Avvistare nuovi orizzonti

12 Maggio 2012 Paola De Vecchi Galbiati
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Paola De Vecchi Galbiati
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Riflessioni su come realizzare innovazione di valore per la micro, piccola e media azienda italiana
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Parte II: I nuovi confini della formazione e della consulenza organizzativa

Dopo aver tracciato il quadro strategico della consulenza e della formazione organizzativa (cfr. Parte I), nel presente articolo cercheremo di esaminare come identificare nuove opportunità.

Riteniamo che il recupero di un sistema industriale e imprenditoriale che non solo guardi al superamento di questa crisi ma che ponga anche le basi per scongiurarne altre, deve essere attuato progettando una profonda revisione dei modelli di formazione e addestramento del personale, focalizzando maggiore attenzione sull’apprendimento attraverso l’esercizio e la sperimentazione continua, del singolo e del gruppo.

Partendo da questa idea e dai dubbi legati alla necessità di capire se tale offerta risponde ad un effettiva domanda, riprendiamo l’approccio Oceano Blu per ridefinire i confini del mercato della consulenza organizzativa e gestionale, concentrandoci sui processi di apprendimento, personale e di gruppo, che riteniamo il cuore della cultura, imprenditoriale e sociale.

I sei percorsi indicati da Strategia Oceano Blu© che affronteremo per affinare e approfondire le intuizioni esposte nella prima parte di questa indagine sono i seguenti:

  • Analizzare i settori alternativi.
  • Analizzare i gruppi strategici (per prezzo e/o performance) in cui è diviso il settore, cercando di comprendere le decisioni dei clienti che praticano il “trading up/down”.
  • Analizzare la catena degli acquirenti, che sono coinvolti direttamente o indirettamente nell’acquisto dei nostri servizi.
  • Analizzare l’offerta di prodotti e servizi complementari.
  • Analizzare l’appeal funzionale o emotivo esercitato sugli acquirenti.
  • Analizzare i cambiamenti nel tempo.

Analisi dei settori alternativi

Prendiamo in esame settori alternativi al settore della formazione e della consulenza organizzativa.

L’alternativa che cerchiamo di costruire è da intendersi come la capacità di offrire al mercato servizi e prodotti con funzionalità e modalità di erogazioni fortemente distinguibili da quelle della consulenza classica, condividendone però lo scopo finale, ovvero quello di aiutare le aziende a risolvere i propri problemi concreti, garantendo il libero scambio delle conoscenze.

Un’alternativa alle società di consulenza sono in una certa misura i Centri per l’Impiego, i Poli Tecnologici e le associazioni di categoria e settore, presenti sul territorio e fortemente sostenuti da finanziamenti nazionali ed europei. Dovrebbero erogare dei servizi interessanti legati in senso stretto all’innovazione tecnologica ma non è evidente una loro attenzione all’innovazione di processo.

Inoltre, la micro, piccola e media impresa, soprattutto se non dotata di un proprietario particolarmente interessato e attratto da queste iniziative, probabilmente non sa neppure che esistano dei fondi e dei supporti di tipo pratico.

È da verificare se tali Enti si preoccupino – oltre che di censire – anche di aiutare e di visitare queste aziende con una certa frequenza, come farebbero gli assistenti sociali con una famiglia bisognosa o “a rischio”. Le associazioni di categoria per esempio realizzano una serie di studi, ricerche e progetti che spesso non hanno sviluppi successivi. Ci sembra di poter affermare che questi enti hanno quasi tutti dei centri di ricerca, ma nessuno ha un ‘centro di sviluppo’.

Un’ulteriore alternativa è da ricercarsi negli istituti universitari, che con un proliferare quasi caotico di Master propone sia ai singoli che alle aziende un approfondimento ed un affinamento delle competenze, attraverso corsi annuali, biennali o triennali. È opinione diffusa che gran parte di questi corsi non rispondano ad un’effettiva richiesta del mercato, ovvero all’esigenza effettiva di ‘cultura’ e di specializzazione da parte delle imprese, ma che servano a consumare un po’ di fondi accantonati dalla comunità europea sotto l’egida dell’innovazione tecnologica e della formazione.

Analisi dei gruppi strategici

I gruppi strategici rappresentano una classificazione operata all’interno del medesimo settore (la consulenza e la formazione) ed è stata basata su due fattori chiave molto semplici: il prezzo e le performance. Questo ci ha consentito di distinguere i tre grossi gruppi riportati nel quadro strategico[1]. In aggiunta ai 3 gruppi identificati, abbiamo cercato di classificare anche: a) istituti universitari b) enti pubblici; c) associazioni e confederazioni di settore.

Analisi degli acquirenti

Secondo Strategia Oceano Blu, gli acquirenti si distinguono in: Influenzatori (coloro che hanno l’autorevolezza per selezionare se e perché acquistare), Utilizzatori (coloro che usufruiranno dei servizi acquistati) e Compratori (coloro che pagano il servizio acquistato) ;

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Nella catena degli acquirenti consideriamo che l’imprenditore, il proprietario di un’impresa, di uno studio professionale e di un’azienda di produzione o servizi potrebbe essere sia compratore (colui che paga) sia influenzatore per questo tipo di acquisto. Se l’imprenditore crede nella formazione come un elemento fondamentale per la crescita dell’individuo, sia come essere umano che come lavoratore “sponsorizzerà” questo tipo di interventi formativi nella sua azienda e non avrà problemi a comprarli.

L’utilizzatore è colui al quale vengono erogati i corsi e fornito il supporto consulenziale. È con questo cliente che ci si gioca l’elemento dirompente: coloro che utilizzano oggi sono coloro che influenzeranno gli altri a comprare domani.

L’acquisto di formazione oggi è legato quali esclusivamente alla disponibilità di fondi (regionali, statati, europei) e all’effettivo bisogno di colmare un vuoto di competenze. Un imprenditore sa perfettamente di cosa ha bisogno e che cosa gli manca, sia a livello di formazione che a livello di competenze interne. L’imprenditore è quindi compratore della formazione per i suoi dipendenti che la utilizzeranno. L’influenzatore potrebbe essere in questo caso il commercialista o il direttore finanziario, che ben sanno a quali sgravi fiscali possano essere assoggettate queste attività.

L’acquisto di consulenza è invece molto più complesso da analizzare: quasi sempre è propedeutica ad un cambiamento strutturale nelle aziende, siano esse piccole o grandi: dal cambio dell’azionista di maggioranza all’assunzione del nuovo amministratore delegato, del nuovo direttore tecnico, ecc. In un’azienda famigliare o di dimensioni “individuali” questo cambiamento strutturale non è mai molto frequente e non è legato ai malumori di un azionariato distante dai problemi reali dell’azienda, pertanto lo scetticismo di questi personaggi va superato con estrema concretezza. Accedono alla consulenza principalmente per le vie istituzionali, passando cioè dalle associazioni di settore (confartigianato, confagricoltura, ecc.).

L’imprenditore qui è soprattutto influenzatore di se stesso e di solito si affida al parere di suoi colleghi imprenditori o amici fidati, con i quali condivide un codice di regole non scritte che identificano il fornitore che non da noie e fa quel che deve fare. Una volta che è stato correttamente influenzato, il processo di acquisto si conclude in tempi relativamente brevi.

Analisi di prodotti e servizi complementari

In questa fase è cruciale comprendere esattamente quali prodotti e servizi complementari alla consulenza possano essere utili e distintivi per i nostri potenziali clienti.

Per far questo è necessario capire che cosa avviene prima, durante e dopo il processo di “uso” della consulenza, ponendoci le seguenti domande:

  1. Possiamo identificare le maggiori difficoltà vissute dai clienti? Sì: sono infatti state raccolte attraverso survey, testimonianze dirette, esperienze.
  2. Come possiamo eliminare queste difficoltà tramite l’offerta di prodotti o di servizi complementari?

Prima: Il cliente chiama il consulente principalmente quando ha un problema da risolvere e non ha o crede di non avere le competenze interne per risolverlo. In questo caso il cliente è alla ricerca di qualcuno che gli faccia vedere la soluzione, i tempi e i costi con cui risolverla. La prima difficoltà che il cliente si trova ad affrontare è la comunicazione con il consulente. Parlano linguaggi differenti e hanno a cuore aspetti differenti dello stesso problema. Il cliente ha la sensazione di perdere tempo e il malumore dei suoi collaboratori, che si vedono defraudati delle loro mansioni e ruolo, non fanno che accrescere il nervosismo e l’ansia di mancare l’obiettivo. Il controllo del ‘climax’ è uno degli elementi fondamentali in questa fase. La psicanalisi potrebbe aiutarci ad identificare dei percorsi individuali e di gruppo che riducano il più possibile le ‘differenze di linguaggio’ e facciano collimare gli obiettivi. Inoltre, la valorizzazione delle risorse interne potrebbe aiutare l’imprenditore ad identificare il talento e le predisposizioni di ciascuno, che per vari motivi non si sono messe in luce sino a quel momento, e che potranno invece giocare un ruolo di primo piano nella risoluzione del problema.

Durante: Una seconda difficoltà riscontrata dai clienti è l’applicazione pratica di quanto proposto dal consulente, soprattutto se la soluzione riguarda processi, sistemi informativi, organizzazione: tutte componenti che hanno impatti e risvolti differenti nei differenti settori e dipartimenti aziendali. In questo contesto c’è ancora una componente legata al linguaggio, che rende complessa la totale condivisione da parte del cliente di quanto proposto dal consulente: la strada migliore da seguire sembra essere l’addestramento a persone fidate e selezionate dal cliente a cui trasmettere le conoscenze necessarie per utilizzare e modificare nel tempo la soluzione rilasciata con l’aiuto del consulente. In questo caso il consulente si comporta come un’insegnante di sostegno, un assistente ad personam che aiuta il personale dell’azienda. Anche in questo frangente sono importanti il supporto psicanalitico e tecnico.

Dopo: al termine dell’intervento di consulenza o di formazione è difficile che il cliente riesca a mantenere gli stessi standard qualitativi e di performance che si era prefissato prima e durante l’esecuzione delle attività: emergenze, imprevisti e spesso una scarsa organizzazione individuale - quante persone non sanno più gestire neppure la propria agenda quotidiana! - fanno si che spesso le aziende ricadano nelle vecchie abitudini una volta venuto a mancare il ‘pungolo esterno’. L’erogazione della formazione ricorda la formula “7Kg in 7Gg”: un’azienda viene messa a dieta, si attiene al regime controllato, ma al termine del corso ricade nella solita routine. In questo caso si sta pensando alla Borsa della Conoscenza, attraverso la quale condividere e scambiare esperienze. Inoltre, istituire degli incontri periodici in cui fare il punto sulle varie questioni aperte presso i vari clienti (una sorta di terapia di gruppo e corso di aggiornamento insieme).

Analisi della ‘fascinazione’ sul cliente

La domanda principale a cui abbiamo provato a dare delle risposte è la seguente: Quali potrebbero essere le spinte razionali ed emotive che spingono il cliente ad acquistare formazione o consulenza da una società piuttosto che da un’altra e quindi su quali elementi sia necessario focalizzarsi?

Elementi per analizzare il cambiamento nel tempo

Questo aspetto è molto importante e delicato perché ci deve aiutare a determinare la durata e la robustezza delle nostre idee, nonché la capacità di adattarsi ai cambiamenti esterni (clienti, fornitori, mercati). Per far questo è necessario rispondere alle seguenti domande:

  1. 1. Quali sono le tendenze che hanno le maggiori probabilità di influenzare il settore della formazione e della consulenza? Quelle focalizzate su aspetti quali: ‘sostenibilità’, ecologia, che in termini di servizi alle aziende significa puntare sull’organizzazione e sulla razionalizzazione delle imprese (riduzione degli sprechi, internazionalizzazione dei mercati, distintività).
  2. 2. Tali tendenze stanno evolvendo lungo una traiettoria chiara? Sembra proprio di sì: impatto ambientale, salute, gestione oculata delle risorse condivise rendono il tema sempre più urgente.
  3. 3. Che impatto avranno sul settore della formazione e della consulenza?

Le tendenze che sembrano emergere nel settore della formazione e della consulenza sono:

  1. l’innovazione di processo come motore all’innovazione di prodotto: questi temi sono affrontati timidamente a partire dal 2007 con l’esplosione dei poli tecnologici e degli osservatori. (cfr. Innovation Forum Report 2007 e 2008).
  2. la formazione è concepita come momento di incontro e di approfondimento dei problemi reali (si pensi allo schema delle “lezioni apprese”)  e la crescita continua di rapporti di lavoro a termine richiede professionalità e competenze variegate: è sempre più richiesto dal mercato il ‘fai da te te stesso’[1].
  3. l’apprendimento sta prendendo sempre più piede come processo, soppiantando a poco a poco la formazione come unica attività per la crescita professionale. Si pensi alla programmazione neurolinguistica che, pur con tutte le riserve del caso, è stato un fenomeno che ha affascinato molti e che in certi contesti raccoglie ancora molti consensi. Il “management cognitivo”, lo storytelling (= il cantastorie in azienda), la 5^ disciplina di Senge e il coaching (= l’allenatore in azienda) sono alcune delle discipline che destano interessanti dibatti e si stanno sviluppando rapidamente.
  4. anche se in ritardo rispetto a psicologi e sociologi, i filosofi si stanno interessando alle organizzazioni aziendali nel loro complesso, cercando di colmare il vuoto teorico delle pratiche manageriali[2]. L’ingresso della filosofia e dei filosofi nelle aziende è segno che non solo l’approccio ma anche la motivazione comincia ad essere percepita come un fattore distintivo di primaria importanza.
  5. i risvolti di un’economia della depressione sulla consulenza e sulla formazione potrebbero essere interessanti se e solo se porteranno alla luce la necessità di mantenere vivo in ogni individuo un forte spirito critico, che lo metta in condizione di prendere decisioni avendone gli strumenti. “Quello che continua a dare valore all’economia è proprio il fatto che dai vecchi modelli si possono imparare nuove soluzioni. Capire come si sviluppano le recessioni può essere utile per uscire da una situazione che non si riesce a curare con gli strumenti tradizionali. […] l’economia della depressione si occupa di studiare situazioni in cui, se solo riuscissimo ad approfittarne, si potrebbe effettivamente <mangiare senza pagare>, perché ci sono risorse non sfruttate che aspettano solo di esserlo. […] gli unici veri ostacoli strutturali al benessere del mondo sono le dottrine obsolete che annebbiamo la mente degli uomini”.[*]

Un nuovo spazio per la formazione e per la consulenza

Le valutazioni che abbiamo elencato in precedenza illustrano l’approccio che dobbiamo utilizzare nell’approfondimento dei vari aspetti che ci aiuteranno a ridefinire il mercato della formazione e della consulenza.

Spostando l’attenzione al di là dei confini tradizionali, potrete capire come effettuare mosse strategiche capaci di rompere le convenzioni, costruire nuovi confini consolidati e creare un oceano blu. Il processo di scoperta e creazione di un oceano blu non implica la necessità di anticipare o prevedere i trend di settore. Non è neppure un processo per tentativi ed errori, che richieda di mettere in pratica le idee o le intuizioni stravaganti che passano per la testa. [*]

[*] Brani estratti da “Strategia Oceano Blu. Vincere senza competere.”, W. Chan Kim, Renée Mauborgne, HBSP, Etas 2009.

 


Nella prossima tappa del nostro viaggio affronteremo il tema della "pianificazione strategica"...

 

Questo articolo è tutelato da licenza Creative Commons

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