Il libro di Carlo Mazzucchelli Tecnologia, mon amour è pubblicati nella collana Technovisions di Delos Digital
I robot del futuro con la faccia di amici e conoscenti
Gli investimenti in sviluppo e ricerca per la progettazione di robot capaci di interagire con noi umani anche su un piano emozionale sono in costante crescita. La ricerca è sempre più finalizzata all’automazione ma anche a eliminare le paure verso tutto ciò che è sconosciuto e tecnologico. I nuovi robot saranno sempre più umanoidi, con intelligenza artificiale, capacità senzienti ma anche sembianze, espressioni facciali e volti umani. Parleremo con robot dal volto amico! Tra vent’anni al posto di badanti rumene o ucraine avremo un umanoide capace di assisterci, di prepararci il caffè del mattino e il tè con biscotti del pomeriggio e di portare i nipotini a scuola, in perfetta sicurezza. Già oggi robot e macchine intelligenti ci affiancano in numerose attività, domani lo faranno ancora di più grazie a nuove generazioni di sensori e tecnologie ma soprattutto di intelligenze artificiali.
Con il semplice caricamento di una foto il robot di casa può assumere le sembianze di un amico o di un conoscente, o diventare un nostro alter-ego. Il software poi farà il resto, attivando mimica e espressioni facciali verosimili e animando i movimenti di occhi e faccia nella interazione con il suo interlocutore o interlocutrice. Robot simili possono trovare occupazione nei centri commerciali, negli aeroporti, all’EXPO ed essere utilizzati per personalizzare e umanizzare la comunicazione dando ad essa un tocco emozionale tipicamente umano.
La ricerca di robot dalle sembianze umane non è nuova (vedi progetti RoboThespian, umanoide disegnato per una interazione umana in ambienti pubblici grazie alle sue interfacce interattive, alla capacità multilingua e relazione amichevole, e SociBot, un robot umanoide capace di mimare le espressioni facciali e le emozioni delle persone) ed è collegabile al tentativo, tutto umano, di dare sembianze conosciute a ciò che può apparire non familiare, magico, enigmatico, e come tale fonte di paure e di timori. Robot capaci di assumere le sembianze dei loro padroni umani o dei loro conoscenti attraverso la trasformazione di una foto statica in movimenti e mimiche facciali, sono capaci di tranquillizzare gli umani nel passaggio verso una realtà caratterizzata dalla presenza di macchine tecnologiche sempre più simili all’uomo e con un destino condiviso.
Questi robot, dalle sembianze umane e rassicuranti, stanno trovando applicazioni in ufficio e nelle case, nella forma di macchine umanoidi con corpi tecnologici e teste di plastica dotate di videocamere ad alta definizione con cui possono catturare la realtà nella quale sono immersi. Sono anche capaci di catturare i movimenti e le espressioni facciali dei loro interlocutori e di replicarli direttamente sulla loro faccia, anche attraverso la riproduzione fisica di naso, bocca, occhi. La forma del viso può essere generica ed etnicamente neutrale o frutto dell’elaborazione di una fotografia, data loro dal loro utilizzatore, affinché assumano le sembianze di un amico o di un collega durante una conversazione o interazione. La mimica facciale è sostenuta e manifestata dalla capacità di seguire i movimenti dell’interlocutore, ad esempio quelli degli occhi, e di comprenderne i significati e le reazioni emotive.
I nuovi robot umanoidi sono sempre più familiari e percepiti come amici anche per la loro sorte che sembra ricordare quella umana. Non sono fatti per durare per sempre, si affaticano e si esauriscono, vengono sopravanzati da robot di nuova generazione e finiscono anche loro in discariche e cimiteri nei quali terminano la loro vita arrugginendo o venendo smembrati in componenti da riutilizzare o rivendere.
Tecnologia, mon amour
Le loro capacità umanoidi e il loro destino li trasformano in oggetti e soggetti interessanti di narrazioni, di creatività artistica e attrattori magnetici da parte di artisti, scrittori e ingegneri. Questi ultimi impegnati nel far evolvere i robot verso forme di intelligenza artificiale sempre più avanzata e assimilabili a quella umana e di macchine capaci di replicare i comportamenti umani, loro attività, le loro emozioni, anche affettive.
Per comprendere l’evoluzione in corso non è più necessario affidarsi alla fantascienza. Alcuni progetti in corso illustrano perfettamente e più dei molti film di fantascienza che hanno anticipato il futuro presente che stiamo vivendo, il futuro emergente fatto di interazioni robot-esseri umani sempre più legate alla comprensione reciproca, alla emotività e affettività e alla capacità di razionalizzare e muoversi su terreni gin qui inesplorati. Uno di questi progetti, in corso presso il laboratorio Boston Dynamics (ora acquistato da Google per entrare in possesso del software legato ai sensori usati), prevede la realizzazione di robot, controllabili centralmente e remotamente, in grado di replicare le capacità e le abilità specifiche di razze di animali (leopardi, scimmie, ecc.) in attività come la corsa, la caccia e la sopravvivenza.
In Giappone la ricerca e lo sviluppo tende a costruire e a far evolvere i nuovi robot verso forme più legate alle componenti emozionali che solitamente caratterizzano le relazioni con gli umani. L’obiettivo è di disegnare robot sociali, capaci di trasformarsi in assistenti personali e compagni di vita, in una società sempre più anziana e nella quale predomina la solitudine dell’individuo, la sua estraniazione e il fenomeno degli Hikikomori (termine giapponese usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento). L’evoluzione del robot giapponese è quella che più di altre mira a far scomparire la paura psicologica di ciò che non si conosce e della macchina tecnologica, specializzando le nuove macchine intelligenti nelle loro capacità di aiutare gli umani, migliorare il loro benessere e facilitare la loro vita di tutti i giorni. Questi robot possono prendere sembianze umane e dare forma a simulacri o avatar tridimensionali di chi li possiede, mimando le loro facce, espressioni, comportamenti e nel tempo anche abitudini.
Robot sempre più intelligenti e sensibili sono oggi usati come strumenti di osservazione e di investigazione di mondi alieni o non facilmente praticabili da parte di umani come un formicaio o un nido di api, un ecosistema vegetale o colonie di insetti. In questo caso i robot sono una meraviglia della miniaturizzazione (processori, batteria, sensori, foto e videocamere, motori e computer) nell’utilizzo di tecnologie e macchine adattative capaci di apprendere e di auto-organizzarsi reagendo agli ambienti sociali, naturali e alieni nei quali sono immessi.
Dall’essere capaci di capire e interagire con gli animali a farlo con gli esseri umani il passaggio è breve. Ciò che serve non è solo un robot capace di percepire, sentire e ascoltare ma anche di umani capaci a loro volta di comportarsi, senza timore, allo stesso modo con i robot con cui si trovano a interagire e interloquire. Un’influenza reciproca destinata a cambiare il futuro ibridato tecnologicamente che ci aspetta e che per alcuni, come Kurzweil, porterà alla singolarità della macchina (una singolarità tecnologica è un punto, previsto nello sviluppo di una civilizzazione, dove il progresso tecnologico accelera oltre la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani moderni). Con una destinazione e un destino per il momento ancora ignoti e oscuri e che assumono caratteristiche più o meno ottimistiche a seconda della visione tecnofobica o tecnofila che anima la riflessione umana del momento.
Il timore che robot senzienti e intelligenti possano prendere il controllo e portare verso una realtà transumana (che supera i limiti della natura umana; più che umano) rimane forte e condiziona molte delle scelte attuali. E’ un timore che non si manifesta quando ci si affida ciecamente alla tecnologia dei molteplici dispositivi mobili usati, diventati vere e proprie protesi cyborg, di Internet e delle altre tecnologie indossabili e degli oggetti ma emerge quando l’oggetto tecnologico in questione è un robot. E’ una paura atavica e conflittuale che accompagna l’uomo da sempre e che si rafforza di fronte allo sconosciuto che si nasconde dietro le forme di un robot, anche quando esso ha le nostre stesse sembianze o quelle di un amico.
Non potendo fermare l'evoluzione tecnologica in atto così come l’evoluzione del genere umano, non rimane che pensare alle opportunità che da essa possono nascere. Sono opportunità che non nascono dalla conflittualità o dalla contrapposizione uomo-macchina ma dalla loro interazione e interrelazione. La macchina che tende a replicare l'uomo come macchina intelligente dominata dal suo cervello dovrà fare i conti con un essere umano che invece è caratterizzato dalle sue relazioni con il mondo che lo circonda. La relazione sarà in ogni caso condizionata dal fatto che l’essere umano che interagirà con la macchina da qui a vent’anni sarà esso stesso profondamente mutato e più tecnologico di quanto non lo sia oggi. Nuovi esseri umani e robot prossimi venturi avranno relazioni nelle quali si influenzeranno a vicenda co-evolvendo insieme. Una co-produzione fatta di circuiti tecnici e mentali concatenati e capaci di scambiarsi e delegarsi funzioni e di modificarsi a vicenda.
La nostra coscienza non nasce, come pensano molti neuroscienziati, dalla semplice interazione di neuroni e dalle loro sinapsi impegnate a costruire dentro di noi il mondo, ma dall'avere accesso a realtà esterne e dall'essere inseriti in contesti e mondi con i quali devono costantemente fare i conti.
Se i mondi futuri saranno abitati anche da robot e macchine, più o meno intelligenti, gli umani hanno la grande opportunità di migliorare la loro consapevolezza e capacità di azione su questi mondi anche attraverso una relazione e una collaborazione con i robot umanoidi.
Loro, costruiti per assomigliare agli umani, faranno probabilmente la stessa cosa! C’è da sperare che gli obiettivi siano gli stessi e che, come ha sostenuto il filosofo Jean-Michel Besnier e lo psicanalista e filosofo Miguel Benasayag, l’uomo potenziato tecnologicamente non sia in realtà un uomo semplificato!