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Fare filosofia, in rete o fuori, non è affatto un gesto da persone educate e civili! (Davide Dell'Ombra )
L’influenza esercitata dal mezzo tecnologico sugli stili di vita dei suoi frequentatori – tutti noi – è grande, prepotente: è difficile sottrarsi al richiamo “sociale” senza sentirsi esclusi da qualcosa. Gli strumenti tecnologici, Facebook tra gli altri, intercettano con precisione quella necessità di interazione sociale tra individui che contraddistingue il mondo animale in generale e che nell’uomo si espleta in maniera direi ossessiva per ragioni culturali. La prepotenza con la quale cerchiamo il contatto con un altro per le ragioni più varie si manifesta, amplificata, nella prepotenza con la quale aggiungiamo i contatti, o condividiamo opinioni, per le stesse ragioni.
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Stiamo guadagnando la consapevolezza di ciò che andiamo perdendo ( Cristina Sassi)
Quando ancora Steve Jobs reggeva in mano davanti ad una platea piuttosto perplessa il primo IPad e quasi tutti si domandavano che farne se non utilizzarlo per leggere il giornale in spiaggia, nelle associazioni, nelle famiglie, negli operatori a contatto con persone disabili e nei disabili stessi cominciava a germogliare la sensazione di avere trovato la porta di accesso verso ben altro che la navigazione in internet durante le vacanze.
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La tecnica è da sempre una forma di mediazione col mondo, con tutte le sue contraddizioni e biforcazioni.
Lo smartphone è il dispositivo più biopolitico dell’era contemporanea ed è la principale componente di un universo di oggetti connessi in vertiginoso aumento. Siamo sempre infatti sempre più immersi nel mondo dell’internet degli oggetti una Bioipermedia, un insieme di bios/biopolitica e ipermedia, uan delle attuali dimensioni della mediazione tecnologica.
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La tecnologia oggi è al servizio delle pulsioni dell’uomo consumista occidentale (Luca Ariostini)
Il capitalismo ha scientificamente annebbiato le masse a tal punto che queste non saprebbero nemmeno immaginare quale uso fare della tecnologia diverso da quello volto all’intrattenimento o al consumismo. I fatti confermano che lo sviluppo tecnologico digitale degli ultimi 20 anni è stato incanalato quasi esclusivamente nella fruizione di esperienze ludiche o di intrattenimento. Più della metà dei dati scambiati sulle infrastrutture di rete mondiali ha a che fare con la pornografia. Contra factum non valet argumentum. Ci avviamo verso il mondo preconizzato da Marx: lavoreremo poche ore alla settimana in cambio di accesso all'intrattenimento personale, che sarà dato dalla realtà virtuale anziché dalla pittura.
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Su YouTube un’intervista ad Heidegger appare come un contenuto come un altro!
Credo che chiunque abbia a che fare seriamente con il linguaggio, pensatori, poeti, artisti, non possa non notare come quello odierno stia cambiando, modificato, come tutti gli altri aspetti significativi della vita, dalla razionalità tecnologica. Il punto essenziale non è tanto cosa noi possiamo fare con la tecnologia ma cosa la tecnologia può fare con noi, uomini potenti inclusi, come modifica il nostro essere umani. E non mi riferisco tanto né a modifiche apportabili ed apprezzabili scientificamente, né tanto ai temi del post- o transumanismo, quanto ad un riorientamento del modo di pensare e delle idee.
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Con la tecnologia si è creato un rapporto di dipendenza, una relazione disfunzionale.
Nella lunga età di crisi che ci capita di abitare il filosofo ha il dovere di individuare che cosa è andato storto, di concentrare l’attenzione sul processo che ha generato la crisi. Il filosofo, infatti, possiede le competenze adatte a problematizzare situazioni apparentemente innocue, a dubitare delle nostre abitudini più insane. Nell’era tecnologica il suo intervento diventa quindi fondamentale, perché gli uomini, nel giro di pochissimi anni, sembrano avere perso il controllo sulle loro vite, sulle loro priorità, sui loro obiettivi.
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Internet va considerato come un vero e proprio spazio pubblico ( Marco Bastianelli )
“In primo luogo, [...] ogni cosa che appare in pubblico può essere vista e udita da tutti e ha la più ampia pubblicità possibile. Per noi, ciò che appare - che è visto e sentito da altri come da noi stessi - costituisce la realtà […]. La presenza di altri, che vedono ciò che vediamo e odono ciò che udiamo, ci assicura della realtà del mondo e di noi stessi […] In secondo luogo, il termine “pubblico” significa il mondo stesso in quanto è comune a tutti e distinto dallo spazio che ognuno di noi vi occupa privatamente [...] La sfera pubblica, in quanto mondo comune, ci riunisce insieme e tuttavia ci impedisce, per così dire, di caderci addosso a vicenda” (H. Arendt, Vita Activa. La condizione umana, 1958, II.7).
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L’uomo è tecnico, protetico, artificiale fin dai tempi primitivi (Rossella Fabbrichesi)
Dal Protagora platonico all’Orazione sulla dignità dell’uomo di Pico della Mirandola, l’uomo è definito come l’essere che non ha strumenti e dotazioni peculiari, ma ha natura indefinita e dunque può divenire quello che vuole, angelo o fiera. La sua natura è ‘naturalmente’ irrobustita con protesi e tecniche avventizie, è estranea, strumentale, dotata di arti (arti-ficiale) e astuzie per sopperire alle proprie deficienze strutturali.
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La tecnofobia non si addice al vero filosofo (Tommaso Ariemma)
Le tecnologie del nostro tempo ci stanno mostrando un desiderio di partecipazione e di condivisione che porterà forse a una trasformazione della democrazia per come adesso la conosciamo. Sotto gli occhi di tutti è inoltre la trasformazione degli apprendimenti e dei rapporti interpersonali, soprattutto nei più giovani. In futuro, negli adulti del domani, cambierà probabilmente la nostra capacità di incontrare gli altri e quindi di trasformare il modo. Che sia in bene o in male questo spetta a noi deciderlo.
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Una gestione più consapevole, prudente e oculata delle tecniche è quantomai urgente, imprescindibile.
Se l’esperienza umana, come è piuttosto evidente, è tecnologicamente mediata, l’impiego della tecnica è a sua volta connotato culturalmente e storicamente. Sicché la questione relativa all’agire tecnico non può essere adeguatamente affrontata e regolata se non facendo anche riferimento ai quadri etici, normativi, epistemici entro cui le attività e le tecnologie si inscrivono e acquisiscono senso. Occorre riflettere su quale sia la visione del mondo soggiacente alle odierne pratiche scientifiche, tecnologiche, sociali e domandarsi se questa sia la migliore possibile per rispondere efficacemente alle problematiche odierne.
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