Tecnologia, mon amour

01 Marzo 2016 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchelli  Tecnologia, mon amour è pubblicati nella collana Technovisions di Delos Digital

Nuove generazioni e adattamenti evolutivi

Mentre i professori sono impegnati nella difesa della loro idea di scuola, gli studenti sono già pronti per affrontare le loro vacanze in modo spensierato e sempre in compagnia del loro amato smartphone. I primi sono spesso Baby Boomers che non riescono a rassegnarsi al mondo che cambia, i secondi sono impegnati ogni giorno in uno sforzo di adattamento continuo in un mondo che vivono alla giornata. Entrambi, insegnanti e studenti, Baby Boomers e Millennial si devono confrontare con le novità tecnologiche e le evoluzioni adattative da esse generate e indotte. 

Baby Boomers e Millennial, convergenze e divergenze!

Alla fine di ogni anno scolastico i media si riempiono di commenti e di riflessioni di esperti e giornalisti sugli esiti scolastici di generazioni di nativi digitali e in particolare di Millennial (i nati tra il 1980 e l’anno 2000) di cui sembrano conoscere e avere capito tutto.

Se chi scrive è un Baby Boomers la riflessione cade immediatamente sulla percepita rassegnazione e scarsa volontà a lottare per un futuro diverso e migliore di quello in cui si trovano a vivere. Esattamente quello che i Baby Boomers ritengono di avere fatto quando, anche loro giovani, pensando che fosse giusto chiedere l’impossibile, si impegnarono in politica e socialmente per cambiare le cose collettivamente. Tutto l’opposto di quanto una generazione tutta centrata su se stessa, narcisista e incurante di ogni passione politica, sembra oggi desiderare o intenzionata a fare.

A nulla servono gli inviti dei Baby Boomers ad appassionarsi a qualcosa, a essere sinceri con se stessi e a impegnarsi per salvare il mondo. I Millennial non sembrano disposti e forse neppure hanno la capacità di ascoltare. Anche se si trovano a muoversi in una realtà fatta di precariato e mancanza di lavoro, i loro sforzi sono orientati verso il raggiungimento del successo personale e della carriera professionale, spesso perseguito in solitudine, e senza preoccuparsi di acquisire conoscenze più profonde capaci di plasmare il loro modo di pensare, il loro carattere e personalità e il loro modo di interagire con il mondo.

Più che essere interessati a esplorare gli interrogativi che sempre accompagnano le nuove generazione nella ricerca di senso e di significato, le nuove generazioni sembrano avere perso la curiosità ma anche la volontà di rischiare. Questo raccontano numerosi studiosi, psicologi e sociologi, ma anche insegnanti e docenti che si sono confrontati con le nuove generazioni e con esse hanno cercato di costruire un confronto, reso complicato dalla mancanza di un linguaggio comune e condiviso.

Nulla di particolare se si pensa che in ogni epoca storica tutte le generazioni più anziane hanno guardato a quelle nuove, come incapaci di salvaguardare quanto da loro fatto, derivandone una visione pessimistica sul declino incipiente per colpa di giovani senza nerbo, senza valori e troppo narcisi o stupidi. E’ di questi giorni la dichiarazione di Umberto Eco sull’uso dei social network da parte di schiere di imbecilli. Il riferimento è a tutta a popolazione di Internet ma è evidente il riferimento specifico alle generazioni di nativi digitali che più di altri hanno trasformato il Web in spazio di vita, mezzo, strumento e destinazione. L’imbecillità, sembra suggerire il semiologo italiano, porta a un’accettazione passiva della realtà, all’incapacità di esprimere qualsiasi forma di ribellione, al conformismo e alla compiacenza con un mondo sociale, culturale e politico plasmato dalla tecnologia e dai suoi prodotti e icone.

L’accusa coglie i tratti comportamentali delle nuove generazioni ma suona come ingiusta. Molti giovani Millennial non hanno oggi alcun potere per controllare e gestire la loro realtà, soprattutto quella lavorativa, diventata per loro terreno scivoloso fatto di tanta precarietà, incertezza del futuro e difficoltà.

Nella realtà i Millenial sono impegnati, come le generazioni che li hanno preceduti, a cercare di combinare insieme e in modo positivo le loro aspirazioni con i loro desideri. Lo fanno individualmente e senza impegnarsi in attività politiche o istituzionali. Il fatto che si siano allontanati dalla politica (chi non lo ha fatto?) perché schifati delle classi dirigenti espresse dalle generazioni che le hanno precedute, non significa che non siano impegnati a cambiare in meglio il mondo. Lo fanno anche loro, perseguendo le loro priorità e seguendo i loro valori o principi, che non devono necessariamente essere quelli dei Baby Boomers.

Invece di scegliere il conflitto con i loro genitori e gli adulti, i Millennial sembrano preferire, forse per convenienza, egoismo, tolleranza, praticità e sano pragmatismo, l’amicizia e il rapporto non conflittuale. I genitori, ribelli per definizione, essendo Baby Boomers o Generazione X, si trovano spiazzati. Dopo aver vissuto la loro adolescenza e gioventù a confliggere con adulti che li accusavano per essere ribelli, oggi si trovano nella situazione di suggerire loro la ribellione ai loro figli e nipoti. Forse la prima volta che succede dopo secoli di storia generazionale.

La dura realtà del mercato del lavoro

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Nella realtà, la generazione dei Millennial deve confrontarsi con la durezza del mondo del lavoro, dei processi e dei meccanismi che dominano il mercato della domanda e dell’offerta. I ragazzi della generazione Millenial non vivono per il lavoro ma sono costretti a lavorare per vivere. Un posto di lavoro, seppure precario e instabile, fornisce  loro il reddito necessario per fare quello che vogliono fare, anche se spesso non quello che desiderano. La ricerca di un posto di lavoro e di un reddito avviene in un contesto complicato e difficile, molto diverso da quello sperimentato dai Baby Boomers quando erano giovani. I lavori a tempo indeterminato richiedono ormai lunghe maratone di interviste, esami e test per emergere da una competizione che coinvolge migliaia di coetanei. La competizione è tale anche per posizioni lavorative normali come tecnico da laboratorio, infermiera o impiegato di concetto in un’amministrazione pubblica. E’ una competizione che nasce dalla necessità di assicurarsi un reddito prima ancora che un’opportunità di carriera professionale.

I Millenial sono diventati molto più consapevoli della loro necessità di portare a casa del denaro. Non perseguono l’obiettivo come i loro padri che cercavano nel denaro l’indipendenza, la libertà e l’autonomia economica ma come urgenza per soddisfare i loro bisogni primari, spesso legati alla tecnologia, alla comunità di amici o tribù di appartenenza, alla possibilità di divertirsi. Più che narcisi incalliti, egoisti e senza passioni, i Millennial sembrano solo molto preoccupati dell’assenza di lavoro (a febbraio 2016 la rilevazione Istat indica nel 39% la disoccupazione giovanile in Italia) e, quando lo trovano, di un lavoro retribuito e con stipendi in grado di crescere.

Millennial e istituzioni

Nella società diventata liquida e oggi anche gassosa, i giovani Millennial devono fare i conti, in questo in compagnia anche dei Baby Boomers, di una realtà nella quale le grandi istituzioni, pubbliche e private, hanno perso molto del loro significato e della loro importanza storica. Sono diventate anch’esse molto instabili, per non dire evanescenti e non sono più percepite come capaci di sostenere gli individui nell’affrontare le sfide del mercato e di un’economia che sembra ormai dominata da forze incontrollabili globali che poco si curano degli interessi dei singoli stati e dei loro cittadini. L’evanescenza di queste realtà istituzionali è tale che i Millennial non si oppongono ma neppure ne fanno parte per dare un loro contributo.

Il mondo che i Millenial abitano è quello del capitalismo nella fase attuale di evoluzione della tecnologia, di globalizzazione, di finanziarizzazione dell’economia, do precarizzazione del lavoro, di crisi, di disuguaglianza, e di ingiustizia sociale. Globalizzazione e tecnologia sono due forze che si manifestano come dirompenti e capaci di stravolgere in poco tempo credenze e realtà consolidate che si pensava fossero eterne. La società dell’informazione e la pervasività delle tecnologie non ha permesso soltanto ai Millennial di essere tutti dotati di uno smartphone e di comunicare ed essere connessi tra di loro.

Grazie alla rivoluzione delle tecnologie dell’informazione è cambiato il panorama industriale, economico, culturale, politico e sociale, sono cambiati i confini geografici, sono emerse prepotentemente nuove realtà politiche ed economiche e si sono affermate nuove tendenze che stanno ridisegnando la realtà e l’immaginazione delle nuove generazioni. E’ con queste tendenze e forze emergenti che i giovani nativi digitali e i Millennial si confrontano. Lo fanno senza ideologie particolari o teorizzazioni e con molto pragmatismo, spesso dettato dalla necessità e dalla frustrazione. Il mondo è cambiato e i giovani lo sanno o almeno lo percepiscono. Il cambiamento è percepito anche dagli immigrati digitali ma la loro percezione, e successiva valutazione, è condizionata dalla loro esperienza personale costruitasi in un periodo storico meno instabile e fluido di quello attuale, meno globalizzato e maggiormente ideologizzato.

Se questa è la situazione, l’errore da evitare è di pensare che le riflessioni dei giovani su loro stessi e sulla loro realtà siano oggi meno importanti e pregnanti di quanto non lo fossero quelle dei Baby Boomers quando avevano gli stessi anni dei Millennial di oggi. E’ completamente cambiato il contesto, sono diversi gli strumenti cognitivi e intellettuali usati, sono diversi gli eroi a cui fare riferimento (può dispiacere il passaggio da Che Guevara a Mark Zuckerberg, ma è così che va il mondo…). Di diverso c’è solo l’approccio, meno articolato e filosofico, più concreto e pragmatico. Un approccio finalizzato a combinare l’urgenza in cui vivono per il lavoro, il reddito, la libertà con una vita fatta di benessere e divertimento.

Influenze generazionali e grandi eventi storici

I teorici della teoria delle generazioni suggeriscono che le nuove generazioni possono cambiare rispetto a quelle precedenti in modo più o meno radicale in risposta a eventi importanti o in maniera ciclica. Sul cambiamento influiscono le generazioni precedenti ma anche le rivoluzioni storiche. Ogni generazione assume delle caratteristiche sue proprie, determinate dal contesto in cui si trovano a vivere, dalle reazioni alle generazioni precedenti e da eventi storici particolari. Le nuove generazioni assomigliano più ai tempi che si trovano a vivere che ai loro progenitori. Contesti simili producono storicamente generazioni simili ma eventi diversi, più o meno traumatici, possono determinare risultati diversi.

I Millenial di oggi si devono confrontare con la generazione dei Baby Boomers e con la Generazione X, cinica, nomade e ancora alla ricerca di una sua identità definitiva, che li hanno preceduti ma soprattutto con i grandi eventi che stanno caratterizzando la loro vita. Questi eventi sono tecnologici (pervasività di Internet, social network e dispositivi mobili), economici (precarietà del lavoro, crisi finanziaria del 2008, globalizzazione), politici (attacco alle due torri di New York, terrorismo e stravolgimenti geopolitici, ruolo dei paesi asiatici), e sociali (coppie di fatto, multiculturalismo, ecc.).

Il paradigma tecnologico

Il vero evento storico che sembra avere caratterizzato la generazione Millennial è quello tecnologico. La rivoluzione tecnologica avvenuta negli ultimi dieci anni ha definito un panorama completamente diverso da quello sperimentato dalle generazioni precedenti. I Millennial stanno vivendo nell’era dell’accesso, della mobilità, delle interfacce tattili e degli irresistibili schermi, del social networking, delle tecnologie indossabili e della Internet degli oggetti. La loro esperienza con la tecnologia è sempre stata diretta e coinvolgente, anche grazie a genitori che hanno regalato loro e continuano a regalare loro gadget tecnologici e prodotti di ultima generazione.

Immersi nella tecnologia e spaventati per gli scenari non favorevoli che si presentano loro, i Millennial sono poco preoccupati del tema della privacy e non si sentono ingaggiabili in una battaglia contro le istituzioni o le multinazionali che la violano. La loro prospettiva sta nel sapersi adattare, convivendo per forza maggiore con i loro genitori e confrontandosi ogni giorno con un mercato del lavoro avverso e paludoso. La crisi attuale porta a uno scetticismo di fondo nei confronti delle generazioni precedenti e dei loro valori. Ne deriva una lontananza dalla politica ma anche dalle istituzioni, dalle celebrità e dalle marche (meglio non farsi fuorviare dalle reazioni dei consumatori nei confronti di marche come Apple). Ciò non significa che i Millennial siano lontani dalla Politica (Movimento 5 stelle e Podemos docet) e che abbiano rinunciato, anche loro, a cambiare il mondo. Lo faranno e lo stanno facendo a modo loro, adattandosi alla nuova realtà e contribuendo con le loro scelte, memi, comportamenti e decisioni a dare forma al nuovo che sta emergendo. L’intenzione è sicuramente quella di ottenere il meglio, prima di tutto per se stessi e poi per gli altri. Nel farlo compiranno errori e mancheranno obiettivi, esattamente come è successo alle generazioni che li hanno preceduti. Ad aiutarli nel giungere a scenari positivi c’è la loro capacità di adattamento alle nuove realtà emergenti e la loro dimestichezza con le nuove tecnologie. Due punti di forza che possono fare la differenza! 

 

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