I saggi che vengono pubblicati possono essere classificati in molti modi diversi. Per argomento, per autore, per stile, per l'uso che ne verrà fatto, ecc. Io preferisco attenermi ad un criterio più discutibile ma sicuramente altrettanto efficace che riflette le preferenze personali del potenziale lettore. I libri pubblicati si possono dunque ripartire rispettivamente in: necessari, non necessari e superflui. Si tratta, appunto, di una classificazione molto soggettiva che quindi non pretende di poter diventare universale. Però credo che possieda una certa dose di ragionevolezza e sia applicabile senza suscitare particolari obiezioni dal momento che ogni saggio, per sua stessa natura, induce a una valutazione da parte dei lettori interessati.
Quello di Marco Salucci è un saggio necessario di cui si sentiva il bisogno, specialmente in un momento come quello che stiamo vivendo. Riflettere sugli eventi recenti, sulla pandemia e su tutti i fenomeni sociali che in questi due anni hanno caratterizzato la vita dell'intera comunità mondiale era ed è indispensabile. Ciò che è accaduto, in questi ultimi mesi in particolare, ha colto di sorpresa molti; ha messo in evidenza la fragilità delle nostre strutture sociali e le difficoltà non solo pratiche e organizzative ma, forse soprattutto culturali, di impostare risposte efficaci da parte dei governi delle democrazie occidentali, grandi paesi moderni, potenze economiche e tecnologicamente avanzati.
Ma riflettere sugli eventi cui abbiamo assistito in questi due anni, soprattutto sulle reazioni che una non piccola parte della popolazione ha manifestato in modi spesso poco democratici se non apertamente violenti, ha indotto molti osservatori a porsi domande di cui finora non avevamo neppure avvertito la necessità. In realtà, uno degli aspetti più evidenti della crisi attuale è stato la constatazione di una larghissima e profonda ignoranza scientifica dei cittadini, anche in quei paesi, appunto, tecnologicamente avanzati e culturalmente attrezzati.
Dunque, sono emerse due questioni fondamentali e quella, in particolare, del loro rapporto: la democrazia come forma di governo e la scienza come fattore culturale di progresso. Chiedersi quale sia o quale debba essere la funzione della scienza nelle società contemporanee diventa perciò una delle domande fondamentali del nostro tempo. Ma per affrontare seriamente questa indagine il presupposto, direi indispensabile, è sapere cosa sia oggi la scienza nelle sue innumerevoli sfaccettature, se si possa darne una immagine complessiva e comprenderne a fondo i metodi e gli strumenti.
Il saggio di Salucci si propone di rispondere a domande del genere, di vedere come oggi la scienza vive e viene vissuta, quale sia il suo rapporto con la tecnologia e con le forme di governo delle società del mondo contemporaneo.
Si tratta dunque di un’indagine ad ampio raggio che tocca tutti gli aspetti dell’interazione senza rinunciare ad una necessaria messa a punto dei concetti e delle nozioni indispensabili per un discorso sensato e coerente. Per parlare di scienza, infatti o, più precisamente, del pensiero e del metodo scientifico, è necessario illustrare, almeno sinteticamente, le caratteristiche salienti e i principi sui quali si fonda: il capitolo iniziale ha proprio lo scopo di introdurre nozioni generali e considerazioni specifiche sulla scienza e i suoi tradizionali problemi.
La fatica della lettura in digitale
Ma l'originalità del libro non risiede tanto nell'oggetto del discorso, per altro affrontato da numerosi autori sia oggi che in passato e da prospettive e sensibilità diverse. La novità davvero accattivante sta invece in una curiosa angolatura dalla quale osservare le cose ed introdurre le tematiche volta a volta affrontate.
Il lettore, aprendo il libro con l'intenzione di scorrere l'indice per avere un'idea del contenuto, si trova davanti uno sconcertante elenco di riferimenti letterari, di autori, poeti e romanzieri che nulla sembrano avere a che fare con la scienza. E, curiosamente, prova la sensazione di aver sbagliato acquisto, di aver scambiato per “scientifico” un saggio in realtà “letterario”.
Superato il primo momento di sorpresa e deciso a scoprire il motivo di questo apparente equivoco, il lettore determinato si accorge che forse non di un errore si tratta ma di una scelta precisa dell'autore e comincia a sospettare che ciò abbia anche un significato più profondo di quello che potrebbe superficialmente apparire: non si tratta solo di un espediente volto a rendere l'argomento più accattivante in vista del successo commerciale.
In realtà, dietro questa scelta metodologica relativa alla forma della narrazione, si nasconde una presa di posizione sostanziale: ribadire con esempi “concreti” la profonda interazione e l'intreccio inestricabile della cultura letteraria e di quella scientifica il cui continuo dialogo illumina da sempre il progredire del pensiero umano. I frequenti rimandi tra letteratura e ricerca scientifica, cui si aggiunge la riflessione filosofica, hanno alimentato da sempre i progressi dell'umanità.
Rendere più gradevole e interessante un saggio filosofico-scientifico è tanto più utile oggi a fronte di una ignoranza estesa e profonda, anche delle giovani generazioni, poco o per niente abituate alle letture, anche le più elementari. Allargare il dibattito sociale e le riflessioni sui temi oggi drammaticamente emergenti dalle numerose crisi che stiamo vivendo non può che essere felice ed ogni iniziativa che si dimostri utile allo scopo è perciò benvenuta.
Le citazioni poste all'inizio di ogni capitolo e paragrafo hanno la duplice funzione di introdurre l'argomento e di fornire una traccia della esposizione e, talvolta, anche qualche elemento per la soluzione di un problema. A dimostrazione di come, al contrario di quel che comunemente si crede, non di rado letterati e poeti si rivelano acuti osservatori della realtà e capaci di suggerire soluzioni grazie alla loro dimestichezza con l'immaginazione, altro elemento che il senso comune esclude erroneamente dai componenti essenziali della ricerca scientifica.
Un breve commento sul contenuto del libro non può esimersi dal rilevare la sua complessità e ampiezza. Analizzare questi aspetti non può rientrare negli scopi di una breve recensione e sarebbe comunque impossibile anche solo accennare alla ricchezza delle questioni sollevate ed ai commenti sulle soluzioni proposte. Mi limito perciò ad una breve considerazione generale.
Ho esordito dicendo che considero il saggio di Salucci una lettura necessaria per orientarsi nella questione della presenza della scienza nella nostra epoca. La sua necessità è una conseguenza diretta della generale riflessione sulle crisi che in questo momento storico attraversiamo: dalla crisi ambientale a quella economica, dalla crisi delle istituzioni politiche a quella dell'istruzione, dai pericoli di una deriva tecnologica alle paure ancestrali delle malattie alle apocalittiche migrazioni dei popoli. Un coacervo di problemi giganteschi che interessano tutti e che non sono altro che l'esito di un percorso storico iniziato con la comparsa di homo sapiens.
Ma la madre di tutte le crisi pare doversi identificare con quella delle società occidentali che avevano riposto nel progresso scientifico e nella tecnologia che ne è derivata la soluzione di tutti i mali: questa soluzione si sta dimostrando sempre più una illusione, una penosa convinzione per di più sorretta dalla cieca fede in un sistema economico ispirato ad un liberismo senza regole. E sarebbe già un inizio di ravvedimento il semplice constatare, “scientificamente”, le radici di tale fallimento.
Non sempre riflettere sui fallimenti suggerisce la via dei rimedi ma sicuramente costituisce un atteggiamento positivo. La scienza, come sostiene Carlo Rovelli, nella sua più matura espressione, è quel processo globale di ripensamento e di continuo aggiornamento dell'immagine della realtà, nella consapevolezza diffusa della nostra profonda ignoranza. L'umiltà della riflessione appartiene costitutivamente alla ricerca scientifica ed alla struttura democratica della società e si pone come unico argine alla arroganza dei pregiudizi e delle fedi irrazionali: lo abbiamo visto in questo ultimo scorcio di tempo in relazione alla pandemia.
Di fronte ai giganteschi problemi del mondo, alle sue profonde disuguaglianze ed ingiustizie, l'illusoria fede in un progresso tecnologico non guidato da una razionalità matura e consapevole, si è rivelata inadeguata e persino pericolosa. Si avverte sempre più l'urgenza di un ritorno a forme più profonde di pensiero critico, a forme mature e magari anche più antiche, ad una pratica filosofica ormai quasi dimenticata.
Il grande pregio del lavoro di Salucci sta proprio nel concreto riconoscimento che solo ritornando ad un uso esteso della argomentazione e della critica razionale nell'analisi dei problemi e delle soluzioni proposte, si può avere la speranza di affrontare con successo le sfide del presente e forse anche quelle del futuro. La scienza ed i suoi metodi, l'arte e la letteratura, palestre insostituibili della fantasia e della immaginazione, la cultura in generale, fondamentalmente trasmessa e rinnovata dalla scuola per le giovani generazioni, rappresentano le nostre uniche armi risolutive per costruire un mondo migliore.
A me sembra un grande contributo, prezioso e originale, di un saggio scritto con grande maestria e in cui la innegabile erudizione dell'autore non intralcia mai la fluidità del discorso: una lettura da consigliare senza riserve.