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Fra 100 anni, la gentilezza che sarà
Se fosse disponibile una hit parade delle domande più pronunciate nel mondo, forse la regina sarebbe il “come stai?”. Come stai, due parole capaci di divenire “jazzisticamente” saluto, domanda, vascello che collega un “io” ad un “tu”, manifestazione di interesse, “metodo” per arrivare rapidamente alla sostanza di una conversazione e tanto altro. Si apre qui il mio “cinema interiore”, quella pellicola di immagini, parole, sensazioni che prendono vita dentro di me ogni volta che mi viene posta questa domanda.
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Effetto “Cielo in una stanza”, ovvero le relazioni asimmetriche
Ormai è trascorso quasi un anno, da quando ci siamo ritrovati immersi maggiormente in una "realtà virtuale", o comunque prevalentemente virtuale. E la tecnologia ci ha consentito di vivere esperienze che solo pochi anni fa forse, nessuno di noi avrebbe scelto di vivere. Sempre da un anno, sistematicamente ci accompagna un brusio di fondo che dichiara un rimpianto per quando ci potevamo incontrare di persona. A qualunque titolo, al lavoro, nelle riunioni, negli appuntamenti professionali, poi anche in quelli ludici. Un continuo, a volte interminabile flusso di lamentela. Da qualche parte parente di quelle lamentele che andavano in onda prima dei noti accaduti, per gli spostamenti per andare al lavoro, metro e treni affollati, traffico, colleghi che arrivano nella stanza o parlano a voce troppo alta interrompendoti, riunioni disfunzionali…
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Il tempo della lamentela, il tempo della libertà di scelta e della generosità
Un’antica favola africana racconta del giorno in cui scoppiò un grande incendio nella foresta. Tutti gli animali abbandonarono le loro tane e scapparono spaventati. Mentre fuggiva veloce come un lampo, il leone vide un colibrì che stava volando nella direzione opposta. “Dove credi di andare? – chiese il Re della Foresta. – C’è un incendio, dobbiamo scappare!” Il colibrì rispose: “Vado al lago, per raccogliere acqua nel becco da buttare sull’incendio”. Il leone sbotto: “Sei impazzito? Non crederai di poter spegnere un incendio gigante con quattro gocce d’acqua!?” Al che, il colibrì concluse: “Io faccio la mia parte”.
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La fisiognomica, questa sconosciuta: come rimanere gentilmente umani
Questa estate mi è capitato di riflettere su questa parola, fisiognomica, sul suo significato. Ecco la definizione della Treccani “Fisiognomica (o fisiognomonica, fisiognomonia). - Il nome greco di ϕυσιογνωμονία (riconoscimento, interpretazione della natura") fu per la prima volta usato da Aristotele per designare la scienza che deduceva i caratteri spirituali degl'individui dal loro aspetto corporeo, e particolarmente dai tratti del loro volto. Di qui l'origine di una lunga tradizione di scritti (tra i quali possono essere ricordati come più notevoli i Physiognomische Fragmente di J. K. Lavater, del 1775-78, e la Psychische Anthropologie di G. E. Schulze, del 1819) che mirò ad approfondire tali ricerche, in servizio della filosofia morale e in genere della precettistica pratica. Il fine conoscitivo della fisiognomica venne invece a invertirsi quando essa si orientò non più verso la deduzione dell'interno dall'esterno, dei caratteri morali da quelli somatici, bensì verso l'opposta determinazione dei caratteri esteriori che dovessero corrispondere a date passioni o atteggiamenti spirituali: ne nacque la teoria dell'"espressione" come elemento della tecnica delle arti figurative. Ma con ciò venne anche cadendo in disuso l'antico nome della scienza, che finì per trasferirsi - mediante il trapasso di "fisiognomonia" in "fisionomia" - a quella realtà che ne era stata l'oggetto principale.”
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La disconferma, questa sconosciuta
Il termine disconferma è usato e maggiormente conosciuto nel mondo della formazione. Ma che cos’è la disconferma? Consideriamo che ogni persona si confronta con i propri interlocutori con il desiderio di trovare condivisione su quanto oggetto dello scambio relazionale, oltre che con l’aspettativa che quanto sta portando sia accettato, confermato, in particolare relativamente al ruolo che la persona ha in nell’interazione. La ricerca di conferma è un fatto sostanziale nella vita di ogni persona. E la conferma arriva con un cenno, che sia questo un sorriso, uno sguardo approvante, una stretta di mano, una comunicazione verbale di apprezzamento. Ogni soggetto esprime in qualche maniera il bisogno di essere confermato, di vedere confermate le proprie qualità, le proprie capacità, le proprie attitudini, le proprie azioni, le proprie comunicazioni. E come ciascuno manifesta la sua aspettativa di conferma, può a sua volta confermare o non confermare quella degli altri.
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La comunicazione digitale ha bisogno di empatia, non solo di strategia.
Segnaliamo un libro di Sara Malaguti, esperta di marketing e comunicazione digitale. L'autrice prende spunto dalla gentilezza e dall’empatia per spiegare i concetti chiave della comunicazione online, con uno stile semplice, diretto e ricco di esempi.
Si trova in Tecnobibliografia