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Prima di pensare alla SEO bisogna pensare al proprio business.

Prima di pensare alla SEO bisogna pensare al proprio business.

26 Agosto 2015 Redazione SoloTablet
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Internet ci ha regalato la libertà, forse anche l’illusione di averla. Online a farla da padrone sono gli algoritmi, di Google Search e non solo. Sono loro a determinare quale contenuto sia più attraente, adeguato, interessante e quale sia il migliore per rispondere alle esigenze del navigante online. Per renderli felici sono proliferate negli anni numerose pratiche SEO (Search Engine Optimization) che coinvolgono migliaia di persone e società. Numerosi sono anche coloro che ritengono inutile la SEO o vi si oppongono credendo di essere dotati di conoscenze e pratiche migliori.

Sulla SEO abbiamo intervistato Fabrizio Benelli, Responsabile SEO di Holyart.it


Buongiorno, per iniziare ci vuole raccontare qualcosa di lei? A chi si rivolge con le sue attività e come vive l’era digitale che ha trasformato il mondo attuale?

Buongiorno Carlo e grazie mille per la sua intervista. Io mi chiamo Fabrizio e faccio SEO ormai da 7 anni, di fatto da quando sono uscito dall’università. Faccio qualche consulenza qua e là come freelance, ma il 99% del mio tempo lo dedico a Holyart, e-commerce per il quale lavoro in qualità di Responsabile SEO.

Per quanto riguarda il mio modo di vivere l’era digitale attuale, devo dire che la vivo con grandissima serenità, ma soprattutto curiosità. Se penso a com’era il mondo venti anni fa non posso che essere impaziente di vedere cosa ci riservano i prossimi venti anni. Non sono un gran sostenitore del “si stava meglio quando si stava peggio”. Sicuramente la tecnologia ha portato alla luce moltissime problematiche e ne ha anche create di nuove (ed è giustissimo affrontarle), ma se mi guardo indietro e tiro le somme sono abbastanza sicuro nell’affermare come l’era digitale stia migliorando le nostre vite.

Di SEO si parla da molti anni. Nel tempo gli algoritmi di Google Search sono costantemente cambiati, in sintonia con gli obiettivi di business di Google. Quali sono secondo lei i motivi per cui oggi bisognerebbe investire in attività SEO? E perché la SEO è così importante?

Mi permetta di fare una piccola precisazione prima di rispondere. Lei dice che in questi anni gli algoritmi di Google si sono evoluti in sintonia con gli obiettivi di business di Google. Questa frase è verissima ma non vorrei che portasse a una conclusione, a mio avviso, sbagliata.

Google è sicuramente un’azienda che ha come obiettivo primario il profitto. Non è una Onlus che vuole salvare il pianeta. È un dato di fatto. Questo però non vuol dire che i suoi obiettivi non possano essere in linea con quelli che sono i nostri bisogni.

La questione è molto semplice: per aumentare i propri profitti Google deve continuare ad essere il miglior motore di ricerca al mondo; lo strumento che offre i migliori risultati in base a quelli che sono gli intenti di ricerca degli utenti.

Ecco allora che gli algoritmi si aggiornano e si rinnovano con un unico obiettivo: migliorare le risposte del motore di ricerca, ovvero offrire un servizio migliore al cliente (NOI). Vista da questa prospettiva, siamo in una logica WIN/WIN.

Venendo alla sua domanda.

Immagini di avere il negozio più elegante della sua città, con i prodotti più belli e i commessi più gentili e preparati del mondo. C’è un unico problema: è posizionato in un vicolo buio, difficile da trovare, quasi irraggiungibile dai clienti.

Secondo lei quanto riuscirà a mandare avanti la sua attività? La risposta è scontata eppure è proprio quello che succederebbe a un business online se dovesse decidere di ignorare l’ottimizzazione SEO.

In quest’ottica, la SEO non è altro che lo strumento che posiziona il nostro bellissimo negozio nel mezzo della piazza principale della città, in modo tale che tutti i clienti lo possano vedere, ammirare e possano entrare a fare acquisti.

Ora, deve essere chiaro un concetto: fare SEO non significa inventare qualche trucchetto per fregare l’algoritmo, né tantomeno gli utenti. Gli algoritmi, ogni giorno che passa, diventano sempre più sofisticati e sempre più bravi a capire l’intento di ricerca degli utenti. Ogni trucco ha vita breve e anche se oggi pensi di aver vinto, domani potresti svegliarti con una brutta sorpresa.

Per questo motivo prima di pensare alla SEO bisogna prima di tutto pensare al proprio business.

Non ho fatto quell’esempio a caso. Se il vostro negozio offre prodotti di qualità e viene posizionato nella piazza principale della città riuscirete ad attirare moltissimi clienti e a fare molte vendite; se, al contrario, il vostro negozio vende prodotti di scarsa qualità, il posizionamento vi servirà a poco.

Concludo, facendo un’ultima precisazione. La SEO è solo uno dei canali che portano traffico al tuo business. Addirittura, esistono progetti che si sviluppano coinvolgendo esclusivamente altri canali. In questi casi, ovviamente, la SEO non serve.

Personalmente quando mi sono trovato davanti a progetti di questo tipo, io stesso ho sconsigliato di investire soldi in consulenze inutili.

 

Non tutti concordano sul fatto che la SEO risponda ai bisogni di chi vi investe e alle promesse in essa comprese. Molti sostengono di avere risultati buoni anche senza SEO. Cosa c’è di errato in queste scelte e comportamenti. Cosa direbbe a un potenziale cliente che manifestasse scetticismo e resistenza all’investire in questo tipo di pratiche?

La sua domanda tocca molti punti interessanti.

Parla di promesse legate alla SEO. Ecco, questo è un primo mito che deve essere sfatato. Un consulente SEO non può fare promesse. Chi promette prime posizioni in SERP un tanto al chilo mente sapendo di mentire.

Quello che posso dire è che ci sono sempre margini di miglioramento, in tutti i progetti online che mi è capitato di toccare con mano. Di conseguenza, se si lavora bene, molto probabilmente si vedranno, col tempo, dei miglioramenti in termini di posizionamento organico e, di conseguenza, di traffico. In nessun caso, tuttavia, un SEO può promettere una prima posizione assicurata.

Una seconda frase che mi ha colpito è “Molti sostengono di avere risultati buoni anche senza SEO”.

Certamente! Se parliamo di contenuti, la maggior parte delle regole SEO sono basate sul buon senso. Come ho detto, gli algoritmi ormai sono bravissimi a capire gli intenti di ricerca degli utenti. Se non sei un SEO professionista ma i tuoi contenuti sono completi e utili per gli utenti puoi tranquillamente ottenere grandi risultati. È certo però che l’aiuto di un professionista può indirizzarti a fare ancora meglio. Senza tener conto di problemi tecnici che potrebbero verificarsi e di cui, giustamente, un non addetto ai lavori non può conoscere.

Arrivando finalmente alla sua domanda, bisogna innanzitutto capire come ogni progetto sia un mondo a sé. In alcune circostanze, come ho spiegato prima, la SEO non serve davvero e magari i dubbi del cliente sono giustificati.

In questi casi cercare di convincere la persona che hai davanti ad investire denaro in attività che non servono a nulla è poco professionale e anche disonesto.

Se invece mi trovo davanti ad una “resistenza ingiustificata”, credo l’unica cosa che potrei fare sarebbe mostrare i risultati ottenuti con altri clienti, ovviamente seguendo sempre i limiti imposti dalla privacy.

Se anche in quel modo non riesco a convincerlo, amici come prima, gli faccio un grande in bocca al lupo e lo saluto.

 

SEO, storytelling, social media marketing, SEM, ecc. Sono tante pratiche che sono emerse negli anni come utili per trasformare in digitale molti aspetti del business. Sono partiche che coinvolgono migliaia di operatori e professionisti. Come vede lei questo mercato in Italia? Non crede che ci sia un surplus di offerta e che molta di essa sia inadeguata? Non crede che anche la domanda sia altrettanto inadeguata?

Il mondo delle professioni legate al web, non solo SEO, è ormai dominato da questa figura mitologica: il cugino. Spesso e volentieri le persone che si offrono per fare determinati lavori non sono professionisti con anni di esperienza alle spalle, ma smanettoni improvvisati.

Questo è molto grave per due aspetti: il primo è che abbassano drasticamente il prezzo di mercato, svalutando il lavoro e lo studio che c’è dietro l’attività di un professionista. Il secondo, molto più grave, è che nella maggior parte dei casi fanno danni enormi ai propri clienti.

Questo fenomeno ha generato, come dice lei, l’idea di un’offerta inadeguata in un mercato fortemente caratterizzato dalla mancanza di barriere all’ingresso.

Questa è però solo una percezione. Ci sono decine di bravissimi professionisti in Italia. Bisogna solo riuscire a riconoscerli.

Per quanto riguarda, invece, la domanda, in Italia siamo sicuramente molto indietro nel processo di digitalizzazione della nostra economia. Mi capita spesso di vedere piccole realtà con un enorme potenziale, che non hanno nemmeno un sito o una pagina social.

Fortunatamente le cose stanno cambiando e questi mesi difficilissimi hanno velocizzato enormemente il processo di cambiamento. Da questo punto di vista, sono molto ottimista per il futuro.

 

Infine una domanda filosofica. Praticando un’attività volta a soddisfare gli algoritmi non le sembra di contribuire alla costruzione di una realtà dominata dalle macchine? E’ come se ci si adeguasse al codice straniero che fa funzionare gli algoritmi e decide per noi cosa sia bene e male, cosa si debba comperare e quando, ciò che conviene pubblicare o meno, come va scritto e quanto deve essere esteso, ecc. Come professionista lei non si pone mai domande di questo tipo?

Sono domande di cui discuto quotidianamente con i miei colleghi. Il rischio di un futuro (o un presente) distopico governato dagli algoritmi, tuttavia, lo vedo abbastanza improbabile.

Sono gli algoritmi che si adattano a noi, non il contrario.

Le faccio un esempio: il mio feed di Google Discover sarà molto diverso rispetto a quello di un negazionista dei vaccini. Questo succede perché l’algoritmo si adatta ai miei interessi e capisce quali sono le notizie che sono di mio interesse.

Ora io le chiedo: è Google che si sta adattando a me o sono io che vengo manipolato da Google?

Un negazionista che crede a qualsiasi fake news che trova su internet, non è tale per colpa degli algoritmi, ma perché è una persona senza una cultura di base sufficiente per poter interpretare la realtà in modo corretto.

Il problema, casomai, è che gli algoritmi alimentano le sue convinzioni, continuando a proporgli contenuti vicini alle sue idee e ai suoi interessi. Dovrebbe comportarsi in modo diverso? Probabile, ma in quel caso si che si dovrebbe parlare di manipolazione.

 

Per terminare e ringraziandola vuole aggiungere altro?

Grazie a lei, è stata un’intervista molto stimolante e interessante. L’innovazione tecnologica apre di continuo nuove porte e, di conseguenza, arrivano paure e domande a cui non sempre a facile rispondere.

Io rimango ottimista per il futuro. Credo che qualunque problema possa essere superato con la cultura … nel nostro caso, una cultura digitale che spesso manca nel nostro paese.

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