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Tu non sei un gadget (Jaron Lanier)

Tu non sei un gadget (Jaron Lanier)

13 Dicembre 2020 Redazione SoloTablet
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Una lettura consigliabile a chi non si è rasssegnato alla narrazione conformista e superficiale del Web e delle tecnologie 2.0. Il testo è provocatorio, controverso e affascinante, e ricco di informazioni legate alla vita professionale dell'autore e usate per suggerire una riflessione su quanto la tecnologia ha fin qui prodotto con la sua evoluzione. Pur non essendo un luddista, Lanier ha una visione appassionatamente critica del web 2.0, di Facebook e Twitter per la loro capacità di distrattenzione con dati e informazioni non filtrate e per l'emergere di realtà che sembrano solo interessate ad analizzare il traffico di rete per vendere nuovi spazi pubblicitari e commerciali. La critica è anche di tipo economico e mirata alla globalizzazione che ha portato alla perdita di posti di lavoro dovuti allo spostamento di fabbriche, call center e help desk in India, Cina e altri paesi (un tempo) sottosviluppati.

 

 “Google e altre aziende stanno provvedendo alla scansione di tutti i libri e alla creazione di un’unica biblioteca universale nel Cloud. Una biblioteca pensata per la digitalizzazione della cultura […].

 Cosa succederà poi è ciò che conta di più. Se i libri nella nuvola saranno resi accessibili attraverso una interfaccia che incoraggerà mashup di frammenti di testo che oscureranno i contesti in cui sono usati e chi li ha prodotti, alla fine esisterà un solo e unico libro. Sta già succedendo oggi con molti contenuti online, e che vengono aggregati automaticamente e dei quali non si conoscono la storia, l’autore e il contesto. “

 Autore

Jaron Lanier nato a New York nel 1960 da una famiglia di emigrati europei, è un informatico, compositore e saggista statunitense, noto per aver reso popolare la locuzione virtual reality (realtà virtuale, di cui è peraltro considerato un pioniere). Lanier è principalmente uno sviluppatore di software, ma scrive anche per riviste, fra le quali Edge e Discover. È stato il teorizzatore  di nuove forme di comunicazione post-simbolica tramite una visualizzazione tridimensionale capace di sostituire il testo con oggetti virtuali capaci di esprimere visivamente e per immagini i concetti. Il lavoro di Lanier si è rivolto prevalentemente alla divulgazione sulla realtà virtuale e sull’impatto che essa ha nella vita di tutti i giorni in termini di nuova creatività, interattività e nuovi percorsi cognitivi. Ha lavorato come consulente con i Linden Lab,  l’azienda creatrice del progetto Second Life,  e di Microsoft per la realizzazione del Kinect, accessorio della Xbox 360.


 

 

Lanier, da veterano della Silicon Valley, è un appassionato di tecnologia difficilmente catalogabile tra la folta schiera di neo-Ludditi che popola il mondo moderno. La sua preoccupazione sulla perdita di controllo che la società americana sta sperimentando sulla tecnologia e sugli effetti negativi in termini di creatività sociale, spionaggio e violazione della privacy, e trasformazione delle persone in semplici target pubblicitari e commerciali, lo rendono però a tutti gli effetti un degno rappresentante dei nuovi tecnofobi o tecnocritici.

Il libro di Lanier evoca emozioni forti perché l’autore esprime in modo chiaro la sua visione pessimistica e negativa sull’impatto negativo di Internet e delle tecnologie digitali sulla vita delle persone, sulla cultura e sull’economia. Il suo pessimismo non è mai esagerato o isterico e deve essere tenuto separato da quello di altri autori interessati come lui a sottolineare il ruolo delle nuove tecnologie digitali nella perdita di individualità, nell’emergere di comportamenti massificati (mob), nella anonimità che riduce le responsabilità e nell’affermarsi di una classe di produttori e capitalisti sempre più ricchi a scapito della stragrande maggioranza (siamo il 99%).

Tutti gli argomenti filosofici ed economici usati da Lanier sembrano essere stati pensati per spaventare. Senza esagerazione e sempre evidenziando gli aspetti positivi delle nuove tecnologie, Lanier insiste sulle trasformazioni sociali indotte dalle nuove tecnologie ma soprattutto dai numerosi ‘mullah’ e ‘maosti digitali’ che,  come il fondatore di Google, Larry Page, pensano a Internet come una realtà capace di diventare cosciente. Da tecnologo Lanier non ha gli strumenti speculativi adeguati a sostenere una visione del futuro tecnologico costruita prevalentemente sulla base d'intuizioni personali piegate al tentativo di sedare le ansie e le paure associate agli sviluppi tecnologici. Anche se carenti e insufficienti, tutte le riflessioni dell’autore servono comunque a suggerire l’urgenza di una riflessione critica e di una ricerca di un mondo, sempre tecnologico, ma migliore.

In modo lucido e persuasivo, Lanier mette in guardia contro la perdita dell’individualità. Il Web 2.0 con il suo collettivismo (totalitarismo cibernetico) e socialismo falsamente democratico non è la manifestazione di un’evoluzione positiva senza ombre perché sta cambiando il mercato e il mondo, sta dando vita a nuove forme di cultura e cambiando cognitivamente le persone. Non è una novità, tutte le fasi di evoluzione tecnologica (la stampa, il telefono, il treno, la televisione, ecc.) hanno determinato cambiamenti e trasformazioni più o meno radicali. Oggi il cambiamento può essere determinato dalle scelte che sono fatte da parte di un piccolo ma potente gruppo di produttori di piattaforme tecnologiche, capace di introdurre regole, modelli, soluzioni e dispositivi tecnologici capaci di definire e condizionare la vita delle generazioni a venire senza possibilità di cambiamenti futuri.

L’anonimità della rete ad esempio ha reso possibile l’affermarsi del lato oscuro della natura umana che si è manifestata con l’aumento degli attacchi cyber-criminali e la diffusione di truffe nei confronti di singoli individui così come di organizzazioni e istituzioni. Al tempo stesso la socializzazione e la cooperazione diffusa di Wikipedia o di Facebook hanno finito per massificare la conoscenza, per far tacere la voce del singolo e per rendere ininfluenti gli esperti con le loro competenze e conoscenze specialistiche.

Lanier se la prende con le dinamiche e i modelli del web che rendono sempre più complicata l’identificazione della ‘verità’ delle fonti, degli autori delle visioni e dei testi in circolazione ma anche con coloro che le hanno imposte, identificati in poche persone o realtà che traggono dalla Rete grandi guadagni e vantaggi  a scapito dei molti, giornalisti, musicisti, artisti e registi, che li hanno resi possibili con la loro produzione intellettuale e autorale. La critica non è mai gratuita, è sempre arricchita da riferimenti storici e culturali ed è sempre finalizzata a richiamare l’attenzione sui cambiamenti culturali indotti dalla tecnologia e sulla necessità di difendersi da una cultura digitale e online sempre più dominata da mashup, aggregatori, algoritmi e automatismi che sembrano destinati a distruggere creatività e capacità inventiva.

La critica di Lanier alla libera cultura del web 2.0 e al movimento Open Source nella sua realtà attuale è accompagnata da una critica allargata alla cultura moderna. È una critica condivisa con numerosi tecnofobi e finalizzata a evidenziare una regressione culturale causata dalla facilità con cui si possono raccogliere e aggregare contenuti tra loro. Una visione nostalgica del passato (come erano belli i vecchi tempi) e forse un po’ miope del Web e delle sue potenzialità, sperimentabili in quasi tutti gli ambiti sociali e individuali. Una visione che tende a proiettare un futuro negativo per le generazioni a venire che non rende loro giustizia ma soprattutto che non convince del tutto.

Nostalgico dei primordi del Web, Lanier finisce per enfatizzare il ruolo negativo di realtà come Google, Facebook, MySpace, Twitter, e altre soluzioni e media Web 2.0. A essi imputa la responsabilità di aver trasformato molti cervelli in gelatina e di puntare all’indottrinamento coatto del popolo della rete (i nuovi cittadini della rete sono semplici pecore senza cervello). Un’esagerazione se si pensa alle centinaia di milioni di persone che tramite i nuovi media sono oggi in grado di esprimere se stessi, di interagire e interrelazionarsi tra di loro.

Il rischio maggiore che intravede Lanier non è di tipo distruttivo ma sta nell’acquiescenza nei confronti della tecnologia e nella sonnolenza (passività) che sembra interessare tutti. Ciò che serve, sembra suggerire l’autore, è un qualche atto di lucida consapevolezza e di volontà,  per ‘svegliarsi’ e affermare in modo creativo la propria individualità umana e personale. Svegliandosi ci si potrebbe porre alcuni interrogativi sulla cultura libera e pop della Rete, sull'inconsistenza della mente collettiva o noosfera, sulla riduzione degli individui a semplici entità digitali o dispositivi, sulla sparizione dello spirito iniziale di Internet fatto di fiducia nella natura umana e oggi tendente a superorganismo e creatura non-umana. Queste domande potrebbero servire a mettere in luce il determinismo e la perversione che derivano da una visione della rete come prodotto collettivo e sociale. Tutto condivisibile tranne che il modello della Rete descritto da Lanier non è ancora dominante come vorrebbe farci credere!

In conclusione, un libro da leggere e un autore da seguire. Un consiglio rivolto a tutti e non solo a coloro che si sono schierati sul fronte tecnofobico o tecnocritico.

Scheda libro

Titolo intero: Tu non sei un gadget

Titolo originale: You are not a gadget - A Manifesto

Genere: Mass Media

Listino: 17,50

Editore: Mondadori

Collana: Strade Blu

Pagine: 240

Data uscita: 28/09/2010

 

Bibliografia 

  • Tu non sei un gadget, Arnoldo Mondadori Editore, 2010
  • Information Is an Alienated Experience, Basic Books, 2006
  • Who Owns the Future?, San Jose : Simon & Schuster, UK , 2013   

 

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