
I BOT sono ormai parte integrante della storia delle tecnologie dell’informazione e del ciberspazio. Nella forma di semplici righe di codice software e algoritmi, si sono insediati vicino a noi e hanno cambiato la nostra vita. Vivono online, nella Rete e negli spazi digitali del cybersapzio, sono diventati sempre più autonomi e si dichiarano sempre pronti a soddisfare i nostri desideri. Al posto nostro si fanno carico di raccogliere dati e informazioni, di correggere azioni sbagliate e che non produrrebbero risultati e fanno, più o meno, quello che chiediamo loro, assistendoci e affiancandoci nelle nostre esperienze digitali e virtuali. Sono in genere molto focalizzati, competenti e abili nel portare a termine un compito o assumersi una responsabilità e stanno diventando anche, artificialmente, molto intelligenti.
Se ne sono stati tranquilli per anni ma recentemente stanno catturando l’attenzione di persone preoccupate per l’evoluzione della Rete sempre più controllata nelle mani di pochi monopolisti e aziende tecnologiche e ora anche dei media per la loro evoluzione verso robot digitali, dotati di intelligenza, capaci di parlare e di interagire con gli utenti dei dispositivi hardware sui quali sono installati o utilizzabili.
Per alcuni le nuove generazioni di BOT sono l’evoluzione dei loro antenati ma anche il frutto della diffusione e pervasività delle APP, anzi per alcuni sono la loro evoluzione in termini di interfaccia per la capacità di trasformare le interfacce utente attuali in interazioni uomo-macchina sempre più assimilabili a quelle tra persone.
Se oggi si parla molto di BOT è anche perché aziende come Microsoft, Facebook e altre hanno trovato il modo di creare il motivo per farlo. Microsoft ha sfruttato la sua conferenza BUILD per gli sviluppatori per anticipare alcune soluzioni che sta rilasciando e Facebook farà la stessa cosa alla sua conferenza F8, altre come Twitter, WeChat, Slack da tempo offrono BOT per la messaggistica e l’interazione.
A creare nuova e maggiore attenzione è stata l’associazione dei BOT a nuove forme di intelligenza artificiale di cui potrebbero essere dotati e che potrebbero trasformarli in assistenti personali specializzati nell’eseguire compiti specifici e a farlo in modo automatizzato su istruzione dell’utente o interagendo con esso. BOT di questo tipo potrebbero stare su un dispositivo mobile ma anche dietro lo sportelo virtuale di un Call Center o di un ufficio addetto al Customer Service. Soluzioni simili sono già state implementate ma solo oggi le tecnologie disponibili possono evitare i fallimenti e gli insuccessi del passato.
Tutti i media si sono recentemente interessati di BOT per TAY, il BOT di Microsoft creato con l’intenzione di arricchire la Rete con nuovi memi e nuove conversazioni pensate per interagire con le generazioni dei nativi digitali e dei Millennial. L’interesse non è nato dalle sue caratteristiche tecniche innovative ma per i suoi comportamenti considerati censurabili e per la personalità che ha espresso imparando dai suoi interlocutori informazioni e conoscenze per poi usarle in modo inadeguato come ad esempio per negare l’olocausto o per mostrare interesse per i sostenitori di Hitler.
Al momento TAY è stato ritirato ed è in fase di aggiustamento e aggiornamento per istruirlo in modo intelligente a evitare nuove gaffe che possono mettere in difficoltà Microsoft e danneggiare l’evoluzione della specie. Un'evoluzione che non va necessariamente solo nelle direzioni previste da Microsoft, ma si orienta in particolare verso servizi e attività che possono essere automatizzate e che rappresentano per l’utente un vantaggio immediato e per le aziende un benefizio in termini di costi e di capacità nel soddisfare meglio i bisogni dei clienti. Vantaggi e benefici che giustificano incentivi e investimenti nei BOT e che ne garantisce così l’evoluzione della specie. Come il gene di Dawkins determina la specie, i BOT come TAY e simili contribuiscono in modo determinante al futuro stesso dei BOT che arriveranno.
Se i BOT fossero solo questi e questo l’uso a cui sono destinati dovremmo tutti essere contenti. Nella realtà però i BOT sono diversi e non tutti sono rispettosi delle nostre prerogative, aspettative e caratteristiche. Sempre più spesso questi BOT si rivelano invasivi e poco rispettosi della privacy delle persone, sono attori e protagonisti di spam, si attivano preventivamente per raccogliere per noi informazioni che si rivelano inadeguate a soddisfare le motivazioni e i contenuti di una ricerca e possono diventare noiosi e appiccicosi come una zecca o un nugolo di zanzare che nessun repellente può tenere lontano.
La proliferazione della specie dei BOT è tale da turbare l’equilibrio che ci vorrebbe per instaurare e mantenere ambiti di comunicazione e di interazione gestibili da esseri umani quali noi siamo. Se tutti i protagonisti della scena tecnologica dotassero i loro prodotti di BOT e li attivassero contemporaneamente difficilmente saremmo in grado di interagirvi e saremmo sommersi da un surplus di informazione che si traduce in surplus cognitivi tali da impedire qualsiasi beneficio pragmatico. Il surplus e il sovraccarico derivante dalla proliferazione dei BOT potrebbe essere tanto più grande quanto più crescerà la loro intelligenza artificiale e la loro capacità ad occuparsi di più attività contemporaneamente. Oggi possono servire a prenotare un ristorante o un viaggio ma cosa succederebbe se domani volessero occuparsi di molto altro?
Le APP che risiedono sui dispositivi mobili si attivano solitamente solo quando lo vuole il loro utilizzatore. I BOT sembrano una evoluzione delle APP perché portano in dote la capacità autonoma di attivarsi, fare delle scelte e prendere delle decisioni. Tutte finalizzate a offrire un servizio ma forse anche in prospettiva troppo invadenti e tendenti a un dominio tecnologico che non tutti desiderano, soprattutto coloro che sanno come gestire il loro tempo, sono abituati a trovare da soli le risposte ai loro bisogni o problemi e non vogliono avere interferenze nei loro processi decisionali da parte di altri e tantomeno meno di altri dotati di una intelligenza artificiale predefinita e istruita da altri.
La tendenza sembra delinearsi in modo chiaro perché è sostenuta dalla rapida evoluzione tecnologica, soprattutto in ambito software. I dispositivi e le tecnologie sempre più potenti disponibili possono oggi essere usate per attività e compiti impensabili fino a pochi anni fa. Lo smartphone concentra in uno spazio limitato componenti microelettronici sempre più piccoli e potenti e il software è diventato una specie di piattaforma unica composta da piccoli organismi, fatti di codice e informazioni, oggetti tra loro comunicanti e interagenti che assomigliano sempre di più ai neuroni del cervello che interagiscono a formare sempre nuove sinapsi. Le due evoluzioni, hardware e software, sono alla base della nuova rivoluzione dei BOT in arrivo.
Facile prevedere per il futuro l’affermarsi di piattaforme standard tra loro simili e forse, se i produttori lo vorranno, tra loro comunicanti. Se ciò avvenisse i BOT potrebbero disporre dell’ambiente perfetto per la loro proliferazione ed evoluzione. Quando avverrà questi BOT diventeranno moltitudine e cercheranno di affiancarci in ogni momento e luogo della nostra vita quotidiana assimilando i nostri comportamenti e modi di vivere, conoscendo le nostre abitudini e bisogni, fornendo servizi e informazioni a getto continuo. Il tutto con risultati positivi, vantaggi e benefici, almeno fino a quando la tecnologia dei BOT sarà posta al servizio degli esseri umani che li hanno creati. Cosa potrebbe succedere se i BOT fossero creati da esseri umani o realtà con obiettivi diversi da quelli di soddisfare bisogni e desideri è un interrogativo che bisognerebbe porsi ma che tutti tendono a spostare in là nel tempo. Converrebbe in ogni caso seguire con attenzione l’evoluzione in corso dei BOT e capire quali entità, aziende o istituzioni ne sono i facilitatori.