
Siamo ben lontani dalla crisi della net economy ma qualcosa sembra scricchiolare nella Silicon Valley. Lo fa per ora con rumori e scricchiolii borsistici che si evidenziano nella perdita consistente dei titoli dei Signori del silicio. Non è una caduta dei Titani o la fine di una favola ma l’indicazione che la bolla ha iniziato a sgonfiarsi. Come altro spiegare altrimenti la perdita in borsa del 17% di Apple, del 20% di Google e quella ancora maggiore di Facebook?
Ci voleva forse l’elezione di Trump per far comprendere a tutti la potenza delle piattaforme tecnologiche e dei loro proprietari nel cambiare le sorti del mondo. Tutti hanno capito che la tecnologia può essere motore di progresso ma anche generatrice di effetti pericolosi e indesiderati. Molti hanno cominciato a riflettere sull’eccessivo potere accumulato da poche aziende tecnologiche e su cosa fare per arginarne l’influenza riprendendo il controllo del futuro.
Mentre questa riflessione prende campo, i segnali che arrivano dal mercato indicano che qualcosa di nuovo sta avvenendo. Non a caso iniziato con una perdita di soldi da parte delle società tecnologiche più capitalizzate al mondo. Nessuna di esse sembra essere risparmiata dal vento che ha deciso di fare il suo giro. Alcune poi, come Apple, devono anche affrontare un calo di vendite dell’iPhone, un prodotto che ha sempre fato da landmark per il brand sul mercato dei dispositivi tecnologici.
iPhone 11: anticipazioni, previsioni e prezzi
Mentre Facebook affronta gli scandali politici e non riesce a uscire fuori dalla crisi nella quale l’affaire Cambridge Analytica l’ha precipitata, Apple deve riflettere su quanto fatto nell’ultimo anno con l’obiettivo di far ripartire le vendite dell’iPhone. Azioni che non sembrano avere prodotto il risultato desiderato, nonostante l’adozione di modelli di business diversi pensati per posizionarsi diversamente sul mercato e per favorire l’aggiornamento tecnologico da parte degli utilizzatori di iPhone.
Un modello che non sembra funzionare perché un numero minore di consumatori acquistano nuovi iPhone per sostituire quelli che hanno, si è fermata l’affluenza di utenti Android che passano a iOS e i nuovi modelli X non sembrano avere la capacità di far lievitare le vendite come succedeva con i modelli precedenti (fino a tre anni fa le vendite continuavano a crescere….nel 2016 la crescita si è fermata).
La tattica adottata nel 2017 è stata quella di di puntare su modelli più costosi in modo da garantirsi gli stessi margini, pur vendendo un numero inferiore di dispositivi. I risultati però sono stati deludenti, anche perché probabilmente il mercato dello smartphone è arrivato al suo livello massimo di saturazione. I numeri deludenti lo devono essere stati veramente se Apple ha comunicato ai media di non volere più comunicare in futuro i dati delle vendite di iPhone. Una decisione che ha irritato gli investitori e fatto aumentare l’attenzione dei media sul mercato dell’iPhone.
Il declino dell’iPhone non avviene in solitudine. A declinare è il mercato globale che da quattro trimestri consecutivi non cresce più, è tecnicamente in una fase recessiva. Lo è nonostante i produttori siano impegnati strenuamente nel portare sul mercato nuovi modelli e nello studiare nuove strategie per affrontare il problema di magazzini sempre più pieni di prodotti invenduti, aggiornamenti tecnologici dilazionati sempre più nel tempo e percezione diffusa che non ci sia più molto di realmente innovativo ed eccitante nel mondo smartphone.
Nel frattempo i media confermano il calo delle vendite di iPhone riportando notizie provenienti dai produttori asiatici di componenti tecnologici usati per assemblarli. Inoltre evidenziano come i guadagni di Apple sui nuovi modelli sono comunque ridotti dall’aumento dei costi dei componenti (l’iPhone X ad esempio ha due mother board) , anche per la guerra dei dazi in corso tra l’amministrazione Trump e la Cina.
Nel frattempo l’iPhone continua a produrre fatturato e profitto, meno però di quanto Apple vorrebbe e soprattutto in modo non soddisfacente per i numerosi investitori, piccoli e grandi, che hanno acquistato negli anni le azioni della Apple.