Nota per il lettore: questo articolo è continuamente visualizzato da numerosi visitatori.Il tema della trasformazione in senso tecnologico della scuola italiana è molto dibattututo per le implicazioni sulle forme della didattica e i processi dell'apprendimento. Il dibattito vede scherati tecnofili e tecnofobi gli uni contro gli altri armati. Dovrebbe al contrario servire per un approccio tecnocritico finalizzato a dare uno scopo e una direzione alla innovazione a partire dalla consapevolezza degli effetti collaterali indotti dalla tecnologia. Nella rubrica A scuola con il tablet sono disponibili molti contributi utili per approfondimenti e conoscenza. Inviatiamo a leggere le interviste concesse a SoloTablet da molti insegnanti impegnati nel rinnovamento, non solo tecnologico, della scuola.
In una realtà nella quale tutti decantano le lodi della tecnologia e dei suoi strumenti, esprimere pareri contrari alla narrazione corrente o semplicemente suggerire una maggiore riflessione critica può essere tacciato di tecnofobia e conservatorismo. In realtà non si dovrebbe parlare di tecnofobia ma del sano e libero esercizio di osservazione che porta a riflettere e a ragionare su come la realtà stia cambiando come effetto delle nuove tecnologie e della loro capacità e volontà di potenza.
Il dibattito intorno alla tecnologie a scuola è stato dinamicizzato dall’arrivo di uno strumento potente e paradigmatico come il tablet ed è servito a molti a prendere coscienza e ad acquisire conoscenze sul ruolo che la tecnologia può svolgere oggi in termini di pratiche didattiche e forme di apprendimento scolastico.
Il dibattito è servito anche a riportare in primo piano il tema della modernizzazione della scuola, oggetto della recente riforma (termine da molti contestato) della #buonascuola. Un dibattito che ha visto schierati, gli uni contro gli altri armati, gruppi di insegnanti e operatori della scuola che hanno dato vita a una miriade di comunità e gruppi social in Rete con l’obiettivo di promuovere, dibattere e condividere le loro esperienze digitali e didattiche.
Oggi il dibattito si è rallentato, forse perché sostituito da temi e conversazioni più importanti legate al destino della scuola, al ruolo del preside, alle opportunità future di avere un posto di lavoro e al modello di scuola da realizzare. Non è però venuta meno l’importanza del ruolo che le tecnologie avranno nella formazione e nell’apprendimento di discenti e la necessità di una libera, sana e approfondita riflessione critica sulle stesse.
A riaprire le danze è in questi giorni uno studio del pedagogista Vertecchi, di cui ha dato nota un articolo pubblicato recentemente su la Repubblica, che sostiene la necessità di prestare attenzione alla facile introduzione di tablet in classe perché veicolo e strumento di una nuova forma di analfabetismo. Nuovo nella forma in cui si produce ma simile nei risultati e nelle conseguenze. Un analfabetismo che, data la natura selettiva della nostra memoria e quella legata all’apprendimento del nostro cervello, rischia di produrre una regressione, forse più dei cinque anni indicati dal linguista Tullio De Mauro, rispetto alle competenze acquisite durante il periodo scolastico e degli studi.
La riflessione di Vertecchi, un pedagogista non nuovo a condividere allarmi sull’uso delle nuove tecnologie, si concentra sull’uso massiccio di dispositivi e gadget tecnologici, di Internet e di media digitali per evidenziare come esso non assicuri miglioramenti in termini di apprendimento e prestazioni scolastiche.
Secondo lo studio di Vertecchi il ricorso diffuso e persistente alle tecnologie a scuola determinerebbe, al contrario di quanto molti sostengono, un calo nell’apprendimento ma anche nella capacità di scrivere, non solo nella scrittura manuale ma anche in quella tecnologica prodotta da tastiere virtuali e display tattili. L’inabilità alla scrittura verrebbe alimentata dalla incapacità crescente a dare forma logico-organizzata alle parole da usare, alle loro declinazioni, alle narrazioni e ai loro significati e al messaggio da comunicare.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
I nuovi strumenti tecnologici, sembra voler dire Vertecchi, disabituano a usare il cervello per coordinare il pensiero producendo la perdita di capacità di tracciare i segni, di organizzarli e di trasformarli in linguaggio. In pratica si demanda alla tecnologia (il media è il messaggio) la facoltà di farlo, al mezzo di definire ortografia, forme e stili di scrittura (140 caratteri per ogni cinguettio) e al copia-incolla la capacità di elaborare nuovo pensiero.
L’effetto più pericoloso è per Verdecchi la perdita di memoria, sempre meno esercitata e sempre più affidata a strumenti esterni di natura tecnologica. Invece di esercitare, alimentare e usare la memoria interna per cercare informazioni e risposte, i ragazzi delle nuove generazioni si rivolgono sempre più all’esterno con l’illusione che l’aiuto tecnologico possa essere l’unico possibile e soprattutto inevitabile. Il rischio è l’atrofizzazione di una parte fondamentale del cervello come la memoria. Fondamentale come lo sono, ironia della evoluzione, il disco rigido, la chiavetta USB, l’archivio in cloud o la memoria digitale di uno smartphone per i nuovi computer.
Lo studio di Vertecchi è stato pubblicato, forse intenzionalmente, nel periodo in cui scuole e genitori cominciano a pianificare le iscrizioni per il prossimo anno. La #buonascuola di Renzi obbliga le scuole a competere tra loro per aumentare iscritti e reputazione della scuola. Un modo per farlo è di raccontare quanto la scuola si sia ammodernata con nuove tecnologie e attraverso l’implementazione di corsi e forme della didattica legate all’uso di tablet, LIM, Rete e Internet e altre tecnologie utili.
Vertecchi non è isolato nel mettere in guardia docenti, genitori e studenti dall’affidarsi ciecamente alla tecnologia. Insieme a un numero crescente di psicologi, sociologi, pedagogisti, studiosi della tecnologia e intellettuali, Vertecchi non suggerisce il ritorno al passato o alle tabelline memorizzate attraverso la loro declinazione ad alta voce in classe o a casa
Per la prima volta nella storia stiamo preparando ai ragazzi percorsi futuri che non siamo in grado di descrivere
Le voci tecnocritiche che si alzano oggi non sono più espressione di semplici opinioni ma sempre più collegate a ricerche, indagini e studi che mostrano alcune evidenze e fenomeni emergenti di cui chi ha a cuore la preparazione alla vita futura delle nuove generazioni non può fare a meno di prenderne piena consapevolezza. Dati e fenomeni che suggeriscono una maggiore cautela, una riflessione più approfondita e un studio maggiore delle tecnologie disponibili così come dei loro potenziali effetti
I testi che i docenti possono usare per acquisire maggiori conoscenze e consapevolezza sono numerosi, a partire dal testo di un tecnofobo come Manfred Spitzer che nel suo libro Demenza Digitale del 2013 ha evidenziato i danni mentali che derivano da un uso dissennato ed esagerato di strumenti tecnologici, soprattutto nella fase formativa e di apprendimento delle persone più giovani.
Le teorie radicali del tedesco Spitzer non devono essere condivise per forza ma servire per allargare il punto di vista e di osservazione con l’obiettivo di usare meglio i nuovi strumenti tecnologici e dare forma a buone pratiche utili a favorire le nuove forme della didattica ma soprattutto alimentare forme di apprendimento che non penalizzino la crescita di cervello, memoria, mente e capacità cognitiva a favore di computer e sistemi operativi, di storage e cloud computing, di macchine intelligenti e di intelligenza artificiale
“Restiamo umani” e agiamo di conseguenza…..(Buon Anno 2016)
E' interessante la visibilità che è stata data allo studio riflessione del pedagogista italiano da tutti i media italiani. E' un interesse colpevole perchè la stampa e i media in generale hanno contribuito poco a far decollare un dibattito serio e approfondito, utile a una riflessione critica, capace di varcare i confini della scuola e di penetrare le difese delle mura di casa oltre a quelle cognitive dei genitori.
Chi riflette è una minoranza di adulti, genitori Tecnovigili e persone che non vogliono rinunciare a dare una direzione agli sviluppi interessanti che stiamo vivendo grazie allle numerose rivoluzioni tecnologiche dei nostri tempi. E' una riflessione che non è relegata alla scuola ma deve essere allargata alla finanza e alle sorti dei nostri risparmi, al lavoro e al destino della nostra carriera professioanale, all'economia e al futuro delle nostre nazioni, al governo e alle nostre speranze di cittadini.
Per chi volesse acquisire nuove informazioni utili a generare nuove conoscenze e maggiore conoscenza può trovare su SoloTablet una miriade di contributi diversi prodotti dalla nostra redazione ma anche da decine di insegnanti che hanno condiviso con il portale la loro visione. Può anche acquistare i numerosi libri che stanno arricchendo l'offerta di riflessioni critiche sulla tecnologia utili sia per persone adulte sia per ragazzi e nativi digitali.
A chi non bastasse leggere i molti contributi di SoloTablet suggeriamo la lettura dei testi a cui la redazione di SoloTablet fa riferimento e studia per fornire la propria visione sul ruolo della tecnologia nella vita delle persone e a scuola:
- Insieme ma soli
- Marianne Wolf
- Nichola Agar, The Sceptical Optimist: Why technology isnt the answer to everything
- Giorgio Manzi
- Martin Heidegger
- Howard Gardner e Katie Davis, Generazione App. La testa dei giovani e il nuovo mondo digitale - Feltrinelli
- ....Bibliografia Tecnologica di SoloTablet