
Non supera quota 75 su 100 la percentuale di italiani che dichiara di conoscere Realtà Aumentata e Virtuale. Tecnologie tra le più note, terze nella classifica solo dopo Social Network (familiare al 93% delle persone) e AI (80%), prima di altre quali Big Data, IoT e Blockchain.
. “È interessante notare come sul tema della realtà virtuale si vivano, rispetto alle altre tecnologie, i momenti di radicalizzazione più forti nell’utenza. Tendiamo a vedere nelle applicazioni che si basano su questa tecnologia il punto di unione più profondo tra il mondo digitale e quello analogico, e non ci rendiamo conto che tale unione è invece agita con molta più forza attraverso strumenti come l’Internet of Things. Ad ogni modo, il livello di accettazione di questa tecnologia, complice anche lo sviluppo dei device che la rendono sempre più semplice da fruire, sta vivendo negli ultimi anni un ritmo serrato, che finalmente la vede efficace anche in contesti dove fino a poco tempo fa ne veniva solo teorizzata l’adozione, come i punti vendita”; cosi afferma Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute e coordinatore scientifico della ricerca.
Un po’ come succede per altre tecnologie analizzate dalla stessa ricerca, quali Blockchain o Intelligenza Artificiale, anche AR e VR sono conosciute ma poco praticate e utilizzate. Infatti, alla domanda su quali esperienze è capitato di fare “utilizzando strumenti quali visore, guanti, cuffie per giocare e/o fare esperienze in un ambiente virtuale”, un 57% di persone afferma di non aver mai provato, con un 31% di intervistati completamente disinteressato. Solo un 5% si dichiara utente regolare e a un 37% “è capitato di provare”.
Non molto diversa la situazione per Realtà Aumentata, i cui utenti regolari sono appena il 6%, con una percentuale ancora minore rispetto a VR (29%) che ha provato almeno una volta. Il 30% degli italiani che hanno provato AR si sente completamente a suo agio, a fronte di un 24% che prova un senso di disagio nel “vedere direttamente cosa sta accadendo di fronte a me” e per la paura che “la mente possa confondere ciò che è reale con ciò che non lo è”.