
( Articolo intervista pubblicato su Donna Impresa Il successo al femminile. Su gentile concessione di Elena Favilli)
Elena Favilli ci racconta come è nato Timbuktu e cosa gli riserva il futuro
Che cos’è Timbuktu?
Timbuktu è un nuovo modo di pensare ai prodotti digitali per bambini. Volevamo fare una rivista dove i bambini potessero trovare il meglio della ricerca sull’immagine e sui contenuti e il meglio delle potenzialità di interazione offerte dai tablet. E volevamo farne un posto in cui potessero coltivare la loro curiosità e la loro incredibile forza. Crediamo che la sfida per l’educazione del futuro passi proprio dalla capacità di incrociare codici e dispositivi diversi e dal coraggio di creare oggetti in grado di salvaguardare il rigore dei metodi d’insegnamento classici e i nuovi orizzonti di co-costruzione delle competenze offerti dal digitale. Abbiamo scelto di partire dall’iPad quando un giorno – in Italia era appena uscito – ci siamo ritrovati incantati a guardare un bambino che ci giocava. La facilità con cui quell’oggetto si attivava al suo tocco ci ha chiarito definitivamente che l’accesso alla tecnologia per le nuove generazioni sarebbe passato da strumenti di quel tipo. A quel punto bastava solo cominciare!
Qual è la storia di Timbuktu?
Il primo numero di Timbuktu – The Ice Issue – è stato realizzato grazie al finanziamento ottenuto con il premio Working Capital di Telecom nel 2010. È uscito ad aprile 2011 ed è già stato scaricato da quasi ventimila persone. Ora stiamo lavorando al secondo numero, che uscirà a metà febbraio 2012, e al nuovo sito. Il team di base è composto da me (Founder e CEO) e Francesca Cavallo (Co-Founder e Creative Director). Poi c’è Samuele Motta che è il nostro art director e Alberto Sarullo, che è il nostro programmatore. La base del team è a Milano ma i nostri collaboratori sono letteralemnte in tutto il mondo. Abbiamo una rete di illustratori, scrittori, fotografi e designer sparsi tra New Delhi a San Francisco. E abbiamo un advisory board fantastico, che ci sta aiutando a definire la strategia di business nel lungo periodo. Negli ultimi mesi abbiamo partecipato a molte startup competition a Milano e a Parigi e soprattutto abbiamo appena vinto Mind the Bridge, che ci porterà a San Francisco a partire da febbraio per un periodo di incubazione nella Silicon Valley.
Che cosa c’è dentro Timbuktu?
Timbuktu è una rivista digitale che mette le notizie di ogni giorno al centro dei suoi contenuti. Le notizie di solito sono considerate qualcosa che appartiene solo agli adulti, qualcosa di troppo serio perché possa interessare ai bambini. Noi pensiamo invece che quello che succede ogni giorno nel mondo sia estremamente importante per loro e abbia un enorme potenziale come strumento di crescita e comprensione delle cose. I bambini non amano soltanto le principesse e i draghi. Amano soprattutto esercitare la loro immaginazione per capire e conoscere meglio il mondo che li circonda. Nel primo numero per esempio una delle storie raccontava attraverso un’illustrazione il censimento in India, che si era concluso proprio in quei giorni. Un’altra raccontava i problemi che un gruppo di trichechi devono affrontare a causa del riscaldamento globale. Timbuktu è uno spazio coraggioso, che non ha paura di raccontare le cose ai bambini e che soprattutto li vuole rendere partecipi del racconto del mondo.
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I nostri punti di forza
Con Timbuktu stiamo prima di tutto cercando di mettere a punto un metodo di progettazione di contenuti digitali per bambini che possa essere applicato trasversalmente a qualsiasi categoria di prodotto, da quelli editoriali a quelli educativi. Siamo già stati contattati da molte istituzioni già attive nel campo dell’educazione, che hanno riconosciuto nel nostro metodo di progettazione un approccio nuovo e ci hanno chiesto di sviluppare insieme alcuni prodotti. Per il prossimo numero, per esempio, stiamo lavorando in partnership con Reggio Children su un video realizzato proprio con i bambini delle loro scuole di Reggio Emilia. Chi lavora con noi sa di avere a che fare con un team che ha un mix di competenze difficile da trovare altrove. Io ho studiato semiotica a Bologna e new media a Berkeley, e ho sempre lavorato nel mondo dell’editoria e del content design. Francesca è laurata in comunicazione e diplomata all’Accademia d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, e si è specializzata in creative learning strategies e social design. Abbiamo entrambe meno di 30 anni ma abbiamo già fatto esperienze di lavoro di altissimo livello sia in Italia che all’estero. Io ho lavorato con McSweeney’s a San Francisco, la RAI a New York, Fabrica, La Repubblica, Topipittori e Il Post in Italia. Francesca ha lavorato con Familie Floz, Raffaella Giordano, la Folkwang Hocshule e ha fondato un festival in Puglia, “Sferracavalli – Festival d’Immaginazione Sostenibile”, grazie al premio ottenuto con Principi Attivi.
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