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Giustizieri della Rete e danni collaterali

Giustizieri della Rete e danni collaterali

12 Ottobre 2015 Redazione SoloTablet
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In libreria un nuovo libro che invita alla riflessione critica sull’uso delle tecnologie dell’informazione e sui suoi effetti collaterali. Il testo è di Jon Ronson e parla di personaggi pubblici e semplici cittadini rovinati o con la vita distrutta per colpa di un cinguettio (#enricostaisereno), una fotografia Instagram o un post sul muro delle facce.

La gogna che metteva in mostra, impossibilitati a muoversi o a scappare e alla mercè del pubblico non è più quella fisica resa famosa da molti documentari torici o film ma quella digitale e online. Non prevede alcuna restrizione fisica ma ne comporta molte di tipo psicologico ed è forse ancora più cattiva e penalizzante dell’originale a cui metaforicamente fa riferimento. 

La gogna digitale non viene usata da boia impegnati nello loro attività di carnefici ma da killer che agiscono, spesso in modalità anonima, negli spazi abitati della rete scegliendo le loro vittime con cura ma anche in modo casuale per puro divertimento personale. L’obiettivo è di rovinare la reputazione delle persone prese di mira. L’azione è intrapresa da persone insospettabili, non solo semplici social networker ma persone con ruoli, professioni e visibilità sociali di spessore. Non è un caso che in questo esercizio si sia esercitato anche il candidato premier del nostro paese con l’intento di mettere in difficoltà il suo compagno di partito e avversario politico. 

In molti casi l’azione online intrapresa viene vissuta come dovuta, necessaria per ristabilire verità o denunciare situazioni e comportamenti ritenute censurabili. Nella realtà queste azioni si traducono in veri e proprie intimidazioni, massacri digitali e gogne mediatiche capaci di distruggere la vita delle persone. Di questo uso mediatico della gogna digitale ha parlato Jon Ronson nel suo libro I giustizieri della rete, pubblicato in Italia da edizioni Codice.

Il racconto è naturalmente centrato su storie americane ma è sufficiente sostituire nomi e situazioni, eventi e reazioni per descrivere collegare fatti locali e analizzarli con gli strumenti e sguardi proposti dall’autore. Sguardi che partono da una riflessione su se stesso nel ruolo di vittima a causa di un profilo Twitter omonimo ma con una rappresentazione digitale superficiale e volgare e come tale molto lontana dall’originale. Lo sguardo prosegue con quanto è successo ai frequentatori di un social network per persone sole che è stato reso trasparente dalle azioni di cybercriminali e causato numerosi suicidi, reali e non virtuali come lo erano gli incontri online.

Secondo l’autore la Rete si presta a esprimere il peggio di sé, anche con azioni destinate a trasformare persone normali in vittime o persone conosciute in persone da attaccare sulla base delle loro debolezze conosciute durante la loro frequentazione e conoscenza. Il tutto è aggravato da una specie di sudditanza che la stampa e i media in genere esercita nei confronti del potere dei nuovi media tecnologici sociali e delle loro manifestazioni spesso poco democratiche e rispettose dei diritti delle persone.

Molte campagne denigratorie permettono guadagni incredibili sia per volume che per la loro origine. Il guadagno è spesso dei grandi provider come Facebook e Twitter e come tale difficile da impedire o regolamentare. Il blocco è reso necessario dai danni che in poche ore eventuali attacchi e gogne mediatiche possono causare a causa della viralità della rete e della disponibilità della massa degli utenti della rete ad alimentarla.

Se la difesa rimane assegnata al singolo individuo la battaglia sembra persa in partenza, complicata anche se gestita collettivamente o appoggiandosi a organizzazioni o legislazioni ad hoc. Non rimane che fare attenzione alla vita online e sperare di non diventare vittima o capro espiatorio. Leggere il libro potrebbe fornire utili indicazioni su come attivarsi per difendersi meglio.

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