
Le APP potrebbero in futuro prendere il posto dei browser. Al momento l’accesso, la navigazione e l’utilizzo della Rete avviene prevalentemente attraverso l’uso di poche applicazioni browser di proprietà dei grandi protagonisti del mercato tecnologico attuale.
La competizione che ha caratterizzato il Web 1.0 e aveva visto startup come Netscape sfidare il gigante Microsoft e il suo Internet Explorer sembra ormai molto lontana. Unica eccezione del panorama dei Browser è stata ed è rimasta Mozilla, una società senza scopo di lucro che ha sviluppato una applicazione Web che non ha dato molta importanza al lato commerciale e promozionale tanto caro agli inserzionisti. Più che pensare ad allestire spazi e funzionalità per gestire al meglio inserzioni pubblicitarie e banner, Mozilla si è preoccupata degli utenti introducendo sistemi per bloccare di default o in automatico le pubblicità sfidando apertamente gli inserzionisti e coloro che hanno sempre voluto sfruttare il Web dal punto di vista puramente commerciale.
Oggi il mercato è completamente cambiato e, nonostante la crescente resistenza degli utenti della Rete alla pervasività e insostenibilità della pubblicità online, il panorama è ormai dominato dagli standard definiti dal World Wide Web Consortium che hanno contribuito a pensionare i browser del passato o ne hanno condizionato l’evoluzione. Il panorama attuale vede la scomparsa di Netscape, Mozilla ha generato Firefox, Microsoft ha mutato Internet Explorer in Edge, Apple e Google hanno finito per affermarsi con i loro browser Safari e Chrome. In pochi anni lo scenario è completamente cambiato e all’orizzonte non sembrano esserci più grandi novità o nuove rivoluzioni in arrivo. Anche il mondo dei browser sembra avere trovato una sua maturità fatta di poche realtà in gara tra loro non tanto per vincere l’intera fetta di mercato quanto per consolidare e difendere quanto è stato acquisito.
Dal 2013 è in corso un progetto denominato EME finalizzato a definire nuovi standard per la visualizzazione di dati online. Un progetto che potrebbe portare a limitare il numero di browser sul mercato se non conformi con i dettami del consorzio W3C. Tra gli standard previsti ci sono software per la crittografia dei dati ma anche regole legate al copyright e all’uso di contenuti video online. Queste regole sono dettate dai giganti del Web e dei media tecnologici e sono in grado di impedire la crescita e la nascita di nuovi progetti che, come quelli di dieci anni fa, puntassero a creare Browser aperti e predisposti per visualizzare qualsiasi tipo di dati. Con standard definiti per compiacere le grandi corporazioni tecnologiche e gli inserzionisti commerciali e meno gli utenti difficilmente ci sarà spazio per altre Mozilla o, se questi spazi ancora esisteranno, saranno molto di nicchia e incapaci di competere con i grandi protagonisti del mercato tecnologico come Apple e Google.
Il cambiamento avvenuto non dovrebbe meravigliare. Internet e il Web hanno subito una grande trasformazione e anche il W3C sembra averne preso atto. Prenderne atto significa riconoscere la vittoria dei giganti tecnologici sui diritti della massa di utenti di Internet, una vittoria che sarebbe avvenuta anche senza alcun tipo di supporto o cedimento del consorzio W3C. La resa del Consorzio testimonia quanto sia diventato difficile se non impossibile per nuovi progetti o startup entrare in questo mercato sfidando aziende che non fanno più da incubatrici di nuove idee e progetti ma puntano a far coincidere la realtà presente e futura con le loro visioni e strategie di marketing.
E’ una realtà di mercato che racconta lo stato dell’arte dell’evoluzione della nostra società capitalistica attuale, caratterizzata dal gigantismo in ogni ambito di mercato, dalla globalizzazione e dal controllo di poche entità su tutte le altre.
Dopo aver dato l’addio a Netscape, potremmo salutare anche Firefox e non avere mai l’opportunità di dare il benvenuto a nuovi progetti, startup o iniziative.
Ma il futuro non è mai prevedibile e le forze in campo potrebbero trovare nuove forme di aggregazione per far emergere novità non previste, neppure da parte delle grandi corporazioni dotate di budget milionari dedicati al marketing e al trend setting.