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Wearable per conoscersi quantificando se stessi

Wearable per conoscersi quantificando se stessi

02 Marzo 2016 Redazione SoloTablet
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Il neologismo inglese che si usa quando si parla di prodotti tecnologici indossabili usati per raccogliere in modo quantitativo dati e informazioni personali è quantified self. Si riferisce all’uso di tecnologie capaci di acquisire dat relativi agli eventi, agli impulsi vitali e alle attività di una persona in termini di input (cibo consumato o qualità dell’aria), stati (livello di ossigeno nel sangue, umore), e prestazioni mentali e/o fisiche. E se la conoscenza quantitativa di tutti questi dati fosse in realtà controproducente? Non si passerebbe dal quantified self al fed-up self?

Il 2016 è l’anno delle tecnologie indossabili ma in realtà i prodotti tecnologici indossabili con sensori capaci di acquisire dati personali come impulsi vitali e prestazioni o attività sono in circolazione da tempo. Per misurare il battito cardiaco o il livello di ossigeno del sangue non s’è stato bisogno di aspettare lo Watch di Apple. Prodotti come Fitbit o Jawbone offrono da tempo soluzioni e sensori capaci di monitorare e acquisire informazioni su quasi tutto e di produrre una massa incredibile di dati quantitativi.

La raccolta di dati e la loro misurazione è così diffusa da cominciare a dare fastidio e irritare. Inoltre un flusso continuo di dati quantitativi non fa che aumentare il sovraccarico informativo e il surplus cognitivo, oltre allo stress che sempre si genera quando si dipende da semplici dati per sentirsi in salute, in forma, performante e di successo. Il flusso continuo di dati rischia anche di creare un rumore di fondo che rende complicato individuare i messaggi che questi dati vorrebbero comunicare e di cogliere quelli più essenziali.

Alcuni studi hanno già evidenziato come la misurazione costante di attività umane, qualsiasi esse siano, vitali o sportive, fanno diminuire la motivazione delle persone a farsi monitorare e misurare ma anche a trarre utili benefici dalle informazioni e conoscenze prodotte. Secondo questi studi più si quantifica qualcosa e meno si trova gioia a farlo. Ogni volta che un’azione è misurata cala la motivazione intrinseca della persona a fare ciò che è oggetto della misurazione. Conoscere i dati di una misurazione su attività o pratiche in corso può favorire le prestazioni ma riduce la gioia nel portarle a termine. Sapere che l’orologio intelligente o il braccialetto wearable indossato sta misurando il raggiungimento dei 10000 passi giornalieri da percorrere procura meno gioia di una camminata libera senza l’incombenza costante di dati numerici sui passi percorsi.

Secondo gli psicologi i premi associati alla misurazione esterna può minare la gioia e la voglia di fare qualcosa. In alcuni casi però sapere i risultati ottenuti durante una attività aiuta a farla. Ciò significa che se il pedometro del braccialetto elettronico è  finalizzato ad una dieta per perdere peso, la misurazione non riduce la gioia legata a camminare.

Al contrario se un’attività è legata al puro divertimento, sapere di essere sotto monitoraggio e misurazione può ingenerare noia, stress e voglia di liberarsi dal controllo dei numeri.

I risultati delle ricerche degli psicologi sono tra loro contraddittorie ma non impediranno ai consumatori di dotarsi di sempre nuovi prodotti tecnologici indossabili e di usarli. Quando i dati prodotti saranno utili continueranno a produrli e a usarli, quando lo saranno meno o fonte di noia, semplicemente lasceranno a casa il Fitbit o l’Apple Watch!

 

 

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