Filosofia e tecnologia /

Con la tecnologia si è creato un rapporto di dipendenza, una relazione disfunzionale.

Con la tecnologia si è creato un rapporto di dipendenza, una relazione disfunzionale.

11 Aprile 2017 Interviste filosofiche
Interviste filosofiche
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Nella lunga età di crisi che ci capita di abitare il filosofo ha il dovere di individuare che cosa è andato storto, di concentrare l’attenzione sul processo che ha generato la crisi. Il filosofo, infatti, possiede le competenze adatte a problematizzare situazioni apparentemente innocue, a dubitare delle nostre abitudini più insane. Nell’era tecnologica il suo intervento diventa quindi fondamentale, perché gli uomini, nel giro di pochissimi anni, sembrano avere perso il controllo sulle loro vite, sulle loro priorità, sui loro obiettivi.

Diogene […] obiettò una volta che gli si facevano le lodi di un filosofo: “Che cosa mai ha da mostrare di grande, se da tanto tempo pratica la filosofia e non ha ancora turbato nessuno?” Proprio così bisognerebbe scrivere sulla tomba della filosofia della università: “Non ha mai turbato nessuno” (F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III. Schopenhauer come educatore, tr. it. di M. Montinari, in F. Nietzsche, Opere, vol. III, tomo I, Adelphi, pag. 457)."

 

Carlo Mazzucchelli  intervista  Mauro Trentadue, filosofo, counselor, scrittore e insegnante di Filosofia e Storia nei Licei milanesi

Sei filosofo, sociologo, piscologo, studioso della tecnologia o semplice cittadino consapevole della Rete e vuoi partecipare alla nostra iniziativa con un contributo di pensiero?  .

Tutti sembrano concordare sul fatto che viviamo tempi interessanti, complessi e ricchi di cambiamenti. Molti associano il cambiamento alla tecnologia. Pochi riflettono su quanto in profondità la tecnologia stia trasformando il mondo, la realtà oggettiva e fattuale delle persone, nelle loro vesti di consumatori, cittadini ed elettori.

Sulla velocità di fuga e volontà di potenza della tecnologia e sulla sua continua evoluzione, negli ultimi anni sono stati scritti numerosi libri che propongono nuovi strumenti concettuali e cognitivi per conoscere meglio la tecnologia e/o suggeriscono una riflessione critica utile per un utilizzo diverso e più consapevole della tecnologia e per comprenderne meglio i suoi effetti sull'evoluzione futura del genere umano.

Su questi temi SoloTablet sta sviluppando da tempo una riflessione ampia e aperta, contribuendo alla più ampia discussione in corso. Un approccio usato è quello di coinvolgere e intervistare autori, specialisti e studiosi che stanno contribuendo con il loro lavoro speculativo, di ricerca, professionale e di scrittura a questa discussione.

 

 

Buongiorno, può raccontarci qualcosa di lei, della sua attività attuale, del suo interesse per le nuove tecnologie e per una riflessione sull'era tecnologica e dell'informazione che viviamo?

Buongiorno a lei.

Sono filosofo, counselor, scrittore e insegnante di Filosofia e Storia nei Licei milanesi. Dopo aver conseguito la laurea in Filosofia morale con Franco Fergnani, ho svolto, presso la sua cattedra, attività didattica e di ricerca. Ho lavorato per più di quindici anni nel settore della formazione, collaborando con diverse Università, Scuole e Aziende. Dal 2005 al 2015 ho insegnato Filosofia morale, Counseling filosofico e Filosofia teoretica presso il Centro di Formazione Psicofilosofica di Milano, del quale ho assunto, negli anni 2010-2015, il ruolo di direttore didattico. Dal 2008 al 2014 ho insegnato Storia della Filosofia presso l’Università degli Studi E-Campus di Novedrate. Ho fondato il Centro di Ricerca, Formazione, Consulenza Filosofica di Novara, dal 2012 trasferitosi a Milano.

Dopo dieci anni di esperienza nell’ambito del counseling e delle pratiche filosofiche ho deciso di aprire a Milano, insieme a Marco Gaetani, la mia scuola di counseling: quella di Ricerca Filosofica. La nostra scuola eroga una didattica mista (online e presenziale) per dare la possibilità a tutti (a chi studia, a chi lavora o a chi abita fuori Milano) di arricchire le proprie competenze professionali. Proponiamo corsi di diverso tipo: easy, basic e masterclass in counseling filosofico e offriamo l’opportunità di iscriversi a corsi singoli di filosofia.

Parallelamente a Ricerca Filosofica abbiamo dato inizio all’attività editoriale: Farina Editore, l’unico in Italia a prefiggersi un catalogo di sola filosofia. La filosofia, come avrà potuto intuire, è la mia più grande passione.

La mia Scuola si serve certamente della tecnologia per raggiungere potenziali counselor che - per qualsiasi motivo - non abbiano il tempo per impegnarsi nella frequentazione di un corso tutto presenziale. Offriamo tuttavia una didattica mista: i nostri studenti sono fortemente invitati alle lezioni presenziali, durante le quali si esperiscono tutte le pratiche filosofiche (Socratic dialogue, Caffè filosofico, Philosophy for children). Per queste, a mio parere, si rende necessario l’intervento “umano”.

 

Secondo il filosofo pop del momento, Slavoj Zizek, viviamo tempi alla fine dei tempi. Quella del filosofo sloveno è una riflessione sulla società e sull'economia del terzo millennio ma può essere estesa anche alla tecnologia e alla sua volontà di potenza (il technium di Kevin Kelly nel suo libro Cosa vuole la tecnologia) che stanno trasformando il mondo, l'uomo, la percezione della realtà e l'evoluzione futura del genere umano. La trasformazione in atto obbliga tutti a riflettere sul fenomeno della pervasività e dell'uso diffuso di strumenti tecnologici ma anche sugli effetti della tecnologia. Qual è la sua visione attuale dell'era tecnologica che viviamo e che tipo di riflessione dovrebbe essere fatta, da parte dei filosofi e degli scienziati ma anche delle singole persone?

Nella lunga età di crisi che ci capita di abitare il filosofo ha il dovere di individuare che cosa è andato storto, di concentrare l’attenzione sul processo che ha generato la crisi. Il filosofo, infatti, possiede le competenze adatte a problematizzare situazioni apparentemente innocue, a dubitare delle nostre abitudini più insane. Nell’era tecnologica il suo intervento diventa quindi fondamentale, perché gli uomini, nel giro di pochissimi anni, sembrano avere perso il controllo sulle loro vite, sulle loro priorità, sui loro obiettivi.

La filosofia, quando esercita la nobile arte del sospetto, aiuta a dubitare dei nostri comportamenti più irriflessi, per questo motivo deve diventare accessibile a tutti. Ed è proprio questa idea di filosofia che vogliamo veicolare attraverso i libri di Farina Editore pubblicando saggi su Sartre, Simone de Beauvoir, Camus, Thoreau e offrendo traduzioni nuove, godibili, di autori senza tempo, tra i quali: Epicuro, Seneca, Simone Weil, Pascal…

Da qui la praticità del formato e il prezzo di copertina molto basso (senza naturalmente sacrificare la qualità dei contenuti) perché è importante per noi che questi libri raggiungano un pubblico di lettori sempre più ampio. Vogliamo indurre questo tipo di riflessioni anche nelle “singole persone”, nei “non addetti ai lavori”.

 

Miliardi di persone sono oggi dotate di smartphone usati come protesi tecnologiche, di display magnetici capaci di restringere la visuale dell'occhio umano rendendola falsamente aumentata, di applicazioni in grado di regalare esperienze virtuali e parallele di tipo digitale. In questa realtà ciò che manca è una riflessione su quanto la tecnologia stia cambiando la vita delle persone (High Tech High Touch di Naisbitt) ma soprattutto su quali siano gli effetti e quali possano esserne le conseguenze.  Il primo effetto è che stanno cambiando i concetti stessi con cui analizziamo e cerchiamo di comprendere la realtà. La tecnologia non è più neutrale, sta riscrivendo il mondo intero e il cervello stesso delle persone. Lo sta facendo attraverso il potere dei produttori tecnologici e la tacita complicità degli utenti/consumatori. Come stanno cambiando secondo lei i concetti che usiamo per interagire e comprendere la realtà tecnologica? Ritiene anche lei che la tecnologia non sia più neutrale?

La tecnologia sta certamente riscrivendo il mondo, il nostro modo di osservarlo e di viverlo.

La relazione non è più neutrale perché si è creato un rapporto di dipendenza, una relazione - se vogliamo - disfunzionale tra uomo e tecnologia.

In assenza della tecnologia è diventato difficile anche svolgere le attività più elementari, affrontare le incombenze della vita di tutti i giorni…

 

Secondo il filosofo francese Alain Badiou ciò che interessa il filosofo non è tanto quel che è (chi siamo!) ma quel che viene. Con lo sguardo rivolto alla tecnologia e alla sua evoluzione, quali sono secondo lei i possibili scenari futuri che stanno emergendo e quale immagine del mondo futuro che verrà ci stanno anticipando?

E’ sicuramente importante preoccuparsi di quel che viene, interrogarsi sulle conseguenze dei nostri comportamenti, ma per immaginare il futuro è necessario, a mio parere, essere ben radicati nel presente. E’ nel presente che viviamo e agiamo, sono le decisioni che prendiamo nel presente ad avere effetti sul futuro. E’ quindi necessario interrogarsi sul presente prima ancora che sul futuro, e i filosofi lo fanno da sempre, anche nell’era tecnologica. Se non si interviene sul presente, difficilmente si potranno riscontrare dei cambiamenti nel futuro. Ha senso interrogarsi sui possibili scenari futuri? Certamente, ma io concentrerei l’attenzione su quello presente, come suggerisce Aristippo di Cirene.

 

Secondo alcuni, tecnofobi, tecno-pessimisti e tecno-luddisti, il futuro della tecnologia sarà distopico, dominato dalle macchine, dalla singolarità di Kurzweil (la via di fuga della tecnologia) e da un Matrix nel quale saranno introvabili persino le pillole rosse che hanno permesso a Neo di prendere coscienza della realtà artificiale nella quale era imprigionato. Per altri, tecnofili, tecno-entusiasti e tecno-maniaci, il futuro sarà ricco di opportunità e nuove utopie/etopie. A quali di queste categorie pensa di appartenere e qual è la sua visione del futuro tecnologico che ci aspetta? E se la posizione da assumere fosse semplicemente quelle tecno-critica o tecno-cinica? E se a contare davvero fosse solo una maggiore consapevolezza diffusa nell'utilizzo della tecnologia?

Credo che il problema sia in effetti complesso e penso interroghi principalmente la questione del tempo. L’uomo si dovrebbe rivolgere alla tecnologia nel tentativo di risparmiare tempo, ma spesso la tecnica non si fa dominare in un attimo, quindi esige forse più tempo di quanto ce ne liberi. Comunque non sono pessimista rispetto a questo tema. La vita dell’uomo comune, infatti, è per lo più remotissima rispetto ai trionfi della tecnica.

 

Mentre l'attenzione dei media e dei consumatori è tutta mirata alle meraviglie tecnologiche di prodotti tecnologici diventati protesi operative e cognitive per la nostra interazione con molteplici realtà parallele nelle quali viviamo, sfugge ai più la pervasività della tecnologia, nelle sue componenti nascoste e invisibili. Poca attenzione è dedicata all'uso di soluzioni di Cloud Computing e ancora meno di Big Data nei quali vengono archiviati miliardi di dati personali. In particolare sfugge quasi a tutti che il software sta dominando il mondo e determinando una rivoluzione paragonabile a quella dell'alfabeto, della scrittura, della stampa e di Internet. Questa rivoluzione è sotterranea, continua, invisibile, intelligente, Fatta di componenti software miniaturizzati, agili e leggeri capaci di apprendere, di interagire, di integrarsi e di adattarsi come se fossero neuroni in cerca di nuove sinapsi. Questa rivoluzione sta cambiando le vite di tutti ma anche la loro percezione della realtà, la loro mente e il loro inconscio. Modificati come siamo dalla tecnologia, non ci rendiamo conto di avere indossato delle lenti con cui interpretiamo il mondo e interagiamo con esso. Lei cosa ne pensa?

Il cambiamento è stato repentino. Siamo stati inghiottiti da quegli stessi oggetti che pensavamo potessero facilitare la vita di tutti i giorni. Come scriveva Thoreau “l’uomo ha smesso di guardare il cielo per fermarsi sulla Terra”, l’uomo ha smesso di sognare la propria libertà per lascarsi imprigionare dalle comodità della vita sedentaria.

I filosofi di nuove specie aiutano a fare proprio questo: a fare un passo indietro per capire che cosa è cambiato nel nostro modo di vivere, e di vedere, da quando abbiamo iniziato ad indossare “le nuove lenti”. Il lavoro filosofico è un lavoro su come si vedono le cose e su che cosa si pretende da esse, è un lavoro faticoso ma qualcuno deve pur farlo.

 

Se il software è al comando, chi lo produce e gestisce lo è ancora di più. Questo software, nella forma di applicazioni, è oggi sempre più nelle mani di quelli che Eugeny Morozov chiama i Signori del silicio (la banda dei quattro: Google, Facebook, Amazon e Apple). E' un controllo che pone il problema della privacy e della riservatezza dei dati ma anche quello della complicità conformistica e acritica degli utenti/consumatori nel soddisfare la bulimia del software e di chi lo gestisce. Grazie ai suoi algoritmi e pervasività, il software, ma anche la tecnologia in generale, pone numerosi problemi, tutti interessanti per una una riflessione filosofica ma anche politica e umanistica, quali la libertà individuale (non solo di scelta), la democrazia, l'identità, ecc. (si potrebbe citare a questo proposito La Boetie e il suo testo Il Discorso sulla servitù volontaria). Lei cosa ne pensa?

Pascal diceva che tutti i problemi dell’uomo derivano “dal non sapersene stare tranquillo nella sua stanzetta”. Le nuove tecnologie hanno reso l’uomo ancora più sedentario di quanto già non fosse, e si sa che lo stato di reclusione genera frustrazioni e rende, gli uomini, più propensi a compiere il male. Il benessere garantito dal lusso ci ha reso immobili e indolenti.

La tecnologia ha sicuramente facilitato la propagazione di informazioni, ha accorciato le distanze ed intensificato le comunicazioni, ma allo stesso tempo ci ha reso dipendenti da questo tipo di comodità, comodità cui non possiamo rinunciare, ma che non abbiamo la forza di conquistare con le nostre gambe.

 

Una delle studiose più attente al fenomeno della tecnologia è Sherry Turkle. Nei suoi libri Insieme ma soli e nell'ultimo La conversazione necessaria, la Turkle ha analizzato il fenomeno dei social network arrivando alla conclusione che, avendo sacrificato la conversazione umana alle tecnologie digitali,  il dialogo stia perdendo la sua forza e si stia perdendo la capacità di sopportare solitudine e inquietudini ma anche di concentrarsi, riflettere e operare per il proprio benessere psichico e cognitivo. Lei come guarda al fenomeno dei social network e alle pratiche, anche compulsive, che in essi si manifestano? Cosa stiamo perdendo  guadagnando da una interazione umana e con la realtà sempre più mediata da dispositivi tecnologici?

Non posso che essere d’accordo con le considerazioni di Sherry Turkle. Il dialogo sta perdendo forza perché la tecnologia ha creato distanze enormi tra le persone.

Spesso dimentichiamo il valore inestimabile del dialogo, della conversazione e del confronto. Stiamo perdendo il confronto con opinioni sempre diverse da quella corrente, la capacità critica di interrogarci sulla realtà, quindi la possibilità di sovvertire categorie diventate troppo rigide per quello che vorremmo inserirvi.

Il dialogo è l’essenza del discorso filosofico, della “parola che cura”. Le parole scritte su un display non potranno mai sortire gli stessi effetti della parola filosofica.

Il counselor filosofico è il professionista della relazione d’aiuto perché ascolta le parole del proprio cliente e, a partire da queste, formula le domande giuste, quelle capaci di indurre, nel suo cliente, ripensamenti. Il dialogo è uno strumento importantissimo per chi vuole introdurre nuove prassi nelle scuole, nelle aziende, ecc.; per questo motivo, come dicevo rispondendo alla prima domanda, nelle pratiche filosofiche si rende assolutamente necessaria la componente umana.

 

In un libro di Finn Brunton e Helen Nissenbaum, Offuscamento. Manuale di difesa della privacy e della protesta, si descrivono le tecniche che potrebbero essere usate per ingannare, offuscare e rendere inoffensivi gli algoritmi di cui è disseminata la nostra vita online. Il libro propone alcuni semplici comportamenti che potrebbero permettere di difendere i propri spazi di libertà dall'invadenza della tecnologia. Secondo lei è possibile difendersi e come si potrebbe farlo?

E’ possibile difendersi una volta che si è definito il problema, quando si riesce ad individuare da che cosa ci si deve difendere. Questo può permetterlo soltanto una riflessione adeguata… Ancora una volta è il compito di un filosofo di nuova specie.

 

Vuole aggiungere altro per i lettori di SoloTablet, ad esempio qualche suggerimento di lettura? Vuole suggerire dei temi che potrebbero essere approfonditi in attività future? Cosa suggerisce per condividere e far conoscere l'iniziativa nella quale anche lei è stato/a coinvolto/a?

Assolutamente. Insieme a Marco Gaetani abbiamo investito le energie anche nell’attività editoriale proprio per rendere fruibili autori che, nonostante siano passati secoli, rispondono efficacemente alle domande che l’uomo ancora si pone nel 2017.

L’attualità di Epicuro, per esempio, risiede nei contenuti stessi della sua filosofia: una filosofia del corpo “dalla postura orgogliosamente antimetafisica”, una vera e propria pratica esistenziale che indica come sia possibile allontanarsi dalle ansie, dai timori e dai cattivi pensieri, come dalle acque pericolose dei desideri irrealizzabili, afferrando il vero piacere, quello che allontana dalla sofferenza e consente di vivere del necessario, liberi dai falsi bisogni, capaci di affrontare la sorte, felici di ciò che abbiamo e siamo. Seneca, invece, intende la filosofia come una prassi trasformativa: la filosofia pensa la vita e la informa sul da farsi, regalando all’uomo frammenti intensi di pura felicità.

Cosa pensa del nostro progetto SoloTablet? Ci piacerebbe avere dei suggerimenti per migliorarlo!

Un’ottima idea e un’ottima iniziativa.

Continuate così! E in bocca al lupo!

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