Viviamo in tempi in cui il “pensare male” - riduzionista, semplificatore, compartimentato - ci caratterizza e ci impedisce di avere una conoscenza complessa, l’unica possibile per affrontare le sfide attuali2.
La comprensione cognitiva di ciò che riguarda l’approccio complesso - sia negli studi scientifici sia in quelli umanistici - è fondamentale per coglierne gli aspetti concettuali ed essere pronti ad applicarli.
La conoscenza della teoria delle reti, dei criteri dell’auto-organizzazione, della legge di potenza, della crescita esponenziale, della circolarità dei feedback, dell’emergenza dal basso, della teoria del caos, dei frattali, dei sistemi gerarchici: questi sono solo alcuni degli approfondimenti legati alla teoria della complessità, fondamentali per comprendere il mondo interconnesso, interdipendente, imprevedibile in cui siamo completamente immersi.
Fragilità sistemica e fragilità umane
Non ci possiamo più permettere di non conoscere questi temi, e la loro introduzione nei programmi educativi - dalle primarie alle università - è d’obbligo se non vogliamo continuare a guardare il mondo attraverso una cultura ancora di stampo ottocentesco, come miopi che non sanno che gli occhiali sono già stati inventati da un pezzo.
Nonostante questa impreparazione riguardo ai concetti base della complessità, non è solo attraverso il loro studio che saremo pronti ad affrontare efficacemente ciò che ci aspetta e che bussa insistentemente alle nostre porte per entrare. E spesso bussa sotto forme che non ci piacciono affatto: oggi è l’epidemia che vuole entrare nelle nostre case, domani sarà la crisi economica, dopodomani sarà il cambiamento climatico, e poi ancora la crisi delle istituzioni democratiche, in un crescendo accelerato di eventi connessi e interdipendenti, da cui non riusciamo più a chiamarci fuori dicendo: “io non c’entro”, “non riguarda me”.
È sempre più evidente, purtroppo, che non basta sapere per credere.