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Depressioni reattive, in uno scenario preoccupante

Depressioni reattive, in uno scenario preoccupante

03 Maggio 2022 Pandemia e salute
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Con l’avvento della tecnologia nelle comunicazioni e nelle relazioni umane, siamo caduti in un grande tranello, ovvero pensare che, comunicare in istantaneo con chiunque e in ogni parte del mondo a costo zero, non avesse un costo psichico ed emotivo.

Una intervista di Carlo Mazzucchelli con Laura Casarotti, Mental Trainer. Psicologa e Psicoterapeuta. 


DISAGIO PSICHICO
Viviamo dentro una crisi sistemica fatta di tante crisi che si susseguono. Abituati da anni alla narrazione tecnologica di realtà dominate da logiche binarie, computazionali, edonistiche e gratificanti, abbiamo perso la capacità di riflettere sulla realtà, quella fuori di noi e quella dentro di noi. Ci ritroviamo così spiazzati dalla capacità dei sistemi complessi che abitiamo di sorprenderci con le loro emergenze e le interrelazioni che le tengono insieme.
La sorpresa è tanto più grande quanto maggiore è la difficoltà cognitiva a leggere gli eventi e i fatti, la mancanza di strumenti, anche intellettuali, per interpretarli e la incapacità a riflettere criticamente sulla realtà e su sé stessi. La forza della realtà è tale da generare disagio, ansia, inquietudine, rassegnazione, paura del futuro e la sensazione di inadeguatezza nell’affrontare le crisi del momento. Di tutto questo ne parliamo con psicologi, psicoterapeuti e psichiatri con l’obiettivo di fornire e condividere informazioni, suggerimenti, strumenti e riflessioni.

Due anni di pandemia e ora una guerra dentro l’Europa, il rischio di bruciare energie psichiche (burnout) è per molti italiani una realtà. Il ritorno alla normalità si allontana, aumentano stress emotivo, ansia e inquietudine. Le persone si sentono più insicure, instabili, impotenti facendo acuire il disagio psichico e la sofferenza psicologica. Il rischio è un sovraccarico di stress proprio in un momento nel quale si iniziava a sperimentare sentimenti di fiducia e speranza per il futuro. Lei cosa ne pensa? Quanto è veritiera questa istantanea dell’Italia e quali sono gli effetti sulla psiche degli italiani, sul loro equilibrio mentale e psicologico e sulle loro capacità di vivere quella che per alcuni filosofi è un vivere alla fine dei tempi? 

Sono molto più realista o pessimista di lei Carlo, perché credo che il processo che ci ha portato a questo sia iniziato molto prima della Pandemia. Vede, con l’avvento della tecnologia nelle comunicazioni e nelle relazioni umane, siamo caduti in un grande tranello, ovvero pensare che, comunicare in istantaneo con chiunque e in ogni parte del mondo a costo zero, non avesse un costo psichico ed emotivo.

Perdoni il gioco di costi.. io credo, dall’ osservatorio in cui mi trovo ogni giorno, che la grande beffa  sia stata  la relazione virtuale che, illudendoci di farci sentire sempre  in compagnia , lentamente ci ha resi sempre più soli con i nostri rituali dello scorrere le notizie sugli smartphone. Tutto questo ha creato il terreno su cui il Virus, nella sua variante psicologica (l’isolamento ) ha attecchito e si è rinforzato. Eravamo già sofferenti e il blocco di ogni forma di contatto vero ed autentico ci ha stroncati. Poi sa, l’ italiano, per nostra fortuna lo siamo, non si dimentica del godimento della vita.. fa a botte con il fine mese ma, alla pizza in compagnia o alla vacanza cerca di non rinunciare, piccoli piaceri che rendono la realtà un po’ più dolce.

Ecco che in questi due anni ci è stato negato lo zucchero e la pillola non è più andata giù a meno che non fosse quella di un ansiolitico o di un antidepressivo..  

 

In pochi giorni siamo passati da media (tradizionali e non) occupati in pianta stabile da virologi e infettivologi alla presenza costante di esperti di geopolitica e generali. La pandemia è stata anche infodemia, continua a esserlo con la guerra in corso. L’eccessiva esposizione ai media ha fatto aumentare il malessere, amplificato dalla difficoltà ad avere accesso a informazioni qualificate e “di verità”, a pensieri non conformistici utili per una rielaborazione e riflessione individuale. Ne è derivata una maggiore difficoltà a esercitare resilienza e capacità adattativa che sempre, nelle situazioni di crisi (stress) hanno permesso il superamento di crisi gravi.  Quali sono secondo lei gli effetti della informazione e della comunicazione mediale corrente nell’amplificare il disagio psichico delle persone? Cosa bisognerebbe fare? Può essere sufficiente abbandonare le piattaforme socia, spegnere la TV o staccare la spina? 

Le piattaforme social sono come un fornitissimo supermercato alimentare cui approdiamo quando vogliamo nutrirci bene per mantenerci in buona salute senza rinunciare al piacere di un buon cibo. Se voglio mantenermi in una buona “dieta” alla latina, devo fare una scelta rispetto a quello che metto nel carrello. Se metto cibo spazzatura o del quale non conosco la provenienza e non faccio un’attenta selezione,  il mio detox non funzionerà. La mente è parte integrante del sistema organismo uomo e come il corpo fisico, deve essere nutrita bene altrimenti si intossicherà. Non essendoci, a mio parere, un’educazione al social e alle sue notizie, ci troviamo ad “ ingurgitare di tutto, “ cibo “ buono e cibo spazzatura. Se poi, le notizie negative e allarmanti sono, come in questi ultimi tre anni, il nostro cibo mentale ed emotivo quotidiano,  il gioco è fatto, intasiamo  il nostro sistema di riequilibrio naturale e soffriamo. 

Forse le dovrei spiegare che cosa studia la PNEI, acronimo per PsicoNeuroEndocrinoImmunologia che seguo da quando è comparsa nel panorama medico dell’integrazione tra le branche mediche affini. È una disciplina che si occupa delle profonde interazioni tra sistema nervoso, sistema endocrino e immunitario, questi tre sistemi sono talmente interconnessi che uno squilibrio in uno può condizionare gli altri. Ecco che, tornando all’ informazione, continuando a visualizzare e ascoltare notizie vere o presunte tali, il nostro cervello attiva in reazione, una serie di operazioni biochimiche e fa funzionare quasi esclusivamente il Sistema Nervoso Simpatico, per capirci quello che attivava il nostro antenato Neandertal quando si accorgeva di essere inseguito da una belva e doveva fuggire per sopravvivere! Quello stesso stato di allerta, lo viviamo leggendo solo notizie negative comodamente seduti sul divano di casa, con cascate di neurotrasmettitori come il cortisolo o l’adrenalina che ci stancano come se fossimo scampati ad un grande pericolo che non è reale. Capisce che tutto questo è assurdo..?.Il consiglio che mi sento di dare è di fare educazione all’informazione, spiegare alle persone di usare il proprio pensiero e di informarsi presso fonti ( poche) ritenute affidabili ,e come intendevano nostri antenati con la locuzione “Cum grano salis” . 

 

La crisi sanitaria e ora quella della guerra hanno fatto dimenticare a molti la crisi finanziaria ed economica del 2008 che non è mai terminata. La crisi economica ha fatto aumentare povertà, disuguaglianze, assenza di lavoro e precarietà, soprattutto ha fatto aumentare incertezza e ansia per il futuro. Molti dei protagonisti di questa crisi si sono adeguati in proprio ricorrendo ad ansiolitici e farmaci antidepressivi vari. Il loro consumo negli ultimi due anni è dato in costante aumento. Lei conferma questo (ab)uso di farmaci e quali possono essere gli effetti sulle persone che ne fanno uso? Quali alternative e percorsi psicoterapeutici suggerirebbe? 

Avendo lavorato per oltre 12 anni in una Psichiatria Ospedaliera ed occupandomi delle psicoterapie non solo di persone con le patologie mentali più severe ma anche della popolazione generale, in un’ ottica di collaborazione continua e reciproca con i medici psichiatri, posso dire che i farmaci cui lei si riferisce sono per lo più ansiolitici e antidepressivi , ovvero molecole che agiscono su circuiti che, per i motivi di cui abbiamo finora trattato ( bombardamento mediatico di notizie negative e isolamento forzato dei vari lockdown) sono andati in tilt. Impallandosi i sistemi, quelli nervosi, così delicati, non sono riusciti più a produrre endorfine, calmanti naturali o la serotonina che ci mantiene il tono dell’umore buono.

Le persone che io vedo sono persone che fino al pre-pandemia hanno retto la vita con un equilibrio poi o meno stabile. Oggi, crisi economica, lo spettro di questa guerra, il lavoro precario e i vari problemi con cui facciamo i conti ogni giorno hanno intaccato la capacità di Coping ovvero di far fronte e trovare soluzioni alle difficoltà, con la conseguenza che sempre più soffriamo sempre più di disturbi da Attacchi di Panico,  e di sempre più frequenti Depressioni reattive, in uno scenario preoccupante per noi operatori della salute mentale. In tale situazione ecco che i farmaci pur non facendo miracoli, possono aiutare, ci forniscono una stampella temporanea sempre che siano prescritti  dal proprio medico di medicina generale o da un professionista del settore. Mi piacciono le metafore Carlo come avrà già capito .. e le faccio imaginare noi sulla nostra barca a vela in mezzo alla tempesta, tutti noi dobbiamo pensare che stiamo uscendo dalla tempesta e che per ora dobbiamo condurre la barca in porto al sicuro. Dico a me stessa spesso e ai miei pazienti cari sempre “ pensiamo a portare a casa la pelle stasera e siamo bravi già così “.

Come ? Beh non solo affidandoci a professionisti seri ( quelli seri non promettono miracoli o salvezze istantanee )ma facendo un detox non solo dalle notizie ma anche dalle persone portatrici di emozioni e pensieri negativi. Rivolgiamoci quando possiamo alla medicina  più potente che abbiamo a disposizione gratuitamente, la Natura che cura. Pensi che Ippocrate , 2400 anni fa teorizzava il giardino che cura, poi ripreso in epoca medievale, prescriveva ai suoi pazienti di passare del tempo vicino ad un albero diverso in funzione dell’umore da curare. Fate una prova, se avete il coraggio, in un giorno pesante trovate un giardinetto, un albero, sedetevi o appoggiatevi un quarto d’ora vicino ad esso… l’ossigeno che respirerete vi  aiuterà a capire come sarebbe semplice stare meglio anche se, per un periodo limitato prendete l’ansiolitico. Fermatevi perché oggi , come ho letto su un post intelligente, chi non si ferma e’ perduto.  

 

Nella situazione attuale probabilmente nessuno è in grado di fornire consigli adeguati alla problematicità e criticità del vissuto individuale e personale. Forse neppure filosofi e psicologi. Eppure un tentativo va fatto perché è necessario lavorare per una maggiore conoscenza (diversa da informazione) e consapevolezza, con l’obiettivo di alimentare la speranza così come la resilienza e la capacità di reazione ad eventi e situazioni sempre più drammatici. Può darsi che parlare di felicità sia diventato complicato ma immaginare che il futuro, sempre imprevedibile, possa essere migliore è un primo passo per essere forse più felici. Quali suggerimenti si sente di dare a persone che hanno perso la capacità a sperare, a immaginare futuri diversi, a elaborare pensieri positivi e ad agire per concretizzarli? 

Sulla capacità di sperare che è andata persa ma solo apparentemente, mi viene in mente un film fantastico di quando ero bambina, “La storia infinita” credo lo ricordi anche lei. Racconta del Nulla che avanza, che ci mangia, che inghiotte tutto, elimina e cancella noi e le nostre vite. Questo implacabile “ annientatore”  ha bisogno però del nostro aiuto, la parola magica di attivazione per lui è tristezza e disperazione. Non mi dilungo ma vi esorto a riguardarlo quel film, era il 1984 e già si vedevano i semi di quello che sarebbe accaduto 40 anni dopo ..ora ci siamo e dobbiamo a tutti i costi, lo dico fortemente e assumendomene la responsabilità, cacciare la disperazione, coltivare la speranza e non lasciarci travolgere e trascinare dalle sabbie mobili della tristezza. Lo dobbiamo fare per noi e per i nostri ragazzi, loro hanno bisogno del nostro aiuto. Dobbiamo raccontare loro la bellezza che abbiamo vissuto e che deve essere possibile anche per loro. Dobbiamo immaginare futuri diversi e belli. Usare spudoratamente e senza vergogna la capacità immaginativa , insegniamo ad immaginare di nuovo., la magia dell’immaginazione. Basterebbe che non facessimo come hanno fatto con noi i grandi dicendoci “ ora sei grande e non puoi più fare le magie perché quelle non sono la realtà. Le dico questo non solo perché sono una romantica analista  innamorata di Gustav Jung ma, perché le nuove frontiere nelle neuro scienze insieme agli studi di fisica quantistica (seria) ci aprono scenari in cui noi possiamo immaginare e creare realtà migliori con le tecniche di neuro programmazione mentale, le ipnosi, le visualizzazioni in stato di trans ipnotica. E proprio oggi vedo un video del Prof . Morelli che dice a gran voce questo:  “Tu vuoi star bene ? 

Incomincia a dirti ogni giorno che c’è altro , che c’è altro che non vedi, 

che c’è altro che non sai, che c’è altro che fa cose che non sono quelle che tu ritieni importanti. 

Ci sono tanti altri mondi dentro di te oltre a quello che vedi tu,  tanti altri mondi. 

Se ne vedi uno solo ti AMMALI.”

Se non è immaginazione e speranza questa..  

 

Le crisi in atto hanno colpito tutti ma in particolare i più giovani. Lo sono di più anche perché, abituati a relazioni senza corpo, hanno finito per essere più soli, isolati e impediti in relazioni incarnate che alla loro età dovrebbero essere la norma. Oggi assistiamo all’aumento di sintomi depressivi, devianze comportamentali, disturbi del comportamento alimentare e di ansia, delle dipendenze, dei fenomeni di microcriminalità (baby gang e non solo). Molti giovani hanno provato e, alcuni, sono riusciti a mettere in campo misure adeguate a reagire e trovare nuovi equilibri esistenziali. Molti però sono ormai da tempo alla ricerca di una qualche forma di assistenza e di aiuto, in particolare coloro che questo aiuto non possono averlo dalle loro famiglie. Ora il disagio psicologico vissuto nel periodo della pandemia rischia di esplodere perché la guerra è un evento impensabile e incommensurabile per i più. Tale da renderli ancor più vulnerabili. Cosa è possibile fare secondo lei per i più giovani? Quanto può servire la reintroduzione del bonus psicologico?  

Purtroppo, lo dico anche questa volta, lei ha ragione. Gli adolescenti oggi sono i più fragili e manifestano disturbi depressivi e comportamentali di tipo diverso e  importante. Sono tutte grida di aiuto. Ci raccontano che vivono senza sentirsi vivi, ecco le condotte autolesioniste, non capiscono che senso ha studiare, impegnarsi se il mondo che vedono è un concentrato di egoismo, solitudine e incomprensione. Questo mondo non lo vogliono e hanno ragione. Non si sentono più e si percepiscono distanti dagli amici e dalle famiglie. E noi dobbiamo aiutarli. Dobbiamo aiutarli a Ri/relazionarsi con gli altri umani veri. Dobbiamo dis/abituarli all’uso massiccio ed esclusivo dei telefonini. Dobbiamo parlarci, anche se abbiamo da fare o siamo preoccupati, anche se è scocciante e loro si annoiano o forse anche noi. Dobbiamo parlare anche se è frustrante, dobbiamo entrare in quella bolla di Nulla nel quale sono confinati, senza giudizi duri ma comprendendo. Il lavoro “ sporco” lo devono fare i grandi non solo mandando i figli dallo psicologo ma, facentosi due o tre domande e magari andandoci loro, dallo psicologo.  

Per quanto riguarda l’introduzione del Bonus Psicologo, credo sia apprezzabile l’intento di un Governo che riconosce il problema ma, è una goccia nell’oceano.  Troppo poco purtroppo. Se pensa che anche nei Servizi di salute Mentale, come in ogni altro reparto della Sanità Pubblica, il dramma è rappresentato dalle risorse umane limitate e insufficienti a garantire un servizio di pubblica importanza come quello della cura della salute fisica e psichica cittadino. Nel panorama della crisi sociale post pandemia trovo sempre più importante l’istituzione della figura dello psicologo di base che, affiancando il medico di medicina generale, si può occupare dell’assistenza psicologica primaria. In alcune regioni ci sono sperimentazioni che stanno attivando tali figure. Mi auguro presto e in numero sufficiente a garantire un servizio.  

 

La pandemia, ora la guerra, sta provocando conseguenze serie sulla psiche di molte persone. Secondo l’OMS è a rischio la nostra salute mentale. Una esagerazione o una verità? Un rischio per tutti o solo per alcune categorie di persone e di popolazione? L’esposizione alla imprevedibilità degli eventi genera un’ansia percepita reale che interessa il Sé, l’inconscio e può trasformarsi in patologia generando paura, incertezza e voglia di fuga da ogni tipo di rischio o pericolo. Una fuga che impedisce di rafforzare la capacità a resistere, forse necessaria per le prossime crisi già in formazione. La guerra alle porte dell’Europa ha accelerato e approfondito il sentimento di disagio anche perché tutti temono l’impatto economico della guerra. Se dopo due crisi dovesse manifestarsi la crisi economica la situazione potrebbe diventare esplosiva. Quali sono secondo lei i sentimenti prevalenti nelle persone che ricorrono a lei per trovare risposte al loro disagio? 

Credo che l’OMS non esageri, pensi a tal proposito che gli ordini professionali dei medici e degli psicologi organizzano seminari e approfondimenti sull’ allarme suicidi nel nostro paese come nel resto del mondo. Credo che, se ci guardassimo  allo specchio e confrontassimo la nostra immagine con quella di noi stessi nel 2019, vedremmo tutti un altro viso, un’espressione stanca ed invecchiata. La stanchezza e la mancanza di energia sono le costanti con cui dobbiamo far i conti, accettarle perché reazioni sane e fisiologiche a più di due anni di allarme e allerta  e superarle con pazienza e costanza. Le categorie più colpite sono professionalmente i sanitari che manifestano livelli di burnout fuori scala e umanamente, gli anziani e i giovani ma, non farei classifiche. Siamo stati tutti provati e privati dell’ amore, la paura in cui abbiamo vissuto ha neutralizzato la fonte più potente di energia che abbiamo che rimane sempre l’amore. Riprendiamocelo, quello per noi stessi e per le persone che ci circondano. Aiutiamo con un sorriso e una parola l’anziano che vediamo al supermercato, salutiamolo e sorridiamogli. Cambieremo la sua giornata ma, anche la nostra.  

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Per concludere ci può raccontare qualcosa di lei, di come e dove opera professionalmente e delle sue attività psicoterapeutiche? A chi si rivolge principalmente e con quali proposte? Qual è l’orientamento psicologico a cui fa riferimento e quali soluzioni/approcci si sente di promuovere?  

Io faccio la psicoterapeuta da quasi 20 anni. Ho imparato a farla in un reparto di Psichiatria dell’ospedale principale della mia città, sono stata fortunata perché le persone che ho conosciuto e cercato di aiutare ( in veste di pazienti ) alla fine hanno aiutato molto di più me ( in veste di curante) a capire della vita umana e delle  sofferenze psichiche. Ho avuto bravi maestri che mi hanno insegnato a non giudicare e a non fare la classifica dei dolori più gravi dicendomi che alla fine “ ognuno piange con i propri occhi.”

Oggi svolgo  la libera professione a Verona e a Milano. Ho studiato psicologia a Padova e mi sono specializzata in psicoterapia Analitico Transazionale, l’approccio del fondatore dell’A.T. Eric Berne mi ha colpito perché pur essendo un orientamento dinamico, figlio delle psicoanalisi dell’ inconscio per intenderci, usa un linguaggio molto semplice ed efficace. Poi, negli anni, come in tutte le professioni, l’esperienza che fai e le tue psicoterapie personali, ti fanno virare verso altri strumenti di lavoro che senti più congeniali e pertanto ho imparato ad usare l’ipnosi come strumento utile per accedere a parti di noi meno consultabili con la sola parte razionale. Da qualche tempo seguo gli studi e le tecniche di riprogrammazione mentale che, a parte la parola enfatizzante, non sono altro che metodi per potenziare convinzioni e credenze positive ed efficaci su di noi. Questo funziona soprattutto nell’ambito dell’empowerment ( in ambito lavorativo ) di cui mi occupo come trainer.

Tratto le principali difficoltà psicologiche in cui incorriamo noi umani e il mio lavoro è, come viene descritto da un grande terapeuta, Aldo Carotenuto, quello di un “apprendista stregone” che, con tutti gli strumenti della relazione terapeutica, accompagna il proprio cliente all’unico obiettivo possibile, la realizzazione della migliore versione di se’ stesso. Riuscire ad essere se’ stessi, liberi il più possibile da dipendenze, paure, sintomi psicosomatici ed essere anche sereni credo sia la mia unica mission. 

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