di stress, nell’adulto genitore ma anche nel bambino o adolescente, determinate da un abuso o un utilizzo sbilanciato dello strumento tecnologico.

Sul ruolo e l’importanza della lettura nel suo libro Proust e il Calamaro, la neuroscienziata cognitivista Maryanne Wolf, ha fornito utili indicazioni e riflessioni. Secondo la Wolf “noi non siamo nati per leggere” ma “l’invenzione della lettura ha portato con sé una parziale riorganizzazione del nostro cervello che a sua volta ha allargato i confini del nostro modo di pensare mutando l’evoluzione della nostra specie.”. La transizione dal cervello che ha imparato a leggere a uno sempre più digitale (in futuro forse ibridato con la tecnologia) suggerisce a tutti di interrogarsi sul ruolo della lettura e su come essa “contribuisce alla nostra capacità di pensare, sentire, conoscere e capire gli altri”. Questa riflessione è tanto più importante per genitori ed educatori che hanno il compito di accudire i piccoli di Homo Sapiens del terzo millennio. Rimandiamo le spiegazioni scientifiche legate al cervello che legge alla lettura del libro della Wolf. Qui ci preme evidenziare come la lettura, che nella fase della culla e dell’accudimento genitoriale è fatta dall’adulto, può trasformarsi per il bambino in una opportunità (“una storia di fate e incantesimi”) o in carenze e perdita di occasioni.

Sostituirsi a YouTube o a Facebook non solo è possibile ma anche salutare. La loro interlocuzione col bambino fatta attraverso contenuti digitali come un video o un testo, può essere sostituita da attività semplici come la lettura. Un’attività la cui pratica è collegabile, per il bambino, all’esperienza di Essere Amato (altro Funzionamento di fondo, vedi 2.8), alla Condivisione, al piacere di stare insieme. Ma la lettura significa anche facilitare al bambino l’apprendimento linguistico e fonologico, a dare un nome alle cose.

I genitori che praticheranno l’arte della lettura ad alta voce ai loro bambini contribuiranno, seguendo i suggerimenti di Maryanne Wolf, a compensare l’eccesso e l’immersione esagerata nell’uso di risorse digitali fornendo loro strumenti utili per “valutare, analizzare, mettere in ordine di priorità e soppesare ciò che si cela in ogni tipo di informazione”. Non si tratta di impedire l’uso degli strumenti tecnologici ma di favorire uno sviluppo che preveda l’uso di molteplici strumenti, e la lettura è uno di questi (la scrittura segue a ruota).

La pratica della lettura può essere affiancata dalla proposizione di attività alternative all’uso di un display. Queste attività possono nascere in modo estemporaneo o essere collocate all’interno di un approccio genitoriale che comporti la definizione di un percorso coerente, fatto di scelte, azioni, regole e buone pratiche, come quello che proponiamo come facilmente praticabile da tutti e che prevede:

  • Per non sbilanciare la Motricità fine i genitori, nella fase dell’accudimento del minore, possono fare in modo che nella vita giornaliera dei loro figli non siano assenti attività fisiche, ludiche, giocose e creative. Attività che possono nascere in cucina (fare la pasta o preparare polpette), in salotto o soggiorno (giocare al negoziante o al trasportatore di oggetti, ritagliare oggetti), in cameretta o in camera di babbo e mamma (disfare e piegare vestiti e biancheria per la casa) e essere pensate per sviluppare il movimento così come la creatività. Ad esempio attraverso il disegno, l’uso di forbici per ritagliare figurine e immagini, la realizzazione di collane e braccialetti di perline. Tutte attività che possono servire a catturare l’attenzione dei bambini facendo loro dimenticare l’esistenza dei mezzi tecnologici sparsi per casa. 
  • Un modo per facilitare lo sviluppo della Motricità Ampia dei bambini è di adottare alcune buone pratiche capaci di facilitare attività, movimenti ed azioni. Ad esempio genitori e adulti, impegnati nell’accudimento di minori, possono abitare gli spazi domestici e sociali per sperimentare danza, ballo e ritmi musicali di vario genere. Possono proporre giochi che permettano ai bambini di conoscere ogni parte del loro corpo, portarli in luoghi pubblici, aperti, sociali nei quali sia possibile correre, saltare (giochi di equilibrio e coordinazione motoria) e, in compagnia di genitori e di altri bambini della stessa età, giocare a palla (lancio e alla presa, movimenti delle braccia e delle dita), entrare in contatto con animali e giocare con essi e molto altro. 
  • La definizione di vere e proprie regole comportamentali familiari. Già l'atto di definirle, prima ancora del loro contenuto, è importante, anche se poi si cambieranno e modificheranno nel tempo. Se non ci sono è il fenomeno tecnologico che si impone imponendo le sue regole e destinazioni d’uso. 
  • La definizione chiara delle caratteristiche delle regole da adottare: devono definire in modo chiaro quali dispositivi usare, come usarli, quando e in quale luogo dell'ambiente domestico; prevedere l'uso di strumenti per monitorare e verificare che le regole vengano rispettate; individuare anche le eventuali conseguenze alle quali si va incontro se il rispetto delle regole dovesse venire meno. La mancata definizione di regole evidenzierebbe  l’abdicazione al ruolo adulto (tema che tratteremo nelle Regole finali) 
  • Il monitoraggio e la verifica costante delle regole in modo da facilitare un loro aggiustamento nel tempo non può valere solo per bambini e adolescenti ma deve essere applicato anche a sé stessi, nel ruolo di adulti, genitori ed educatori, calibrando l'uso dei dispositivi tecnologici personali alle regole introdotte per i figli  e per i bambini. Monitoraggio e regole devono essere coerenti con le ultime novità tecnologiche in termini di applicazioni, media sociali e piattaforme. La coerenza obbliga all'apprendimento, a una maggiore conoscenza tecnologica e all'aggiornamento continuo nel tempo con l'aggiunta di altre informazioni e conoscenze.
  • L’introduzione nell’ambiente domestico di aree (temporaneamente) libere da tecnologia o associate a tempi nei quali l'uso di gadget tecnologici è limitato, in modo da creare le condizioni ottimali per una comunicazione sincrona e autentica, faccia a faccia, fatta di ascolto diretto e di interruzioni finalizzate a una miglior comprensione o spiegazione.  Una comunicazione che si basa su interazioni che comprendano anche il corpo, con il suo linguaggio non verbale, e le emozioni. Nella tempificazione si possono prevedere momenti, giorni, fine settimana, nei quali vengano banditi dispositivi tecnologici in modo da favorire esperienze relazionali qualitative, fatte da attività fisiche come giocare o cucinare insieme, leggere o conversare. Ai bambini, se adolescenti, si potrebbe chiedere di programmare pro-attivamente questo tempo con l'obiettivo di rilassarsi e osservare il mondo che li circonda senza distrazioni o mediazioni tecnologiche.
  • La ricerca di confronto con altri genitori ed educatori. Qualora regole e modelli adottati non funzionassero, si potrebbe parlare con altre famiglie per raccontare le proprie esperienze e raccogliere informazioni su quelle degli altri. Collaborare socialmente può contribuire ad affinare meglio scelte e azioni da intraprendere per aiutare i bambini a bilanciare le risorse da essi dedicate all'interazione tecnologica e a quella ambientale.
  • La capacità di imporre il passo indietro e l’abbandono completo del mezzo tecnologico. Se il dispositivo è diventato una specie di carta moschicida è tempo per uno scatto di lato o di un passo indietro. La sensazione è che possa essere difficile sperimentare il distacco ma sapere ritrovare un sano equilibrio nella distribuzione del tempo quotidiano è il primo passo verso una vista più sana e nel ritrovare le risorse utili ad aiutare i figli e i bambini a trovare sé stessi e a sperimentare il mondo e la realtà senza ausili tecnologici. Ciò che serve è riprendere il controllo della propria vita reale recuperando la capacità di definire obiettivi e priorità, riprendendo possesso di spazi e tempi familiari e relazionali e riscoprendo il piacere di una interazione e comunicazione non mediata dalla tecnologia.
  • L’attenzione costante dalla quale può derivare la capacità di conoscere, riconoscere e comprendere i numerosi effetti, anche fisiologici, che finiscono per incidere sulla qualità della vita dei bambini troppo esposti alla capacità attrattiva dei display. Effetti come stanchezza degli occhi, difficoltà del sonno, problemi alla vista e mal di testa per eccessiva esposizione a schermi illuminati, cicli del sonno alterati.
  • La capacità di facilitare buone pratiche che permettano un uso intelligente della tecnologia in ambito familiare. Ad esempio quando si entra in casa ogni dispositivo andrebbe messo sotto carica e lì dovrebbe rimanere, anche nei momenti dedicati ai pasti familiari, in modo da poter dedicare tempo, risorse ed entusiasmo ad attività sociali, conversazionali, creative, ricreative e interattive con i ragazzi.
  • La capacità di mantenere un canale di comunicazione sempre aperto con i propri figli. Una necessità nel caso in cui l'interazione con i figli preveda l'uso di un dispositivo tecnologico. Meglio favorire la produzione di contenuti e l’uso proattivo del dispositivo piuttosto che il semplice consumo che favorisce passività e potenziale dipenndenza. Disporre di un canale di comunicazione aperto con i ragazzi non è sufficiente, è necessario anche mantenersi aggiornati, conoscere le tendenze in atto, le tecnologie emergenti e gli stili di vita ad esse associati. 

L’abolizione di divieti e limitazioni se i ragazzi sono già entrati in qualche forma di dipendenza. Meglio fare da esempio con le proprie buone pratiche personali nell'uso dei media tecnologici,  creare momenti di condivisione per cercare di capire meglio quali siano le motivazioni che guidano i ragazzi nelle loro esperienze tecnologiche, e limitare al massimo ogni forma di distrazione tecnologica.


[1] Il compito è unico, ma lo possiamo leggere (come abbiamo fatto con il Contatto in 2.1) da punti di vista diversi e interconnessi.

[2]In neurofisiologia la motricità fa riferimento alla complessa integrazione di molteplici meccanismi volontari e involontari ad opera di apparati e strutture centrali e periferiche dell'organismo umano. Generalmente è intesa come l’insieme di tutti i movimenti finalizzati che il soggetto compie per svolgere un’azione, movimenti utili per relazionarsi agli altri, con le cose, l’ambiente e con sé stesso. Le conoscenze PNEI dipingono una realtà più complessa: il sistema motorio, oltre all'attivazione del sistema muscolo-scheletrico svolge anche funzioni cognitive e mnemoniche. 

[3] Fa riferimento ai concetti di Allostasi e Carico Allostatico. Due termini, riferibili a Sterling e Eyer (1988) e poi a Mc Ewen (2007), usati per introdurre una nuova prospettiva nello studio dello stress e delle sue conseguenze e per misurare il prezzo che l’organismo umano paga per adattarsi alle condizioni mutevoli alle quali è costantemente esposto. A differenza dell'omeostasi che mira a riportare ogni variazione dei parametri fisiologici entro determinati limiti ristretti per un funzionmento in modo ottimale (un esempio è il pH e l'ossigeno nel sangue), l'allostasi si riferisce alla caratteristcica dell'organismo di valutare gli stimoli ambientali e modificare i suoi valori fisiologici per adattarsi alle nuove circostanze e meglio reagire, sopravvivere e apprendere. Gran parte dei processi fisiologici hanno un funzionamento allostatico (come glicemia e pressione). Carico allostatico è il concetto operativo per definire sul piano biologo una buona o cattiva allostasi. Da questo punto di vista, tipicamente PNEI, la salute è un processo di continuo adattamento, la malattia uno stato in cui il processo di adattamento è esaurito.

[4] Vedi altre note sul tema

[5] Rilevabile sia negli animali sia nell’uomo, ad esempio nei momenti nei quali sono richieste maggiori prestazioni psicofisiche, l’arousal (eccitazione, risveglio) per la neuropsicologia è una condizione temporanea del sistema nervoso. Si verifica in risposta ad uno stimolo emotivamente significativo e di intensità variabile, di un generale stato di eccitazione, caratterizzato da un maggiore stato attentivo-cognitivo di vigilanza e di pronta reazione. 

[6]L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA – dalla terminologia inglese Hypothalamic-Pituitary-Adrenal axis) fondamentale per la sopravvivenza, sostiene la reazione dell'intero organismo a pericoli ambientali o interni, modulando la caacità di adattamento allo stress. Si attiva, di concerto con le branche simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso neurovegetativo producendo cortisolo, in risposta a stimoli, eventi, situazioni (ambientali o interni) potenzialmente pericolosi e fattori di stress (stressor), di tipo fisiologico, psicologico, sociale, cardio-circolatorio o metabolico. In situazioni di questo tipo l’organismo ha la necessità di utilizzare le risorse energetiche di cui dispone distribuendole alle componenti corporee che ne hanno bisogno, ad esempio ai muscoli degli arti superiori e inferiori di un individuo per affrontare una situazione di pericolo o di fuga. L’HPA interviene anche nell’interruzione temporanea di altri processi legati all’accumulo di energie, per non danneggiare quelli a cui si fa ricorso in situazioni di emergenza. 

[7] Quando si parla di stress il significato condiviso da molti è sempre di stampo negative. La ricerca ha invece insegnato che lo stress può essere sia di tipo negativo che positivo. Eustress è il termine, coniato dall’endocrinologo Hans Selye, per indicare la valenza positiva dello stress (il prefisso EU in greco significa buono – stress buono) e la risposta dell'organismo adeguata a fronteggiarlo e superarlo. Dipende sia dallo stressor che dalla sua valutazione soggettiva e dalla capacità acquisita dell'organismo di fronteggiare la situazione.

[8] Condivide il significato del termine stress, del quale è una forma linguistica aulica. Il termine evidenzia l’aspetto negativo dello stress (contrapposto a quello positivo di Eustress) che si manifesta in eventi di elevato carico allostatico nei quali l’individuo mostra incapacità di adattamento.  

[9] Come evidenziato da numerose indagini scientifiche, lo stress (distress) può essere origine di un ampio ventaglio di disturbi e patologie, sia di lieve che di grave entità. Ad esempio l’indagine condotta dal Canadian Institute of Stress (http://stresscanada.org/) ha individuato almeno cinque fasi diverse di stress declinabili in: stanchezza cronica, problemi interpersonali, turbe emotive, dolori cronici, patologie da stress. La stanchezza, fisica o mentale, si manifesta per tutto l’arco della giornata, nei suoi momenti tipici sia domestici sia lavorativi. I problemi interpersonali portano a problemi nel rapporto con gli altri (sospetto, ostilità, aggressività, perdita delle gratificazioni che sempre derivano da buoni rapporti, ecc.), alla perdita dell’autocontrollo, all’aumento dell’irascibilità e a rinchiudersi in sé stessi. Le turbe emotive l’aggressività è interiorizzata e coinvolge l’intero organismo determinando sentimenti di insicurezza, confusione mentale, incapacità al problem solving e decisionale, equilibrio emotivo instabile, inefficienza e minore qualità lavorativa. I dolori cronici si manifestano con dolori fisici (rigidità muscolare, emicranie, cefalee, ecc.) che segnalano il bisogno di uscire dalla situazione di stress. Infine i danni accumulati per lo stress subito possono sfociare in patologie e malattie, in genere favorite dal progressivo indebolimento del sistema immunitario, quali raffreddori frequenti, influenze, ulcere, coliti, forme di asma, ipertensione, ecc. Tipico effetto dello stress è l'aumento dello stato infiammatorio nell'organismo, che apre la porta, secondo ricerche più recenti alla correlazione con patologie gravi come, quelle cardiocircolatorie, tumorali, depressione.  

[10]  Per un approfondimento suggeriamo la lettura di It's complicated. The Social Lives of Networked Teens. L’autrice,  Danah Boyd, è ricercatrice di Harvard, docente alla New York University e responsabile di un progetto di ricerca di Microsoft. In otto anni la Boyd ha intervistato migliaia di adolescenti in 18 Stati americani; li ha seguiti attraverso le "tracce" che lasciano su Facebook, sui blog e i social network e li ha frequentati sia individualmente che socialmente. La sua visione  dei social media come Facebook e Twitter illustra la loro complessità e le numerose opportunità che ne derivano ma mette anche in evidenza i potenziali rischi che ne derivano. I social network offrono ai teen-ager nuove opportunità di partecipare alla vita pubblica, e questo più di ogni altra cosa genera ansia tra gli adulti. Ma la paura non è la reazione adeguata così come non lo sono il controllo, le restrizioni e i divieti. Servono empatia, occhi aperti e disponibilità al confronto.

 

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