
«Le tecnologie digitali – ha dichiarato a proposito del rapporto il segretario generale dell’Ocse Angel Gurría – hanno cambiato radicalmente e rapidamente il modo in cui lavoriamo, consumiamo e comunichiamo. Garantire questa trasformazione migliora anche il nostro benessere, affrontando questioni come l’uguaglianza digitale, l’alfabetizzazione e la sicurezza».
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Intanto, uno dei primi segnali negativi, che fa da apripista agli altri problemi, è il basso uso di Internet, inferiore a quasi tutti gli altri: siamo quartultimi, con un uso del 73% rispetto a una media dell’83%. Inoltre, anche quando c’è uso, è la maggior parte delle volte poco sofisticato e orientato a attività semplici.
Ma sono le altre statistiche che colpiscono il nostro Paese: l’Italia è al secondo posto dopo la Slovenia, per la disparità di uso, cioè per la differenza di utilizzo tra i pochi “fast adopters” e la popolazione nel suo insieme. In generale mancano le competenze Ict, come dimostra anche quel 36% di insegnanti di scuola secondaria (il dato più elevato dall’Ocse a fronte di una media del 20%) che ritiene necessario sviluppare le proprie conoscenze nel settore digitale ai fini dell’insegnamento.
Posizioni di coda anche per l’istruzione online, pari solo al 5% contro una media Ocse superiore al 10%.
Da parte sua il tele-lavoro, che dovrebbe aiutare a conciliare vita privata e occupazione, reserebbe secondo questa fonte un miraggio per gli italiani: oltre il 90% non ne ha mai usufruito, fa peggio solo la Turchia. Fondo classifica anche per gli appuntamenti medici online (7%, meno della metà della media Ocse) e l’uso online delle informazioni mediche (penultimo posto Ocse). Inferiore ai maggiori Paesi la disponibilità ed accessibilità di dati governativi (Open Government) e penultimo posto per l’utilizzo di servizi di e-government (solo il 25%, metà della media Ocse).