Certamente, volgendo lo sguardo ad un passato non troppo remoto si nota come la tecnologia sia stata fondamentale per mantenere vivi i contatti con gli amici ed i parenti lontani a cui non si poteva far visita.
Per quanto concerne l’ambito professionale, la tecnologia e la digitalizzazione dell’attività lavorativa ha favorito la nascita di nuove figure specializzate nel mondo digitale. Si pensi, ad esempio, al copywriter, al web writer, al social media manager. Ed ancora, ha permesso di apportare sensibili e notevoli migliorie in gran parte dei settori produttivi e professionali.
Ma, l’avvento della tecnologia nel mondo del lavoro non è un prato verde ove è piacevole passeggiare e, soprattutto, privo di insidie. Anzi, vi è un lato oscuro: il rischio per il professionista che opera nel mondo del lavoro digitale di vivere ed essere colpiti dagli effetti della sindrome conosciuta come Burnout.
Cosa si intende con la locuzione burnout digitale?
Il burnout digitale è una forma di esaurimento, che colpisce il soggetto sia a livello fisico che mentale, causato dal troppo tempo passato dinanzi ad uno schermo.
Si tratta di uno specifico effetto e di una conseguenza dell’eccessivo, prolungato e smisurato utilizzo dei dispositivi digitali. Certamente, la digitalizzazione della attività produttive, la possibilità di essere sempre connessi, di essere sempre reperibili apporta, innegabilmente, numerosi vantaggi all’attività professionale.
Non vi sono orari di lavoro da rispettare, non vi è l’ufficio che chiude ad orari prestabiliti. È sufficiente una connessione Internet ed un buon dispositivo per continuare a svolgere la propria attività digitale.
Tutti questi elementi, ed il superamento dei vincoli e dei limiti legati ad un ambiente id lavoro fisso e statico hanno, palesemente, favorito e registrato una maggiore produttività, maggiore efficienza del professionista, sia esso titolare o dipendente, ed anche del cliente. Il livello di soddisfazione generale, grazie al lavoro in smart working ed al lavoro digitale, è notevolmente aumentato.
Quando l’equilibrio tra professionista e lavoro digitale si rompe?
Come già scritto, sono innumerevoli i benefici legati all’utilizzo della tecnologia ed alla possibilità di lavorare con i più innovativi sistemi digitali.
È bene non dimenticare mai che dietro ogni professionista, sia esso titolare o dipendente dell’attività in questione, vi sono uomini e donne in carne ed ossa, che hanno una vita privata, dei ritmi personali, il bisogno di riposo ed il diritto alla disconnessione.
Certamente, la tecnologia consente di essere reperibili 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, nei giorni festivi, feriali, nei weekend e nelle date segnate in rosso sul calendario. Il lavoro digitale non conosce orari di apertura e di chiusura. È un ambiente fluido che scorre senza incontrare ostacoli sul proprio percorso.
Questa costante reperibilità per il professionista potrebbe rivelarsi essere la causa scatenante di un suo malessere e dell’insieme di quella sintomatologia che riconduce alla diagnosi di burnout.
Cosa fare quindi per evitare la situazione di stress digitale? È sufficiente prestare attenzione ad alcuni piccoli accorgimenti e porre dei limiti alla propria attività lavorativa.
Sarebbe opportuno stabilire dei confini ben definiti tra sfera privata e vita professionale. L’eccessiva reperibilità, infatti, si manifesta con una completa assenza di limiti tra le due sfere della vita del soggetto. Non di rado capita che si risponda alle mail durante mentre si è in vacanza, oppure si è a cena o più semplicemente si guarda un film con la propria famiglia. Nulla di più deleterio per la salute!
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Un altro consiglio riguarda le pause, che dovrebbero essere a cadenza temporale regolare. Qualche minuto per abbandonare la propria postazione di lavoro, sgranchirsi le gambe o più semplicemente guardare qualcosa che non sia uno schermo.