
Mentre il dibattito intellettuale è tutto centrato sulle effettiva capacità delle macchine di sostituire gli esseri umani nelle loro attività lavorative, in molte aziende di tutto il mondo l’automazione procede a passi spediti, dimostrando come l’evoluzione delle macchine stia accelerando e abbia trovato una sua velocità di fuga difficilmente interrompibile e con effetti sociali ancor più difficilmente prevedibili e calcolabili.
La sostituzione di lavoratori in carne e ossa con avatar umanoidi dalle fattispecie umane non è più una novità. Giappone, Germania e Stati Uniti sono all’avanguardia da tempo nell’automazione del lavoro attraverso l’introduzione di robot e macchine più o meno intelligenti. Amazon ad esempio ha introdotto l’anno scorsi, nei suoi centri logistici di smistamento degli acquisti, migliaia di robot tartaruga che si fanno carico di elaborare un ordine attivando la procedura di consegna. Una consegna che a breve potrebbe essere effettuata da un drone. Un processo intero gestito da un robot e completato da un altro robot! Un processo economico che, secondo aluni, potrebbe portare alla sostituzione del 47% della forza lavoro statunitense entro un decennio.
Nella corsa all’automazione attraverso robot si è aggiunta ora la Cina che con i numeri delle sue fabbriche di elettronica e di dispositivi tecnologici può riuscire a impressionare anche i più aperti all’innovazione e alla rivoluzione tecnologica. E recente la notizia (vedi anche articolo su Ilfattoquotidiano) che la Shenzhen Evenwin Precision Technology Co, un’azienda privata che fabbrica componenti per telefoni cellulari, ha deciso di sostituire mille operai, dei quasi duemila attualmente impiegati, con macchine intelligenti. Una iniztiva volta anche a sfruttare un ricco piano di investimenti governativi finalizzati a robotizzare le linee di produzione e di assemblaggio delle aziende con catene produttive che prevedono operazioni manuali ripetitive, oggi gestite da migliaia di lavoratori con carne e pelle umana.
Il piano della Shenzhen Evenwin Precision Technology Co mira alla riduzione del 90% dell’attuale forza lavoro sostituendola con un migliaio di automi e puntando non solo a mantenere la stessa capacità produttiva ma anche ad incrementarla. L’iniziativa della Shenzhen Evenwin Precision Technology Co non è l’unica nella regione ma una delle prime tra le centinaia che arriveranno e che potrebbero portare alla eliminazione di trentamila posti di lavoro, centomila entro il 2016. L’intera operazione è spinta da grandi investimenti statali destinati alla automazione in una regione abitata da quasi quindici milioni di abitanti e che punta alla sostituzione con robot e macchime intelligenti l’80% della forza lavoro entro il 2020.
A spingere all’investimento potrebbero essere state le crescenti proteste degli operai che attualmente garaniscono la produzione dei prodotti delle principali marche del mercato tecnologico e le loro richieste salariali. Richieste che hanno già ottenuto vittorie concrete in termini di aumenti ma che potrebbero rendere il costo del lavoro in Cina meno conveniente per le grandi multinazionali, inducendole a lasciare il paese verso altri lidi dove la manodopera è più conveniente.
Il robot è sempre meno costoso, non avanza richieste di aumento e non chiede nemmeno un salario garantito, non si preoccupa della precarietà del suo lavoro così come dell’aumento del carico di lavoro in occasione del prossimo iPhone XX o Galaxy YY. In Cina si sta concludendo la rivoluzione che ha portato milioni di persone a migrare dalle campagne alle città accettando condizioni di lavoro spesso inaccettabili ma subite con la prospettiva di un miglioramento economico e sociale. Quella popolazione migrante era composta prevalentemente da persone giovani e poco istruite alla ricerca di una via di fuga e di nuove opportunità. Oggi l’età media è cresciuta così come diverso è il livello di istruzione. Una maggiore consapevolezza delle persone ha generato nuove rivendicazioni e cambiamenti nelle scelte delle persone. Inoltre i molti casi di suicidi che hanno caratterizzato la fase di affermazione dei modelli produttivi alla Foxconn (l’azienda con più di un milione di lavoratori impegnati nella produzione dei più importanti marchi tecnologici odierni) hanno contribuito a far conoscere gli aspetti brutali di un capitalismo d’assalto e a generare una coscienza della condizione lavorativa che ha portato a nuove rivendicazioni.
Al cambiamento del contesto le aziende cinesi sembrano avere scelto di reagire con maggiore automazione e robotizzazione. I robot impiegati sono già più di 200.000 e il piano prevede che raddoppino entro il 2017. Il tutto dovrà fare i conti con i cambiamenti della società e con la necessità di coniugare crescita economica e benessere sociale. Operai senza lavoro e senza stipendio significa consumatori con minori possibilità di spesa e incapaci a garantire una crescita continua come quella cinese che ha visto il PIL crescere di anno in anno su valori impensabili per molte altre economie nazionali. Il problema però non è solo cinese ma è del capitalismo attuale che sembra essere sospinto dalla finanza e dalla tecnologia e poco interessato alle diseguaglianze crescenti e alla diffusa difficoltà a spendere e a consumare. Come questo modello possa continuare a resistere è difficile da prevedere. Ne parlano da tempo molti economisti che propongono approcci diversi e alternativi senza essere ascoltati da politici troppo legati a finanzieri o banchieri che stanno facendo politica al posto loro.
In assenza di modelli economici diversi e di nuove forme di coscienza collettiva, la tecnologia continuerà la sua evoluzione regalandoci grandi e nuove opportunità ma generando anche alcune questioni molto spinose come ad esempio la sparizione dei posti di lavoro. Mentre la rivoluzione industriale inglese ha finito per rendere irrespirabile l'aria londinese e a devastare l'ambiente, quella digitale e robotica odierna sembra destinata a devastazioni economiche che lasceranno a piedi un numero crescente di persone impoverendole e trasformandole in cittadini di serie b.
Il destino non è ancora scritto e la risposta potrebbe essere nella specializzazione finalizzata a un uso creativo e intelligente della tecnologia. Ma in assenza di un uso intelligente a prevalere sarà quello pragmatico e molto economico di aziende che punteranno alla robotizzazione per evitare i problemi che i lavoratori umani sempre portano con sè, in primo luogo le richieste salariali che fanno aumentare il costo del lavoro e ridurre la produzione di maggiore profitto.
Il futuro tecnologico non deve spaventare ma suggerire riflessioni critiche! Non sarà un futuro alla Matrix, Brazil o Terminator ma sicuramente sarà pieno di Androidi, più o meno umani, che non ci dichiareranno guerra ma tenderanno a sostituirci in molti ambiti lavorativi, compresi quelli associati ad attività di tipo cognitivo. Non potendo conoscere in anticipo quali saranno le effettive conseguenze di questa rivoluzione tecnologica, è inutile cercare di fermarla o sabotarla. Meglio seguire passo passo e con molta attenzione l'evoluzione delle macchine e individuare i problemi che si portano appresso per essere pronti a reagire.
Se si osservano le tendenze alla robotizzazione la prima evidenza è già sotto gli occhi di tutti. Il modello in cui avviene l'automazione della nuova generazione di macchine è quello capitalistico attuale, un modello che sembra essere l'unico possibile, considerando che tutti gli altri sembrano avere fallito. Stante l'attuale situazione le aziende, la finanza e le politiche sembrano essere gisutificate nella scelta di una automazione che porterà inevitabilmente all distruzione di milioni di posti di lavoro. Anche nel caso in cui l'automazione non fosse l'obiettivo, le aziende saranno sempre meno disposte a elargire salari accettabili e stipendi adeguati ai tenori e stili di vita acquisiti.
La conseguenza è una disoccupazione diffusa che potrebbe continuare a crescere, una notizia pessima per una società fondata sui consumi e sulla domanda, anche superflua, di nuovi prodotti e di merci. Una domanda debole potrebbe portare a consumi limitati e a ulteriori diminuzioni degli stiipendi, in una spirale che già oggi sembra essere diventata realtà per molte economie nazionali.
Chi sostiene l'attuale sistema capitalistico dovrà probabilmente accettare le richieste, oggi provenienti da gruppi minoritari e alternativi come il Moviemento 5 Stelle, Podemos o Syriza. L'alternativa potrebbe essere una nuova rivoluzione, di cui non conosciamo per il momento nulla ma che potrebbe essere già in gestazione nelle viscere profonde della evoluzione umana, sociale e economica del genere umano.
Entrambe le soluzioni possibili vedranno sempre la tecnologia giocare un ruolo fondamentale. Come strumento di imposizione di nuovi modelli e coercizioni, di controllo e polizia, ma anche come strumento di nuove opportunità e per rendere possibile l'impossibile! Il possibile potrebbe però realizzarsi nella versione utopica (distopica secondo altri) della singolarità. Una realtà fatta da macchine molto intelligenti perchè totalmente coscienti e capaci di sostituirci (pensate all'auto senza autista di Google, ai droni, ecc.) o di rivoltarsi contro, soprattutto se in grado di diventare coscienti del livello di sfruttamento al quale sono state sottoposte.
La visione distopica vedrebbe allora macchine intelligenti capaci di avanzare rivendicazioni e richieste là dove nel frattempo si è creato il deserto rivendicativo da parte degli umani. Quella utopica potrebbe al contrario vedere disoccupati e precari attuali unirsi a robot e macchine intelligenti per rivendicazioni comuni e condivise perchè avanzate da un'unica singolarità tecnologica. Se ciò avvenisse si confermerebbe l'esclusività umana del potere fare delle scelte. Dalle scelte dipenderà il futuro di molti così come da scelte responsabili dipenderà quanto questo futuro sarà ricco di opportunità e nuove libertà o denso di disastri e conseguenze negative.
Tra un futuro come doveva essere e uno come poteva essere meglio il secondo!