Il libro di Carlo Mazzucchelli 100 libri per una lettura critica della tecnologia è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital
Crepet Paolo - Baciami senza rete
Scheda libro
Titolo intero: Baciami senza rete - Buone ragioni per sottrarsi alla seduzione digitale
Titolo originale: Baciami senza rete
Genere: Scienze sociali
Listino: 18,50
Editore: Mondadori
Collana: Strade Blu
Pagine: 172
Data uscita: 06/09/2016
Valutazione ***
Commento
L'invito del titolo suggerisce un approccio tecnofobo ma il testo non lo è. Crepet riconosce alla tecnologia il ruolo di motore dell'innovazione e di essere stata protagonista di una straordinaria rivoluzione. Spegnere la rete o lo smartphone per un bacio significa semplicemente fare un uso della tecnologia dettato dal buon senso. Una scelta che dovrebbe essere fatta spesso per evitare l'effetto anestetico dell'affettività e della sfera emotiva a cui può portare una tecnologia vissuta come fine e non come mezzo. Il testo può risultare utile in particolare a genitori con figli piccoli il cui sguardo è già incollato al display di un dispositivo invece di essere puntato, anche con il loro aiuto, verso il cielo.
Autore
Paolo Crepet, è psichiatra e sociologo. Nato a Torino nel 1951, ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Padova, operato come Medico Ricercatore in un Ospedale psichiatrico di Arezzo ed ha perfezionato i suoi studi in psichiatria a Aarhus, Londra, Oxford e Nottingham, Mannheim, Ginevra, Praga, Chandigar, New Dehli e Agra. Nel 1980 ha conseguito la Laurea in Sociologia presso l’Università di Urbino, si è poi specializzato in Psichiatria presso la Clinica Psichiatrica dell'Università di Padova ed ha ricoperto e ricopre cariche importanti nel mondo della ricerca ed applicazione delle cure psichiatriche in Italia ed in Europa. Si occupa a fondo dei problemi giovanili, di suicidio, di disoccupazione e di disagio sociale. Affianca all'attività professionale di Psichiatra, di Ricercatore e di Docente, l'attività di Editorialista e Scrittore, collaborando con "Specchio", “La Stampa” e “Anna”. È autore di numerosi saggi, che dal 1981 vanta più di 15 titoli, fra i quali ricordiamo: "Le dimensioni del vuoto. I giovani e il suicidio" (1993), "Cuori violenti. Viaggio nella criminalità giovanile" (1995), "Solitudini. Memorie d'assenza" (1997), Crepet si è dedicato alla narrativa vera e propria con “Solitudini. Memorie d’assenze” (1997, “I giorni dell’ira. Storie di matricidi” (1998) scritto con G. de Cataldo, “Naufragi. Storie di confine” (1999), “La ragione dei sentimenti” (2002), "Dannati e leggeri" (2004).
"Questo libro nasce da una scritta vista su un muro di Roma: SPEGNETE FACEBOOK E BACIATEVI. Fantastica sintesi di un pensiero non conformista, un'idea appesa come una cornice in mezzo al fumo degli scappamenti, una finestra abusiva, una sfida all'arrancare quotidiano di milioni di formiche, tra casa e ufficio, tra palestra e centri commerciali, obbligate a connettersi e a essere connesse senza requie, senza pensiero, senza dubbio. Una protesta probabilmente vana, sommersa dalla forzata consapevolezza di poter comunicare solo attraverso la lettura di uno schermo o lo scorrere di parole scarne o di immagini che uno strumento tecnologico può e deve trasmettere senza soluzione di continuità."
Il crepuscolo delle macchine
Come hanno fatto molti altri, anche lo psichiatra Paolo Crepet si confronta con il mondo digitale e una realtà sociale caratterizzata da interazioni e scambi sempre più mediati tecnologicamente da applicazioni, chat, social network e dispositivi mobili. L'analisi fornita è tecnoscettica e tecnocritica. Mai nostalgica di un passato pre-tecnologico ma appassionata e libera da pregiudizi. È un'analisi che nasce dall'osservazione di quanto siamo tutti coinvolti dalla tecnologia e dalla percezione che sia sempre più alto il rischio di esserne sedotti, sopraffatti e usati. È un rischio che corrono tutti ma in particolare le nuove generazioni che dalla tecnologia sembrano essere rapiti e condizionati nella continua ricerca dell'affermazione di se stessi, sia nella vita privata sia in quella pubblica e sociale.
Preso atto della pervasività della tecnologia trasformatasi in normalità esistenziale, Crepet rivolge la sua attenzione a tutti gli ambiti nei quali oggi essa viene usata, compresa la politica con le sue pratiche demenziali nell'uso di strumenti tecnologici che riducono la comunicazione in cinguettii. La sua attenzione va però principalmente alle nuove generazioni. Si interroga su cosa possa diventare la vita da adulti di ragazzi che hanno praticato una comunicazione quasi esclusivamente attraverso un dispositivo tecnologico, su cosa ne sarà della loro abilità nell'utilizzare e sviluppare il loro apparato sensoriale e su quali cambiamenti interverranno nel loro modo di vivere i sentimenti, le relazioni sociali e nella loro capacità empatica.
Gli interrogativi dell'autore sono anche quelli di inseganti, genitori e adulti preoccupati che i giovani comunichino sempre meno o lo facciano grazie al muro delle facce di Zuckerberg. Uno degli effetti più deleteri è che non si scrive più (una tesi contraria a quella sostenuta da Maurizio Ferraris), non si legge più, non si parla più e si dialoga sempre meno. Altro effetto è l'abbassamento della creatività che tende a scomparire nelle sue varie forme di espressione dentro semplici APP proposte da altri che hanno trasformato l'esistenza in un grande gioco virtuale nel quale viene meno la responsabilità ma anche la capacità creativa.
Pur non essendo stato scritto con toni apocalittici e come un atto di accusa verso la tecnologia, il libro contiene giudizi taglienti sulla realtà tecnologica in molte delle sue espressioni umane sulle quali la virtualità del mondo digitale sta generando comportamenti, modi di pensare e situazioni suggerisce una riflessione critica puntuale e urgente. Ad esempio cosa sta succedendo ai rapporti affettivi e alle esperienze amorose in contesti virtualizzati dai quali è esclusa la corporeità reale e concreta, lo sguardo degli occhi e la comunicazione non verbale del corpo? Che effetti può avere il qui e ora della comunicazione digitale, spesso praticata per celebrare il proprio narcisismo e solipsismo, rispetto a una comunicazione umana che richiede tempo, compromessi, pazienza e fatica?
Una proposizione tecnologica che mira a semplificare la vita rischia di generare un disastro. Nulla nella vita delle persone è semplice. La quotidianità dei gesti e delle esperienze umane è fatta di sopportazione e complicazioni, meno di promesse e soluzioni già pronte. La soluzione non è di staccare la spina e ritornare ad una vita senza tecnologia ma di ridimensionarne l'uso e il ruolo da essa assunto nella vita di tutti i giorni. Se non si è in grado di farlo basta fra prevalere il buon senso e praticare l'arte della riflessione critica per prendere consapevolezza di quanto la tecnologia incida nella vita individuale, sociale e lavorativa e dei suoi effetti collaterali. Questa riflessione Crepet la suggerisce a tutti ma in particolare ai genitori dei nativi digitali. A loro si rivolge nell'ultimo capitolo del libro con la perorazione ad accendere i riflettori sull'importanza del gesto creativo e sul suo potenziale spegnimento da parte dell'abuso del mezzo tecnologico.
Il richiamo è a valutare il grado di dipendenza dai dispositivi tecnologici, gli effetti del loro richiamo costante alla velocità e al tempo presente per poi suggerire di recuperare la lentezza dei gesti, la pratica dell'ozio e della pigrizia e il superamento della stanchezza digitale.
Per Crepet la velocità legata alla macchina trasforma l'essere umano in una sua appendice. La lentezza umana è progettuale così come lo è il silenzio, soprattutto se nasce dall'assenza di ronzii tecnologici. La stanchezza digitale nasce dalla competizione associata alla vita online e da scambi prevalentemente quantitativi (Like, numero di contatti, follower, ecc.) che finisce per generare un doping mentale finalizzato alla reazione immediata ma destinato a esaurire nel tempo forze mentali e fisiche e a deprivare l'individuo del suo talento e delle sue reali capacità.
Il messaggio finale dell'autore insiste sul considerare le tecnologie digitali un semplice mezzo e non un fine. Bisogna rifiutare la volontà di potenza della tecnologia, con i cambiamenti antropologici che propone e impone, per far valere al contrario un sano buon senso umano, dettato dalla consapevolezza maggiore nell'uso dello strumento tecnologico.
Il bisogno di maggiore consapevolezza sta crescendo perché aumenta la percezione delle manipolazioni possibili a cui si è sottoposti nell'uso acritico degli strumenti tecnologici. È un bisogno che va di pari passo con altri simili ed emergenti ad esempio in politica, un ambito nel quale molti si stanno interrogando sulle roti della democrazia e della libertà e sulla necessità di ritirare le deleghe assegnate nel tempo per ritornare a essere protagonisti in prima persona del proprio destino.
In ambito tecnologico, finita l'epoca dell'infatuazione e dell'innamoramento magnetico della tecnologia, stanno subentrando percezioni e visioni diverse, più preoccupate e attente, che cercano di comprendere gli effetti cognitivi e comportamentali della tecnologia sulle persone e in particolare su ragazzi e studenti. A chi sta percependo l'importanza di una riflessione utile a una maggiore consapevolezza Crepet offre spunti interessanti che possono servire a prevedere e a ovviare gli effetti indesiderabili della tecnologia evitando che possa diventare una gabbia. Una riflessione di questo tipo non porterebbe comunque a una "ritirata dalla contemporaneità di un'esistenza iper-tecnologica" ma favorirebbe la ricerca di gesti, comportamenti, pensieri utili a produrre nuova creatività e a recuperare la gioia di reinventare. Anche senza l'ausilio di mezzi tecnologici!