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Dove ci porteranno i droni

Dove ci porteranno i droni

21 Maggio 2022 Redazione SoloTablet
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In uno dei suoi ultimi libri, Il tramonto della politica, Emanuele Severino evidenziava l'inevitabile passaggio dalla gestione politica dei processi politici alla gestione tecno-scientifica di tali processi. E la stessa cosa sta avvenendo per i processi economici. Il tutto mentre al centro dei fenomeni del nostro tempo c'è la fame, come testimoniato di questi tempi dalla carenza di grano sul mercato globale. Mentre i processi umani si stanno bloccando o deteriorando, la tecnica sembra avere preso il comando e, da mezzo per realizzare gli scopi ideologici delle forze che intendono servirsene, è destinata a diventare, essa stessa, il loro scopo. Una manifestazione della tecnica è la potenza atomica, oggi disponibile principalmente allo stato americano e a quello russo. Ma la potenza militare si esprime oggi anche attraverso una miriade di armi, congegni, dispositivi che, usati sul campo, possono fare la differenza. Ne sono un esempio i droni usati da entrambe le parti belligeranti in Ucraina.

Sui droni segnaliamo un interessante articolo di Remo Bassetti pubblicato sul suo Wrog.


 

Marylin Monroe fu il primo volto pubblicitario dei droni. In realtà, non era ancora Marylin Monroe e nemmeno era ancora un’attrice: era ancora Norma Jean Daugherty, aveva diciotto anni e lavorava come operaia nella fabbrica Radioplane, che brevettava velivoli senza pilota.

Era il 1944, il termine significava “ronzoni”, ed era un’onomatopea del rumore che producevano: si trattava di modellini e la loro natura era così fatua che la naturale conclusione del gioco era il loro abbattimento. Nel 2012 lo storico che aveva pronosticato “la fine della storia”, Francis Fukuyama, si trastullava nel suo garage (pure devi organizzarti il tempo in un mondo in cui è finita la storia), costruendo droni, che utilizzava soprattutto per raccogliere dall’alto immagini di scene della sua famiglia.

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Ammetteva peraltro che “un mondo in cui le persone possono essere regolarmente e anonimamente prese di mira da nemici invisibili non è piacevole da contemplare”. Intanto era appena trascorso il decennale delle prime vittime di un’operazione militare killer compiuta da un drone. Era accaduto il 4 febbraio 2012 quando il Predator (nome di battaglia del velivolo), che alla caccia di Bin Laden sorvolava la città afgana di Khost a pochi chilometri dal confine pakistano, uccise tre persone.

Nessuno ha mai fugato il dubbio che non si trattasse di terroristi ma di tre comuni, poveri disgraziati che andavano a curiosare tra i rottami. 

La guerra in Ucraina fa aggirare antichi fantasmi sul territorio europeo, e ci restituisce le immagini di carni dilaniate sul fronte. Ma anche è la prima nella quale, tra gli strumenti bellici, vengono massicciamente impiegati i droni. Non la prima in senso assoluto, neppure in Europa: la vittoria degli azeri sugli armeni nel conflitto del Nagorno-Karaback ha avuto la sua chiave di volta nel massiccio utilizzo dei droni turchi Bayraktar, di ultima generazione. L’idea che i droni sostituiscano gli umani sui campi di battaglia può apparire accattivante: a parte la mancanza di piloti che rischiano la pelle, la migliore potenza di calcolo dello strumento tecnologico dovrebbe risparmiare molte vite degli attaccati, centrando con precisione i bersagli militari e scansando quelli civili. Il drone si presenta come l’interferenza robotica perfetta, quella che sottrae all’uomo solo i compiti sporchi, pericolosi e disagevoli; e la realizzazione dell’utopia telechirica, professata negli anni sessanta dallo scienziato John W. Clark, ovvero la sottrazione dei vulnerabili corpi umani agli ambienti ostili grazie alla realizzazione degli odiosi compiti da parte di macchine controllate a distanza (Clark pensava soprattutto ai danni che l’uomo può ricevere dal calore o dalle radiazioni). L’ultimo tassello della specie che si ripara dai pericoli è quello di una guerra trasformata in un torneo per macchine, nella quale l’arbitro fischia la fine quando una delle parti ha finito i robot e gli umani possono alzarsi dal divano per sedersi al tavolo delle trattative. La guerra in Ucraina mostra un realismo più commisto dove, nel migliore dei casi, i droni servono a ispezionare il terreno e favorire missioni letali, che come da simpatica tradizione si svolgeranno tra soldati, con la coda delle rappresaglie sui civili. I droni tuttavia possono procedere direttamente all’azione mortale. Lo scenario della guerra in corso è utile per immaginare l’evoluzione tecnologica dei conflitti. Che spazio occupano in questo contesto i droni militari? Contribuiscono a ridurre la crudezza materiale delle guerre o ne appesantiscono il fardello morale?

 

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