"A differenza di tutte le pietre miliari dell'umanità - a eccezione della scrittura - la digitalizzazione non cessa di produrre un nuovo modo di essere nel mondo per l'uomo. anzi allontana l'uomo dal mondo e dal suo potere di agire, nonostante lo scatenarsi di un potere molto forte nella tecnologia. È questo il paradosso attuale: sperimentiamo nuove e numerose possibilità tecnologiche ma al tempo stesso, rispetto alle sfide vitali per la cultura e l'esistenza, ci sentiamo ogni volta più impotenti, annegati nella complessità."
Autore
Miguel Benasayag è un filosofo e psicanalista argentino. Ha militato nella guerriglia guevarista del suo paese e dopo essere fuggito dalla prigione, dalla tortura e dalla dittatura argentina, vive e lavora a Parigi esercitando la professione di psicoterapeuta e continuando la sua attività di militate politico. È diventato molto famoso dopo la pubblicazione del libro L'epoca delle passioni tristi. È autore di moltissime pubblicazioni, molte delle quali tradotte anche in italiano: Il mito dell'individuo (2002), Contropotere (scritto con Diego Sztulwark, Eleuthera 2002), Resistere è creare (2004), Per una nuova radicalità (scritto con Dardo Scavino, il Saggiatore 2004), Malgrado tutto (Filema 2005), L'epoca delle passioni tristi (Feltrinelli 2004), Contro il niente. L'ABC dell'impegno (Feltrinelli 2005), Il mio Ernesto Che Guevara. Attualità del guevarismo (Centro Studi Erickson 2006), Elogio del conflitto (Feltrinelli 2008), La salute ad ogni costo. Medicina e biopotere (Vita e pensiero 2010), C'è una vita prima della morte? (scritto con Riccardo Mazzeo, Centro Studi Erickson 2015).
L'autore non parte da posizioni preconcette, conservatrici o tecnofobiche ma è motivato dalla necessità di comprendere le ricadute antropologiche della rivoluzione tecnologica, specialmente nelle sue derive riduzionistiche che, in nome della volontà di potenza della tecnologia, arrivano a suggerire una evoluzione futura di tipo tecnocratico e disumanizzante, dominata dalle macchine e dalle loro intelligenze artificiali. A questa visione Benasayag contrappone un'alternativa umanistica con l'obiettivo di contrastare la colonizzazione in atto, nella pratica quotidiana ma anche cognitiva, della vita e della cultura.
Lontani sono i tempi nei quali l'evoluzione del pensiero e le utopie future nascevano dal semplice confronto di teste pensanti umane e tra individui. Oggi la pervasività e la potenza delle macchine tecnologiche hanno cambiato il contesto e lo scenario dell'evoluzione umana, suggerendo un ripensamento globale e fondamentale delle numerose sfide che aspettano il genere umano, sia in termini neuroscientifici sia antropologici.
Mentre un numero crescente di neuroscienziati sembrano convincersi che il cervello, la componente hardware della mente umana, possa essere aumentato a dismisura e in modo da estendere le sue capacità mentali ibridandole con protesi tecnologiche e intelligenze artificiali, Benasayag sostiene la dissennatezza di questa visione e la sua impraticabilità. È una intuizione che nasce dalla percezione della fragilità, che non vuol dire debolezza, dell'uomo moderno proprio mentre nutrite schiere di neuropsichiatri, biologi e tecno-fisici sostengono il passaggio alla singolarità delle macchine come possibile, e l'avvento prossimo venturo di una realtà nella quale le facoltà cognitive degli esseri umani potranno essere potenziate ed aumentate a piacere.
Per l'autore questa visione non ha senso. Troppe sono le asimmetrie irriducibili dell'essere umano. Impossibile inoltre ipotizzare un futuro dell'uomo che veda separato il cervello dal resto dell'organismo o di poterlo trattare e usare come un organo indipendente e ase stante. I tecno-entusiasti possono anche ipotizzare un futuro nel quale il cervello sarà trasferito su una chiavetta USB, scindendolo dal corpo che lo ospitava, ma il risultato non sarà un cervello più potente perché aggiornabile come un software, bensì la rottura di un equilibrio fatto di sequenze continue di caos e ordine, che appartiene alla storia e alla esperienza del genere umano e di ogni persona.
Per dare scientificità alle sue riflessioni Benasayag parte dalle sue ricerche di studioso e usa le macchine digitali come modello per smontare l'organismo umano come si farebbe con un computer ma per arrivare a conclusioni diverse rispetto a quelle di moda. Una cosa è infatti sapere quale sia il neurone che si attiva per una determinata azione o pensiero, ben altra cosa è comprendere cosa avvenga nel mondo e nella cultura e che possa manipolare e modificare la dimensione umana. Il cervello non può essere isolato dal contesto nel quale opera o estrapolandolo da un organismo che è molto di più delle parti elementari che lo compongono.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Un cervello scolpito dalle esperienze della vita viene oggi studiato sempre più come strumento ibridato dalla tecnologia aprendo la strada a una possibile colonizzazione futura della vita, della soggettività e della cultura da parte della tecnologia. Il cervello non è però un semplice smartphone, aggiornabile e potenziabile ad ogni innovazione tecnologica o aggiornamento software. Non si può pensare di modificare, anche in senso di capacità aumentate, un organo che fa da punto di incontro della dimensione biologica e spirituale e su cui è costruita la soggettività dell'individuo, la cultura umanistica e antropologica e l'interiorità umana. L'aspirazione a un cervello tecnologicamente aumentato è tipica di un bio-potere, espressione della fase attuale del capitalismo, che mira a semplificare la complessità umana, psichica e neurofisiologica in modo funzionale alla logica binaria della tecnologia e dell'attuale informazione elettronica. Il rischio è che la digitalizzazione finisca per produrre un cervello che invece di produrre ed elaborare conoscenze finisce per essere una semplice "lastra di gestione di informazioni che non modellano il cervello perché non passano per il corpo".
Per Benasayag la pretesa di questo bio-potere (un termine preso a prestito da Michel Foucault) è sbagliata e rischia di dare forma a un uomo diminuito trasformato in semplice ingranaggio scientifico e tecnologico. Per dimostrare la sua tesi l'autore utilizza quindici capitoli toccando aspetti e tematiche che caratterizzano da sempre la relazione tra scienza, filosofia e antropologia in ambiti diversi quali il ruolo del cervello come macchina del tempo, l'informazione e la comprensione dei significati, la soggettività e i modi di essere, il corpo come organismo che pensa insieme al cervello, la memoria e l0ì'dentità, la morale e gli affetti. Il testo che ne deriva è piacevole alla lettura, aperto a un pubblico allargato, interessato a capire meglio le moderne tecniche di ibridazione e potenziamento del cervello umano e delle loro conseguenze, ma anche a riflettere sull'entità uomo come realtà complessa, immersa e sempre collegata all'ambiente in cui è inserita, modellata dalle relazioni tra le sue varie componenti ma anche da quelle con il mondo esterno e gli altri individui.
Leggere questo libro significa aprirsi a sollecitazioni per una riflessione critica sull'uomo tecnologico del nostro tempo, sulla scienza, sul progresso, sulla tecnologia e sulla realtà di un organo umano, il cervello, che non sarà mai un organo come e fra gli altri e che come tale andrebbe protetto perché è "la pietra fondamentale dell'edificio della modernità". Molto di più e molto più complesso di quanto la narrativa mediatica non racconti ogni giorno, illustrando un cervello macchina che funziona chimicamente o con pillole della felicità come se potesse essere usato per determinare tecnologicamente comportamenti, processi decisionali e scelte future, in base a semplici meccanismi di stimolo e risposta.
La consapevolezza della insensatezza di un cervello aumentato e del rischio di un uomo diminuito suggerisce una riflessione allargata, anche di tipo politico, della società e del sistema economico capitalistico oggi dominante. È un sistema nel quale l'informazione la fa da padrona ma che produce una mutazione antropologica, caratterizzata dalla separazione e frammentazione sociale e psichica che deriva dal trattare il cervello come entità separata dal resto del corpo e dalle sue esperienze. Se la libertà, la responsabilità, la politica, l'amore, gli affetti sono semplici effetti di processi fisiologici cerebrali, l'unità e la soggettività umana si disperdono in un processo centrifugo che genera mille rivoli e possibilità non più unificabili. L'ibridazione tecnologica tra mente e macchina tecnologica è già una realtà e prospetta innumerevoli opportunità future. Peccato che queste opportunità che si sono aperte grazie allo studio del cervello alterato tecnologicamente siano semplici promesse. Le loro destinazioni possibili possono portare ad un precipizio e alla eliminazione di ogni forma di singolarità umana. Il tutto per seguire la potenza di un algoritmo capace di regolare la vita, determinare i comportamenti e l'economia e migliorare le prestazioni ottimizzandole, in base a criteri e misurazioni prevalentemente quantitative.
A tutto ciò Benasayag oppone il suo no convinto derivato dalle sue ricerche di studioso, ma anche dalla necessità impellente di resistere alla tentazione integralista sia della corrente tecnofobica sia di quella tecnofila. Un no motivato e per rimarcare la distanza che rimane tra i progressi della tecnologia e quanto poco conosciamo del cervello e della biologia umana. Chi ha sposato la visione unificatrice della tecnologia soffre oggi di un deficit di riflessione che può offuscare visioni e valutazioni e impedire la comprensione del senso della vita e della cultura umana. Tutti devono oggi comprendere come una visione, puramente tecnologica della realtà dell'uomo, che crede di poter spiegare i processi biologici e psicologici con semplici leggi fisiche, chimiche o matematiche, sia profondamente sbagliata e controproducente. È una visione limitata che non tiene conto del fatto che organismi biologici umani e macchine artificiali sono due universi diversi, con ritmi e dimensioni differenti. Ridurre tutto all'ibridazione e all'integrazione dei due universi, con approcci riduzionistici e semplicistici, rischia di mettere in pericolo la vita stessa, la stessa vita che si vorrebbe tecnologicamente aumentare.
I rischi e i pericoli che l'uomo sta oggi affrontando come effetto della rivoluzione tecnologica suggerisce a Benasayag, nella sua "inconclusione" un ultimo appello ad "aiutare la vita, affinchè un preteso aumento quantitativo non finisca, per ignoranza, per schiacciare le dimensioni qualitative, quelle del senso e della complessità proprie della vita".
Scheda Libro
Titolo intero: Il cervello aumentato, l'uomo diminuito
Titolo originale: El cerebro aumentado, el hombre diminuido
Genere: Filosofia
Listino: 16,50
Editore: Centro Studi Erickson
Collana:
Pagine: 200
Data uscita: 14/01/2016