TECNOCONSAPEVOLEZZA /

MEMORIA UMANA E DOCUMANITA’ 🍒🍒

MEMORIA UMANA E DOCUMANITA’ 🍒🍒

08 Gennaio 2022 Redazione SoloTablet
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Dentro una pandemia che non molla può capitare, se non si lavora, di annoiarsi. Chi ha tempo e può farlo può passare il tempo a leggere. Il noir e il romanzo di fantascienza possono essere perfetti per la notte, i testi di letteratura per ogni ora del giorno (leggere l’Ulisse di Joyce a letto potrebbe solo accelerare il sonno), e poi ci sono le letture dettate dalla curiosità e dagli interessi personali. Nel mio caso la tecnologia! Una curiosità che mi ha portato a leggere di questi tempi Documanità di Maurizio Ferraris e poi a ricercare testi nei quali trovare un contradditorio a quanto sostenuto dal filosofo del realismo e della documentalità tecnologica. Trovato in un articolo di Limes scritto dal neuroscienziato Antonino Cattaneo.

Due letture diverse che mi hanno suggerito il testo attuale della mia newsletter improntata alla tecnoconsapevolezza e sulla quale mi piacerebbe avere un confronto con i lettori. 

Il filosofo sostiene da tempo una visione del futuro come radicale cambiamento rispetto al passato per la capacità che ci è data di registrare (documentare) ogni cosa. Grazie alla tecnologia digitale, una registrazione è oggi alla base di ogni comunicazione e interazione, tutto ciò che è registrato diventa sociale. Anche perché più che parlare, oggi scriviamo, più che telefonare, chattiamo e messaggiamo. Tutto questo sta determinando l’emergere di una nuova umanità, una documanità, il risultato di una evoluzione di uomini documentali che attraverso la tecnica hanno sempre lasciato tracce di sé, come Homo faber prima ancora che come Homo sapiens. 

L’automazione ci sta permettendo di non essere più semplici appendici della tecnologia ma suoi destinatari, fornendoci l’opportunità di meglio realizzarci come umani. Anche attraverso la registrazione di ciò che siamo da parte di macchine, algoritmi e intelligenze artificiali con le quali ci interfacciamo sul web. Grazie alle innumerevoli meraviglie tecnologiche, secondo Ferraris, siamo diventati sempre più protagonisti, le macchine semplici esecutrici, seppure autonome. 

Da protagonisti produciamo valore attraverso il web, un valore che viene registrato e ci viene ritornato in forma di servizi a cui ci viene dato accesso in forma di Big Data, motori di ricerca, automazione dei processi, personalizzazioni, consumo/commercio, mobilità, delivery, ecc. Le macchine sarebbero cioè schiavi moderni e potenti che ci hanno reso padroni della tecnica. E quelli che pensano al contrario sono moralisti incapaci di cambiare il loro sguardo sul mondo. E qui il filosofo si prende il rischio del suo ottimismo criticando i molti farisei in circolazione che vedono nella tecnologia attuale l’espressione di un neoliberismo fondato sul potere dispotico della tecnica. 

Da lettore di Ferraris evito di entrare nel merito di molte delle sue interpretazioni che peraltro condivido e i cui libri invito a leggere. Mi limito a riflettere su due punti. 

Sul primo non mi soffermo ma riguarda il tema delle forme che le nuove tecnologie hanno assunto. Forme allestite attraverso quelli che Francesco Varanini descrive come codici segreti, pensati, implementati e gestiti da “potenze straniere” che si sono arrogate il diritto di siliconizzare il mondo e di imporre la loro interpretazione tecnocratica dello stesso. Affermare la bontà della tecnologia senza riflettere sulla sua origine finisce per inficiare l’impostazione del filosofo realista e forse anche il suo realismo. 

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Il secondo punto invece è più intrigante ed è collegato alla memoria che per Ferraris è diventata un enorme archivio documentale e per gli umani è la loro conoscenza, alla base di ogni vissuto. Ogni nostra azione ma anche pensiero, parola ed emozione, è legata alla capacità di immagazzinare le proprie esperienze e poi di ricordarle. E qui c’è secondo la riflessione da fare. 

Interpretando (spero correttamente) ciò che dice Ferraris, se tutto è registrato, archiviato, documentato, per ricordare è sufficiente usare un adeguato motore di ricerca e sapere cosa cercare. Ma il nostro cervello non è un hard disk in cloud computing, è una tavoletta di cera (il riferimento è al Teeteto di Platone) sulla quale si lasciano delle tracce che poi si (ri)leggono. Le tracce mnestiche che registriamo nel cervello sono alla base della teoria degli engrammi che vede i neuroni attivarsi quando si forma una memoria per poi rimanere latenti fino a quando non vengano riattivati da stimoli (ricerche?) adeguate. Sui dispositivi tecnici avviene la stessa cosa. Ogni traccia è registrata attivando bit e byte sparpagliati (da un algoritmo) su un hard disk e tutti collegati (sempre da algoritmi) come una sequenza distribuita di neuroni, pronti anch’essi a passare da uno stato latente a uno attivo (magari personalizzato da un algoritmo) a fronte di nuovi stimoli e sollecitazioni (ricerche?). 

Mentre però i bit & byte sono entità fisse e cristallizzate, gli engrammi, le tracce memorizzate nel cervello, non lo sono. Sono dinamici, labili e vulnerabili, per di più non sono macchinicamente controllati(bili) e gestiti(bili). Cattaneo ci racconta infatti che “richiamare alla memoria è un nuovo apprendimento, una nuova esperienza, ogni memoria richiamata alla mente è una nuova memoria.” A indicare che quanto è registrato nella nostra memoria non è una registrazione fisica come lo è quella di un documento sul Cloud frutto della nostra ‘mobilitazione’ online. La nostra memoria opera cioè in modo costruttivo, generativo, adattativo ed evolutivo, che poi è un po' anche la capacità del linguaggio, che forse proprio alla memoria è collegato. Cosa che le macchine non sanno fare. O almeno ci provano e quando ci riusciranno saremo tutti anche noi memorizzati dentro un Metaverso che sarà esperienza e memoria insieme, unica esistenza ma transumana, non più umana, saremo anche noi semplici dati archiviati e documentati e accessibili digitalmente. 

Essendo su Internet dagli anni 80 e frequentando tutti gli ambiti innovativi della tecnologia contribuisco da tempo alla documentalità e alla documanità di cui parla Ferraris. Continuo però a pensare che ci sia una differenza sostanziale tra una macchina e un umano. Ad esempio nel funzionamento del cervello umano, diverso e non assimilabile a un sistema operativo, neppure se dotato di IA. Un cervello frutto di una evoluzione di migliaia di anni che gli ha permesso di costruirsi le mappe mentali con cui navighiamo la realtà, compresa quella virtuale. Una navigazione che è sempre ricostruttiva e che nasce dalla ricombinazione di elementi diversi, dipendenti dal contesto, dall’ambiente e dalle relazioni, dalla combinazione di spazi fisici e spazi mentali, tempi fisici e tempi mentali. 

Ora se volete provate a fare Google Search! Troverete questo testo ma non i miei veri pensieri e ricordi di una vita!

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