
I conti dell’editoria italiana segnano un rosso che più profondo non si può. Lo scenario emerso dalla indagine annuale delle Federazione italiana editori giornali è cupo, segnato da un ulteriore calo di lettori avvenuto nel 2012 ma soprattutto dal suo ripetersi ormai da più anni. La reazione è di chiedere ulteriori sgravi fiscali e agevolazioni oltre che di finanziamenti ma non sembra che questa possa essere la strada giusta né tanto meno percorribile. La fuga dei lettori va oltre la crisi e l’assottigliamento dei bilanci di spesa individuali e familiari. E’ una crisi sistemica che obbliga a ripensare modelli di business e strategie e in particolar modo ad investire in modernizzazioni e innovazione, soprattutto digitale.
Il 2012, secondo l’indagine FIEG, è stato il peggiore da venti anni a questa parte per la raccolta pubblicitaria, fatta eccezione per le testate web, e per un ulteriore drastico calo delle copie vendute ( -20% pari ad un milione e duecentomila copie).
Secondo la FIEG il problema non è solo congiunturale e legato alla crisi in corso, ma dipende da anni di arretratezza nell’innovazione tecnologica e in limiti strutturali e organizzativi accumulatisi negli anni. Unica nota positiva è Internet ma non basta a colmare il gap nei risultati attesi e con gli obiettivi di business messi a piano.
Per Anselmi, presidente della FIEG, è necessario intervenire con rapidità ridefinendo anche le forme di sostegno alla editoria attuali in modo d privilegiare ogni forma di rinnovamento e innovazione.
Alcuni dati evidenziati dallo studio danno la misura della drammaticità in cui versa l’intero settore: calo del 9% del fatturato per i quotidiani e del 9,5% per i periodici, calo del 14,3% (17,6% per la stampa) della raccolta pubblicitaria, calo del 6,6% delle vendite, perdita del 4,6% di posti di lavoro nei quotidiani. In controtendenza Internate e il web con una crescita nella raccolta pubblicitaria del +5,3%.
Facebook, instant article e quotidiani
Le criticità evidenziate dallo studio raccontano delle criticità del mercato e dei suoi operatori ( in crisi anche editori più piccoli legati alle testate e ai periodici IT ) ma anche di un pubblico poco propenso all’acquisto di quotidiani e da una situazione poco concorrenziale che non stimola a nuovi comporatmenti e non invoglia alla lettura.