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🌑🌒 Si sta male dentro e non si solidarizza più
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Molte realtà che frequentiamo sono come dei caterpillar, capaci di condizionare, forse anche di distruggere, la nostra vita emozionale e farci stare male dentro. La responsabilità non è degli strumenti che usiamo ma il modo con cui ci siamo ibridati con loro, subendoli e servendoli o semplicemente usandoli in modo poco consapevole e acritico.
Frequentando i mondi tecnologici abbiamo declinato i nostri tempi a un continuo presente che ci suggerisce di non occuparsi più del passato e di non farlo neppure per il futuro. E' una scelta che evidenzia la scomparsa della speranza e la paura crescente a guardarsi dentro. Meglio lasciarsi andare all'evento, all'attimo fuggente di un MiPiace, al momento illusorio del tempo reale, meglio farsi coinvolgere in comunicazioni e scambi digitali che permettono di non preoccuparsi di cosa si sta comunicando o scambiando e del suo significato.
Evitiamo così di entrare in dialogo con noi stessi, di riflettere su quello che abbiamo fatto e anche su quello che abbiamo intenzione di fare o abbiamo già fatto. Il risultato è che si sta male dentro e non si pratica una delle potenziali soluzioni per stare meglio: la solidarietà.
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Il senso dei pesci per la vita
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Condivido alcune parti del mio ebook I PESCI SIAMO NOI pubblicato a inizio 2017. Nel testo il mondo digitale dei social network e della Rete sono paragonati a un grande acquario mondo nel quale pesci di ogni forma, colore e dimensione nuotano felici e contenti, nonché ignari della loro sorte e dell’ambiente circostante, del cibo che viene loro offerto e del perché si trovino ad esistere nella forma di pesce.
I pesci-utenti non sono fatti per vivere rinchiusi ma l’abitudine a esserlo li ha cambiati dentro, facendo perdere loro la nozione di dove si trovano e condizionando la loro percezione di felicità e libertà. Esattamente quello che è capitato agli esseri umani che popolavano metaforicamente la caverna naturale descritta da Platone, frequentano le nuove caverne degli spazi architettonici dei centri commerciali e abitano la società dei romanzi Caverna e Cecità del grande scrittore portoghese Saramago .
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Con la tecnoconsapevolezza possiamo recuperare la libertà
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Tiscali News ha sentito Carlo Mazzucchelli autore del libro "Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta"
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Quanto siamo tecnoconsapevoli? La ricerca di senso nell’era digitale
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Viviamo dentro un acquario-mondo trasparente, con pareti di vetro, ma resistenti come quelle di una gabbia: estesa e globale, è un panottico senza torre di guardia, sostituita da sistemi e algoritmi d’intermediazione tecnologica che determinano connessioni e relazioni, emozioni e affetti, ambiti individuali e sociali, lavorativi e professionali. Abitiamo questa gabbia con leggerezza, abbiamo introiettato il pensiero binario che la caratterizza, impedendoci di avere consapevolezza di ciò che ci sta accadendo e privandoci della nostra libertà di scelta. Per recuperarla basterebbe evadere. Serve però uno sforzo critico, riflessivo, creativo, declinabile in (tecno) consapevolezza.
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Fidarsi o non fidarsi questo è il problema
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La rapida evoluzione delle intelligenze artificiali pone numerosi problemi di natura etica. Molti si stanno interrogando su quanta fiducia possiamo dare a macchine, algoritmi e robot, quanta libertà possiamo dare loro nel raccogliere dati e informazioni, analizzarle e piegarle a interessi privati, in che modo possiamo intervenire per impedire che i pregiudizi di coloro che implementano le nuove tecnologie possano creare macchine e automatismi imposti dagli effetti negativi, discriminatori e indesiderati.
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HABEAS DATA
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In un’era nella quale il corpo è diventato digitale e virtuale più che l’HABEAS CORPUS forse sarebbe meglio richiedere a gran voce un HABEAS DATA. Una richiesta rivolta ai potenti e potentati di turno (i Signori del Silicio e i padroni delle Piattaforme?) per immunizzarsi dal potere. Una nuova Magna Carta per cui forse varrebbe la pena di lottare se non si vuole subire l’innovazione e la volontà di potenza della tecnologia nella sua fase attuale della sua evoluzione. Un modo per rimanere umani e non soggiacere ai comandi e al potere delle macchine.
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La tecnologia ha sequestrato la capacità umana di intuire gli stati d'animo del prossimo. Poi offre il suo soccorso! (Ivo Quartiroli )
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Il dibattito sugli aspetti non prettamente tecnologici dalla rete si concentrano prevalentemente sulla privacy o sui temi comunicativi e sociali. Queste sono importanti aree di riflessione, ma ciò che spesso manca è l'attenzione verso gli aspetti psicologici, antropologici e direi anche spirituali, nel senso di evoluzione/involuzione della consapevolezza e delle qualità che ci rendono umani. A dirlo è Ivo Quartiroli in una intervista concessa a SoloTablet ricca di spunti, di riflessioni utili alla elaborazione di pensiero critico e alla comprensione del presente tecnologico in cui siamo tutti coinvolti, immersi e in qualche modo imprigionati.
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Filosofia e tecnologia
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Bisogna avere cura dei linguaggi che stanno subendo un degrado qualitativo impressionante ( Renato Pilutti)
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Oggi certamente la pervasività e la velocità del cambiamento tecnologico ha un impatto fortissimo sulla coesione sociale, sull’occupazione e sulla prevedibilità dei fenomeni socio-economici. Il fatto che lo stesso Bill Gates, dopo essere stato uno dei protagonisti (forse il principale) della rivoluzione digitale, oggi raccomandi quasi un rallentamento dell’innovazione, dell’introduzione di sempre nuove app nel sistema, la dice lunga… anche su un certo senso di colpa? In realtà, l’uomo non può smettere di essere analogico, di utilizzare le facoltà speculative sue proprie, la logica argomentativa, direi, di stampo classico, quella che usano anche le nonne con la terza elementare.
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Filosofia e tecnologia
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Filosofia due punto zero, rapporti umani e tecnologia ( Maria Giovanna Farina)
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Noi, che non siamo nativi digitali, abbiamo il compito di trasmettere le esperienze pre-digitali come prezioso patrimonio, impedendo alle nuove generazioni digitalizzate di affidarsi ai media in modo esclusivo e pervasivo. Se lo smartphone diventa un prolungamento della mia mano, se i miei occhi non guardano in autonomia ma sono indirizzati da un aggeggio tecnologico, io baratto la mia umanità per una maggiore comodità.
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Filosofia e tecnologia
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Tecnologia: servono antropologi della modernità e un presidio etico! (Silvia Marigonda)
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Se quasi due miliardi di persone sono iscritte a Facebook, io non posso “non voler saperne niente”, perché significherebbe che volutamente sono avulsa dal contesto di due miliardi di persone. Se la società civile, e persino la più tradizionale politica, sempre più comunica attraverso Twitter, o se le HR cercano candidati via Linkedin, io non posso rifiutare a priori questi sistemi, perché rischio di auto-emarginarmi oppure di venire un giorno travolta da un processo di digitalizzazione che a mio parere è inevitabile.
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Filosofia e tecnologia