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La vetrinizzazione sociale di Codeluppi Vanni

La vetrinizzazione sociale di Codeluppi Vanni

03 Dicembre 2020 Redazione SoloTablet
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La vetrinizzazione non è un fenomeno nuovo, ha origini lontane nel settecento inglese quando i commercianti iniziarono a mettere in scena nelle vetrine dei loro negozi o banchi di vendita i loro prodotti, creando vere e proprie spettacolarizzazioni e scenografie degli stessi. Il termine viene usato da Codeluppi per raccontare la vetrinizzazione sociale, prevalentemente di tipo comunicazionale e che si esprime con l'occupazione dei molteplici display di cui ogni persona oggi è dotata. Attraverso di essi le persone si mettono in vetrina, anzi si mettono in scena rappresentando

 "La vetrina, con la sua trasparenza che crea relazioni, è una perfetta metafora del modello di comunicazione che tende oggi a prevalere. Se l'individuo si mette in vetrina, si espone allo sguardo dell'altro e non può sottrarsi a quello sguardo. Vetrinizzarsi non è un semplice mostrarsi [...] è un atto che implica un'ideologia della trasparenza assoluta, implica cioè l'obbligo di essere disponibili a esporre tutto in vetrina."

 

Autore

Vanni Codeluppi è un sociologo impegnato nella ricerca e lo studio dei fenomeni comunicativi presenti nel mondo dei consumi, dei media e della cultura di massa. Ha insegnato presso le sedi di Milano e Feltre dell’Università IULM e nelle università di Modena e Reggio Emilia, Urbino e Palermo. Dal 1990 al 2008 è stato docente presso il “Master in Comunicazione d’Azienda” dell’UPA e dell’Università Cà Foscari di Venezia. Dirige presso l’editore Franco Angeli le collane “Impresa, comunicazione, mercato” e “Comunicazione e società” e presso l’editore Carocci (con Mauro Ferraresi) la serie editoriale “Consumi, comunicazione e cambiamento sociale”. Traduzioni dei suoi saggi sono uscite in Francia, Spagna, Inghilterra, Germania e Giappone.


Elaborando il concetto di trasparenza legata alla vetrinizzazione Codeluppi costruisce un modello interpretativo unitario per analizzare fenomeni sociali all'apparenza tra loro diversi, ma tutti caratterizzati dalla spettacolarizzazione e valorizzazione di ambiti diversi quali gli affetti, la sessualità, la cura del corpo, l'attività sportiva, i media, il tempo libero, i luoghi del consumo, gli spazi urbani e persino le pratiche relative alla morte. È una vetrinizzazione e spettacolarizzazione che viene da lontano e che, negli ultimi due secoli, si è potuta sviluppare a partire dalla nascita della vetrina nel diciassettesimo secolo con la trasformazione di prodotti inerti e passivi in oggetti di scenografie e narrazioni visive pensate per valorizzarli. Di fronte a quegli oggetti e in assenza di un intermediario, il consumatore ha dovuto imparare a interpretare il linguaggio degli oggetti, le loro simbologie e presentazioni / rappresentazioni. Ha dovuto, cioè, abituarsi a leggere la comunicazione visiva, ma anche ad affrontare la vita in solitudine, nella nuova condizione sociale imposta dall'urbanizzazione e dalla modernità.

Dalla vetrina ai display dei dispositivi tecnologici attuali il viaggio è stato lungo ma rapido e coerente. Nel novecento i media hanno progressivamente rafforzato il modello di comunicazione della vetrina, passando da una fruizione collettiva (manifesti urbani, cinema, televisione) a una basata sul consumo individuale e solitario (pay tv, Internet). Oggi la pervasività degli smartphone ha trasformato i loro display in vetrine dentro le quali tutto può trovare uno spazio di spettacolarizzazione, compresi gli stessi fruitori delle immagini che scorrono su quegli schermi. L'arrivo dei social network e la loro diffusione poi ha trasformato la vetrinizzazione in un obbligo sociale inevitabile a cui si dedicano folle innumerevoli di persone impegnate a condividere selfie e aggiornamenti di stato, immagini e fotografie, video e contenuti online.

La vetrinizzazione in atto è come un continuo striptease, una pratica usata per portare in primo piano tutto ciò che in precedenza stava nascosto, che ha trasformato il privato in pubblico. Il fatto che essendo diventati trasparenti si finisca per esseri spiati e controllati non viene percepito come negativo o preoccupante ma come una rassicurazione che si ha qualcosa di interessante per qualcuno. A finire in vetrina è il corpo, che si trasforma in prodotto di consumo anche se smaterializzato da un uso prevalentemente digitale e del quale vale soprattutto il modo con cui è confezionato e presentato. Una rappresentazione della vita stessa da parte di persone alla ricerca costante di identità e narrazioni utili a differenziarsi dagli altri. Il significato della vita finisce così per essere appiattito su narrazioni che passano prevalentemente all'interno di piccoli schermi, così come nei display e in modo virtuale si sperimentano interazioni, scambi e relazioni sociali.

In vetrina finiscono anche le città che diventano palcoscenici per sempre nuovi spettacoli e sceneggiature di eventi alla moda. Piccole e grandi Disneyland che crescono a contorno di città reali abbracciandole e trasformandole con le loro narrazioni e paesaggi virtuali. Infine in vetrina ci va anche la morte, un modo forse per esorcizzarla rendendola artificiale e dissociandola dalla vita. La morte in vetrina si fa mediatica diventando spettacolo, soprattutto all'interno e grazie ai media. Vale per i film e le serie televisive così come per i telegiornali, l'informazione e i mille schermi di varie dimensioni in cui la morte viene rappresentata, fatta recitare e raccontata.

Scheda libro

Titolo intero: La vetrinizzazione sociale - Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società

Titolo originale: La vetrinizzazione sociale

Genere: Mass Media

Listino: 13,00

Editore: Bollati Boringhieri

Collana: Temi

Pagine: 109

Data uscita: 01/02/2007

 

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