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🍒🍒IN DIFESA DELL’UMANO

🍒🍒IN DIFESA DELL’UMANO

06 Giugno 2023 Redazione SoloTablet
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Si dice che tutto sia storytelling e forse è vero. Ma quanto senso abbia lo storytelling a cui siamo esposti nessuno lo sa. Nella crisi delle prerogative umane che stiamo vivendo siamo tutti chiamati a riflettere criticamente sulla realtà che stiamo sperimentando. Un modo per farlo è anche quello di riflettere su come raccontiamo la realtà e su come lo fanno i molti che, eleggendosi a guru, profeti e influencer, filosofi e teologi pop, cercano di convincerci che la realtà sia quella da loro stessi raccontata.

Tra i numerosi storytelling in circolazione, quello che ha recentemente pervaso gli spazi online è stato quello sull’Intelligenza artificiale, in particolare nella sua versione generativa, da tutti riconosciuta come ChatGPT, anche se in realtà ne esistono varie versioni. La mole di scritti, articoli, riflessioni, ecc. sul tema è stata tale da saturare ogni spazio possibile per storytelling diversi e alternativi, forse più importanti, urgenti e necessari. 

Per me uno degli storytelling su cui bisognerebbe tutti concentrarsi è rivolto alla difesa del nostro essere umani, dentro un mondo sempre più automatizzato, smaterializzato e disincarnato, ibridato con la tecnologia. Abbiamo bisogno di raccontare e dedicare tempo, attenzione e riflessione alle prospettive evolutive dell’umano in termini cognitivi e immaginativi, per andare alla riscoperta di cosa possa oggi significare essere umani concentrando la nostra attenzione, riflessione e immaginazione su temi diversi dalla tecnologia. 

Parlare di tecnologia è diventato un modo per parlarsi addosso. 

La tecnologia è abilissima nel raccontare sé stessa e nel farsi raccontare. Utilizza canali potenti, ha complicità e sponsor di alto livello, vive della rinuncia a cambiare prospettiva e a riflettere criticamente dei più, ma soprattutto ha creato una casta di sacerdoti che ogni giorno, attraverso ritualità consolidate, secolarizzate e accettate da moltitudini, ci raccontano il paradiso in terra che essa ha realizzato per noi, chiamandoci a credere e alla fede. 

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Ogni occasione è buona per parlare delle macchine, nessuna occasione è ritenuta opportuna per parlare invece di altri temi, umani, fondamentali nella loro importanza nel dare un senso e un ruolo alle qualità umane nel mondo in crisi che oggi viviamo. Una crisi che tutti percepiamo come reale ma che bellamente ignoriamo, per parlare d’altro, ad esempio delle strabilianti e magiche meraviglie di ChatGPT. Perché invece non si parla di educazione (le macchine apprendono noi le usiamo per fare tesi e scrivere articoli), di cultura (grande è il rimpianto degli intellettuali in un mondo presidiato da influencer), di conoscenza (insistiamo sulla sua differenza con informazione), di libertà (possiamo ancora dirci liberi? Interessa ancora a qualcuno?), di giustizia, di etica (possibile che ai filosofi e ai teologi interessi solo quella delle macchine?), di democrazia, di biodiversità, di potere, di pace, ecc. 

Su tutto sono convinto che il tema più urgente da trattare sia quello dell’educazione, a partire dal declino che sta vivendo la scuola e della scomparsa dell’intellettuale (docente) come formatore. Pensando al ruolo fondamentale dell’educazione nel definire le modalità di trasmissione e di coltivazione della conoscenza attraverso lo sviluppo del pensiero critico e complesso, del linguaggio con cui (ci) raccontiamo il mondo, del dubbio e del sapersi porre delle domande, ma soprattutto del vivere civile.

Non abbiamo bisogno di filosofeggiare sulla tecnologia ma di fare filosofia, di tornare a visioni filosofiche capaci di (ri)mettere al centro dell’attenzione e del dialogo, del pensiero e dell’azione, “le capacità e le virtù distintive degli esseri umani”.  Per adottare questo approccio servono sensibilità, scelte radicali e razionali, cambiamenti di atteggiamento, anche intellettuale, e nuove pratiche umaniste. Bisogna ridisegnare le dimensioni spaziali e temporali che oggi si sono ristrette al tempo presente, ma soprattutto provare a ridare vita alla nostra psiche ormai imprigionata nell’inconscio tecnologico descritto da Umberto Galimberti.

Il fatto che invece di concentrarci su questi temi si insista nel vivere la realtà virtuale della tecnologia e del suo storytelling è un segnale evidente di una regressione, anche cognitiva, in atto da tempo. Una regressione o involuzione evolutiva che continuiamo a raccontarci come progressiva e anticipatrice di futuri luminosi e sorridenti, proprio mentre percepiamo il declino accelerato della nostra civiltà. Stiamo vivendo una mutazione antropologica di fatto che non può lasciarci inerti e passivi ma interrogarci, anche filosoficamente, sulla sua destinazione e punto di arrivo. Giunti alla meta potremmo scoprire di esserci “perduti”. Maglio allora dedicare tempo a sviluppare pensiero critico, immaginazione, comprensione di ciò che sta accadendo, ascolto e  senso civico, da tradurre in forme di cittadinanza attiva, anche online, per resistere agli storytelling manipolatori nei quali siamo immersi, ma soprattutto per ristabilire i punti di riferimento fondamentali che ci rendono umani e che definiscono i nostri legami sociali dentro un mondo che all’Altro ha sostituito il profilo e domani alla persona incarnata sostituirà un avatar disincarnato per la felicità di Zuckerberg. 

PS: Spunti per questo testo sono tratti dall’introduzione di un’opera pubblicata in due volumi da Vivarium Novum…

 

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