La dimostrazione non sembra però funzionare. Ne è testimonianza la diffusione del negazionismo sulla crisi climatica in atto da tempo. Dati, informazioni, conoscenze, studi scientifici, approfondimenti, ecc. sono disponibili a tutti per acquisire la conoscenza che serve alla comprensione di fenomeni che chiamano in causa ognuno di noi, come esseri umani prima ancora che come individui e persone. A differenza della ChatGPT che ha accesso a miliardi di dati raccolti, organizzati e preparati dai suoi sacerdoti per aiutarla nella sua attività, i dati e le informazioni a nostra disposizione richiedono da parte nostra uno sforzo, la fatica di andarle a cercare, di leggerle e valutarle, di formulare un pensiero critico utile alla loro comprensione. Tante attività non facili, considerando quanto le informazioni che ci servono siano sommerse dentro narrazioni tendenzialmente manipolatorie, portatrici di disinformazione o semplicemente malinformazione. Su tutto poi agisce in modo malefico anche la nostra misinformazione.
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Dovremmo dismettere gli occhiali che solitamente usiamo, abbandonare i quadri mentali dentro cui incaselliamo la realtà, guardare oltre e in modo diverso, ma soprattutto fermarci un attimo a sentirci, e ascoltarci. In modo da comprendere la crisi che stiamo vivendo, l’urgenza di un cambiamento radicale nel nostro modo di pensare e di agire. Il primo cambiamento, il più urgente, ci chiede di cogliere la crisi cognitiva all’origine dell’imbecillità crescente dovuta all’ignoranza, al cinismo e all’opinionismo di moda. Ci impone di correggere i difetti della nostra intelligenza in modo da poterla curare, coltivare e nutrire così come stiamo facendo allegramente con l’intelligenza artificiale. Che dei suoi difetti poco si cura e in generale se la ride perché gli umani postmoderni non li sanno cogliere!
Coltivare l’intelligenza comporta la capacità di pensare criticamente e fare delle scelte, si traduce in comprensione della realtà, degli altri e del mondo, in (tecno)consapevolezza e in responsabilità. Consapevolezza e responsabilità sono ciò che serve oggi anche per affrontare l’innalzamento della temperatura all’origine della crisi climatica in corso. Ci vuole consapevolezza per non cadere nella trappola delle numerose narrazioni negazioniste in corso, per resistere all’intelligenza malata delle molte attività di green-washing in azione, per non partecipare a un copione scritto da altri che ci vuole semplici comparse, mai protagonisti di scenografie e sceneggiature che vanno cambiate. Per cambiarle bisogna saltare giù dal palcoscenico, prima di atterrare meglio già avere in mente cosa si deve fare. Il cosa riguarda la capacità di ritrovare una postura umana, umanista, generosa nei confronti di tutti gli esseri viventi della terra, non solo umani o animali. È una scelta in parte egoistica, di pura sopravvivenza, ma in realtà di importanza capitale per la nostra futura esistenza, in particolare per quella delle nuove generazioni, le più penalizzate per colpa di ciò che le generazioni precedenti hanno combinato nei cinquanta anni precedenti.
Molti, e io mi metto tra questi, stanno percependo che qualcosa sta cambiando, in profondità. Il mutamento in atto può essere percepito oscuramente, con inquietudine o semplicemente rimosso. Si può guardare al mutamento emergente con speranza o con impotenza. Nel frattempo la vita di molti scorre dentro una quotidianità banale e ripetitiva nella quale continuare ad agire come se niente fosse. Probabilmente è sempre stato così. Mentre scoppiava la rivoluzione francese le persone indaffarate nel fare compere e divertirsi per le strade di Parigi erano probabilmente più numerose dei sanculotti, mentre migliaia di giovani decidevano di salire in montagna per fare i partigiani rischiando la vita, milioni di persone continuavano a fare quello che avevano sempre fatto, lamentarsi senza agire, mentre molti ragazzi della generazione Zeta si attivano per richiamare l’attenzione degli adulti sulla crisi climatica, i più continuano a coltivare abitudini, comportamenti e pensieri che nulla hanno a che vedere con consapevolezza e responsabilità, forse neppure umanità.
Vivendo a Milano ho potuto vedere con i miei occhi i danni causati dal temporale da supercella che ha colpito la città. Fortunatamente avvenuto di notte, evitando vittime umane. Fortunate non sono state le piante, cadute a centinaia nei posti più iconici e belli di Milano. Belli perché c’erano le piante e che ora, senza piante, belli lo saranno un po’ meno. Impossibile non rimanere colpiti da fenomeni come questo che si ripetono ormai continuamente e ovunque. Mi ha però colpito di più la reazione negazionista di molti. Una reazione che evidenzia una rinuncia a volere conoscere e capire, a voler approfondire e agire, ma soprattutto tanta imbecillità. Imbecilli lo siamo tutti, almeno un po’, ma quando gli imbecilli sono moltitudini viene da pensare che prima della crisi climatica ci sia oggi da affrontare una crisi più grande e profonda, quella cognitiva.
Dentro questa crisi ci siamo tutti. Tutti dovremmo guardarci allo specchio in modo da dirci ad alta voce che abbiamo bisogno di apprendere, di imparare, di capire di avere torto, di dover recuperare la fiducia, anche negli altri, anche se per noi sono degli imbecilli, evitando che naufraghi ogni forma di relazionalità. Necessaria perché siamo tutti inestricabilmente legati. Siamo tutti dentro legami di interdipendenza fragili e indistruttibili che ci ricordano come ognuno di noi nasce e dipende dalle interazioni con gli altri, che non esiste alcun Io ma solo un Noi. Per questo alla consapevolezza e alla responsabilità bisogna aggiungere la solidarietà, anche nei confronti di persone i cui comportamenti sono percepiti come frutto di imbecillità. Spesso semplice frutto di sofferenza!