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Quanto siamo tecnoconsapevoli? La ricerca di senso nell’era digitale

Quanto siamo tecnoconsapevoli? La ricerca di senso nell’era digitale

25 Aprile 2021 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Viviamo dentro un acquario-mondo trasparente, con pareti di vetro, ma resistenti come quelle di una gabbia: estesa e globale, è un panottico senza torre di guardia, sostituita da sistemi e algoritmi d’intermediazione tecnologica che determinano connessioni e relazioni, emozioni e affetti, ambiti individuali e sociali, lavorativi e professionali. Abitiamo questa gabbia con leggerezza, abbiamo introiettato il pensiero binario che la caratterizza, impedendoci di avere consapevolezza di ciò che ci sta accadendo e privandoci della nostra libertà di scelta. Per recuperarla basterebbe evadere. Serve però uno sforzo critico, riflessivo, creativo, declinabile in (tecno) consapevolezza.

Un mio articolo sulla Tecnoconsapevolezza pubblicato sulla rivista Persone e conoscenze edita da ESTE.


Dopo una lunga stagione esistenzialmente interessante, stiamo vivendo tempi di crisi, non solo sanitarie. La (ap)percezione diffusa è negativa, preoccupata, tipicamente esistenziale, e l’epidemia non è che l’ultimo sintomo. Nasce dalla crisi delle grandi narrazioni del Novecento, dal processo regressivo di un’epoca fissata sul presente continuo, sulla rimozione della memoria e dalla perdita di fiducia verso il futuro. È una percezione dettata da numerose disillusioni, sperimentate nel tentativo di dare un senso alle cose, contribuendo a cambiarne il verso, forse senza mai riuscirci.

La realtà percepita è caratterizzata da inquietudine, fragilità e incertezza, da paure ansiogene e precarietà reali, da brutalità del linguaggio, smarrimento psichico e cognitivo. La sensazione è di vivere dentro una stagione che anticipa grandi crisi, fatte di trasformazioni profonde, imprevedibili e incontrollabili, ma anche risultato di
tanta stupidità massificata e superficialità ostentata nell’affrontare le nuove realtà in formazione emergenti.

A questa percezione negativa ci si può arrendere. In alternativa si può partire da essa, e dalle passioni tristi che genera, per combattere il narcisismo e nichilismo diffusi, il (tecno)cinismo dilagante, nel tentativo di contrastare il conformismo al ribasso di moltitudini di individui, per osare, pensare, interrogarsi criticamente, porsi delle domande, sperimentare ancora una volta il viaggio di perlustrazione esistenziale verso destinazioni ignote e, per questo, ancora desiderate.

Il viaggio è da fare in compagnia di altri, con l’obiettivo di provare a pensare diverso: ritrovando la capacità di costruirsi ognuno una propria storia, nella quale sentirsi protagonisti; prendendo le distanze da narrazioni predominanti che descrivono acriticamente le vite tecnologiche attuali come felicitarie e imprescindibili; immaginando vie di fuga e scenari alternativi; penetrando criticamente, con una mente irrequieta e curiosa, all’interno delle cose, alla ricerca di senso. Per farlo bisogna superare la cortina fumogena, digitale e mediale, che nasconde la realtà creando misinformazione. Svanita la nebbia sarebbe possibile vedere più chiaramente il mondo reale, decodificarne i meccanismi e le regole, comprendere meglio quali scelte fare, per sé e per gli altri.

La realtà che ci raccontiamo

Siamo sommersi da narrazioni riduzionistiche che descrivono la realtà in modo uniforme, atomizzato,

Il messaggio è seduttivo, mira all’universo interiore di persone fragili e disorientate, diventate facilmente manipolabili e influenzabili semplificato e astratto, nei vari ambiti nei quali ci troviamo a operare e a esistere. Le piattaforme tecnologiche sono il fulcro di uno storytelling felicitario teso a manipolare il modo con cui le persone percepiscono se stesse e la realtà. Uno storytelling persistente che alimenta la retorica e la commercializzazione di concetti quali cambiamento, sviluppo e successo personali, auto-determinazione, benessere e redenzione individuali. Il messaggio è seduttivo, mira all’universo interiore di persone fragili e disorientate, diventate facilmente manipolabili e influenzabili. È originato da influencer, coach, leader motivazionali, guru e para-guru, esperti di media sociali, tutto centrato sul protagonismo e le abilità personali, sul tempo presente, sulla creatività, sullo spirito di iniziativa individuale.

La realtà raccontata che nasce dalle piattaforme social difetta di attenzione alla socialità, è poco attenta alle cose del mondo, alle loro contraddizioni, economiche, politiche e sociali. Il distacco è ricercato ma non riesce a nascondere gli effetti di una realtà tecnologica che alimenta disturbi psichici, ansie e depressioni portando all’abuso di farmaci e al distacco sociale. Disturbi che nascono da problemi reali quali precarietà lavorativa e flessibilità permanente, disuguaglianze e ingiustizie sociali, incertezza di futuro, instabilità, solitudine e senso di impotenza, impossibilità di cambiare il proprio destino esistenziale. Ne deriva una fuga nella irrealtà della realtà virtuale, alla ricerca di placebo e ansiolitici vari, che non produce alcun benessere reale e non elimina i disturbi dai quali la fuga è stata originata. Il tutto all’interno di una crisi sanitaria che non fa che aumentare la criticità della situazione.

In questa realtà raccontata mancano elementi determinanti quali la complessità delle relazioni umane, la socialità e l’azione collettiva, la solidarietà e il sostegno reciproco, la responsabilità, la generosità, l’importanza del pensiero critico e di quello negativo.

...per completare la lettura

 

Di TECNOCONSAPEVOLEZZA ho parlato nel mio libro Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta

 

 

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