
Essere editori al tempo del tablet e della crisi non è semplice. I dati provenienti dai mercati anglosassoni ( 19% della popolazione adulta legge su ebook reader, 21% di lettori digitali) non sorprendono ma non devono ingannare. In Italia per il momento la percentuale di lettori digitali è ferma al 3% e non sembra essere destinata a crescere rapidamente in un prossimo futuro. Questo dato è indicativo dei molti luoghi comuni associati al boom del tablet e segnala la difficoltà che gli ediotri devono affrontare in termini di modelli di business auto-sufficienti e capaci di produrre fatturato e profitti.
Per soddisfare una nuova utenza fatta da persone che leggono in mobilità anche grazie all'ausilio del tablet, l'offerta editoriale si è dovuta adeguare con l'aggiunta dei nuovi media come nuovi canali di distribuzione ma soprattutto con la realizzazione di nuove soluzioni e prodotto più adatti alle nuove tecnologie e alle nuove forme emergenti di utilizzo e consumo. I risultati fin qui ottenuti non sono stati finora entusiasmantti e molti editori sono oggi obbligati a rivedere startegie e progetti superando l'entusiasmo iniziale che ha impedito di valutare e misurare il fenomeno tablet con maggiore attenzione e accortezza.
Facebook, instant article e quotidiani
Questa revisione delle strategie si presenta particolarmente dolorosa ed urgente anche a fronte dei risultati ottenuti sul mercato editoriale tardizionale che in Italia nel 2012 ha perso mediamento il -8/-12%. La rilevazione della Nilsen ( dati sul sito dell' AIE ) ha rilevato a fine ottobre 2012 una piccolissima ripresa con un -7,5% (pari a 82milioni di euro di spesa in meno). Un segno meno importante che indica però un progressivo recupero se si considera che il mercato registrava un -11,7% a fine marzo e un -8,6% a inizio settembre.
Le centinaia di milioni di tablet venduti dal rilascio dell'iPad nel lontano 2010 ad oggi non è coinciso con una crescita dei profitti da parte degli editori che, affidabdsi alle nuove tecnologie, hanno deciso di investire nell'editoria digitale e mobile. Le sperimentazioni sono state numerose ma la fiducia sulla potenzialità dei nuovi dispositivi nel generare nuovi flussi di guadagno ed aiutare l'editoria ad uscire dalla crisi in cui si trova da tempo, forse è svanita o è stata posticipata.
La scelta entusiasta del tablet come media per l'implementazione di nuovi progetti editoriali e di nuovi modelli di business era motivata princialmente dalla fiducia nel riuscire a rilanciare l'interesse degli investitori pubblicitari puntando su nuove forme pubblicitarie veicolate attraverso le APP Mobile che tanto appeal avevano suscitato in un pubblico crescente di potenziali lettori. La speranza riposta nella raccolta di pubblicità a pagamento legata alle APP si è dimostrata eccessiva e i guadagni sono risultati in molti casi limitati se non inesistenti.
Ad influire negativamente sui guadagni degli editori ci si è messa anche Apple con un modello di business che prevede il prelievo del 30% degli introiti sulle APP scaricate degli utenti attraverso iTunes, un valore che in molti casi si è rivelato superiore al guadagno netto incamerato dall'editore stesso. A nulla sono serviti gli aggiustamenti successivi o la possibilità di costruire degli store privati in modo da evitare i costi e i prelievi imposti da Apple. A drenare l'accesso degli utenti sugli store privati è la mancanza o limitata visibilità pubblica e la difficoltà nel competere con la qualità dello store online di vendor come Apple e Google, una qualità che offre user experience a cui gli utenti si sono ormai abituati e che difficilmente abbandonerebbero.
A pesar più del previsto sulla digitalizzazioni di riviste e giornali è stata anche la componente dello sviluppo applicativo. Le diverse tipologie di dispositivi in uso obbligano infatti a dover prevedere versioni differenti in grado di adattarsi e trarre vantaggio, anche graficamente, dai vari tipi di media utilizzati. Per gli editori che non hanno fatto la scelta radicale di abbandonare i media tradizionali, il tablet si è aggiunto come strumento a quelli già esistenti come la carta e il web. Ciò si è tradotto nella necessità di mantenere versioni diverse per lo smartphone, il tablet, il web, la stampa, le piattaforme proprietarie e lo standard HTML e di doversi attrezzare in termini di nuove risorse con nuovi skill e competenze.
Sul fronte dei ettori/utenti l'arrivo di riviste, giornali e libri sui dispositivi mobili non ha coinciso con un aumento di abbonamenti a pagamento o acquisti online. Il numero di APP scaricato è sempre stato elevato ma, come dimostrato da numerose indagini, la percentuale di abbonamenti effettivamente sottoscritti è rimasto limitato e tale da tenere lontani gli inevstitori pubblicitari.
Il web è pieno di notizie sulla delusione degli editori rispetto all'editoria digitale formato tablet e ricco di utili indicazioni su quali potrebbero essere i trend del futuro. Il Financial Times ad esempio, dopo aver speso quasi 150mila dollari per andare sull'iPad ha deciso di abbandonare lo store della Apple e puntare tutto sull'HTML5. E' probabile che le APP siano il futuro ma per il momento sembra proprio che gli editori se potessero ne farebbero volentieri a meno.