
La pervasività dei dispositivi mobili, l’assidua frequentazione delle parti abitate della rete, nuove piattaforme di sistemi informativi e nuove applicazioni hanno reso semplice e poco costoso l’accesso alle informazioni, al loro archiviazione e successiva catalogazione e analisi. Il dispositivo o il computer sono elementi visibili e facilmente percepibili mentre le informazioni lo sono molto meno. La loro importanza è però crescente così come cambia in modo esponenziale la dimensione quantitativa dei dati disponibili e quello qualitativo conseguente.
Le definizioni di cosa sia un Big Data sono innumerevoli ma la verità è che non ne esiste una rigorosa a sufficienza per essere presa per definitiva. Un significato condiviso permette di descrivere il Big Data come ambienti di dati che permettono di operare su larga scala con l’obiettivo di estrapolare nuove informazioni, valore e con modalità dagli effetti concreti sui mercati, le organizzazioni, le relazioni sociali e di business e molto altro ancora.
Non tutti concordano su una definizione come questa ma tutti sembrano condividere facilmente miti, descrizioni, percezioni su un oggetto che vorrebbero mostrare di conoscere ma che invece rimane ai più un perfetto oggetto non facilmente identificabile. Tra le varie mitologie e percezioni errate sul Big Data possono essere menzionate quelle che seguono:
- Il Big data è una nuova rivoluzione tecnologica: vero solo in parte, anzi falso. Il Big Data non è altro che il risultato finale di una lunga evoluzione. Ciò che è veramente nuovo è la dimensione e il volume dei dati in circolazione unitamente a strumenti di analisi più potenti, efficaci e capaci di generare informazioni in tempo reale.
- Il Big Data è destinato a cambiare qualsiasi cosa: non esageriamo. Sulle nuove tecnologie come il Big Data e il Cloud computing la narrazione è frutto di una accettazione acritica delle novità tecnologiche e della scarsa conoscenza. Molte promesse sono destinate a andare deluse anche se il Big Data cambierà le vite quotidiane di tutti, soprattutto nelle attività sociali come quelle legate al consumo. Le aziende poi continueranno a investire nel Big data per i benefici e i vantaggi da esso derivanti in termini di migliore conoscenza dei clienti e dei mercati su cui operano.
- Il Big Data richiede grandi investimenti in hardware e software: vero ma richiede anche altri tipi di investimenti più onerosi e strategici. Ad esempio in personale e in competenze. Disporre di immensi volumi di dati non serve a nulla in assenza della capacità di categorizzarli, organizzarli, interrogarli e analizzarli. Far crescere il Big Data richiederà costanti investimenti in hardware e software e ancor più in skill e personale tecnico capace di gestirlo e ottimizzarlo per le interrogazioni future ma anche di sviluppare adeguate applicazioni analitiche. Tra il personale necessario fondamentale sarà il ruolo di veri e propri esperti o scienziati del dato, capaci di trasformare il dato in informazione e quest’ultima in conoscenza.
- Tutti i problemi futuri potranno essere gestiti grazie al Big Data: assolutamente no! Il Big Data è solo uno degli ultimi potenti strumenti tecnologici che tutte le aziende vorranno avere ma non è sempre necessario. Inutile affidarsi alla complessità del Big Data per analisi semplici e decisioni rapide che possono essere prese anche quando si è in possesso di pochi dati. Non sempre disporre di tanti dati è utile a prendere buone decisioni. Conta molto di più a loro qualità e la loro pertinenza con il problema da risolvere.
- Abbiamo bisogno di dati in tempo reale: vero e falso insieme. Non sempre dati di dettaglio in tempo reale facilitano il processo decisionale. In molte situazioni conviene prendere tempo, allontanarsi dall’evento che ha prodotto i dati, riflettere e esaminare l’insieme con approcci olistici e non dettati dal dato o dall’evento. La velocità può far nascere gattini ciechi o sfuocare l’immagine rendendo impossibili decisioni efficaci e scelte ottimali.
- Il Big Data è di pertinenza dei dipartimenti IT e di esperti: falso. Il Big data interessa tutti i dipartimenti e le unità organizzative di una azienda, dal marketing, alle vendite e al customer service ma anche le risorse umane e la logistica. Trasformarlo in una competenza esclusivamente tecnologica o affidarlo a esperti di dati non è la soluzione finale. Meglio predisporre soluzioni e applicazioni che permettano agli utenti finali di fare le loro interrogazioni e analisi in modalità autonoma. Meglio predisporre nuovi strumenti pensati per l’ufficio marketing e commerciale e utili a prendere decisioni rapidi e a fare scelte efficaci. Meglio ancora fornire strumenti cognitivi e conoscenze utili a formulare le domande che servono per trarre vantaggio dai dati disponibili e dalle conoscenze che se ne possono ricavare.
- Il Big Data è solo per aziende grandi: falso! Viviamo nella economia globale e connessa di Internet nella quale tutti produciamo, anche senza volerlo, enormi quantità di dati. Queste informazioni vanno ad alimentare Big Data di diverse dimensioni di cui possono trarre vantaggio, con le opportune applicazioni, anche piccole e medie aziende e singoli individui. Il ricorso al Big Data è reso necessario dalla sua adozione diffusa. Per rimanere competitivi non è necessario investire in Big Data ma forse conviene. Disporre di dati analitici migliori e di maggiori rapporti con informazioni puntuali su mercati, clienti e fornitori può facilitare le attività quotidiane e trasformare le strategie in risultati.