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Tablet a scuola: come cambia la didattica

Tablet a scuola: come cambia la didattica

13 Dicembre 2014 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Capitolo 6

La complessità dell’insegnare in tempi tecnologici e di cambiamento.

(Il libro Tablet a scuola: come cambia la didattica è stato pubblicato nel febbraio del 2014 nella collana Technovisions di Delos Digital)


In un’era determinata tecnologicamente, l’insegnante ha il compito di continuare a fornire insegnamenti e lezioni in classe di  qualità ma ha anche la responsabilità di acquisire nuove nozioni e conoscenze tecnologiche per stare al passo con i suoi studenti e per individuare nuovi strumenti e risorse utili all’apprendimento. 

La complessità e problematicità della scuola non è solo legata al precariato e alle difficoltà che gli insegnanti devono affrontare ogni giorno. Complessa è anche la pratica di un insegnamento che si deve confrontare con i cambiamenti dettati dalla tecnologia e dai suoi effetti sui comportamenti mutati e sui nuovi modi di pensare degli studenti.

Gli insegnanti bravi e competenti sono sicuramente più numerosi di quelli che i Media e molta opinione pubblica vorrebbero farci credere. Sono bravi e competenti per preparazione, conoscenza, capacità didattica, esperienza acquisita e capacità di adattamento alle novità e al cambiamento. Orientarsi nel caos della scuola e in una realtà sempre più tecnologica e digitale non è però semplice, neppure per loro.

Malpagato, precarizzato, trattato come burocrate, trascurato, traumatizzato da studenti e genitori, l’insegnante vive la scuola del terzo millennio passando attraverso tutte le fasi tipiche del lutto: negazione della realtà, rabbia per la situazione contingente percepita, contrattazione e venire a patti con la situazione vigente, depressione e accettazione. Un’esperienza che deve essere vissuta fino in fondo per riuscire ad elaborare il ‘lutto’ ma anche per trovare le basi, le ragioni e le risorse per una nuova ripartenza. Il tutto con l’obiettivo di dare ancora maggiore forza al compito di educare le nuove generazioni e gli adulti di domani, e di farlo assorbendo nuove tecniche e tecnologie, nuove metodologie e metodi, nuove motivazioni e nuove forme di divertimento e appagamento.

Prima ancora di capire in che modo sia possibile utilizzare i nuovi strumenti tecnologici a scuola e adottare nuove forme di didattica gli insegnanti sono chiamati ad un’operazione non semplice che impone loro cambiamenti sostanziali nel loro modo di porsi nei confronti dell’insegnamento e dei discenti e nel loro modo di fare didattica. Devono diventare esperti nella pratica dell’insegnamento ma ancor più in quella della ricerca e dell’investigazione.  Sono chiamati a superare il cinismo dilagante a causa della situazione spesso catastrofica di molte scuole italiane ed a costruirsi uno schema mentale che faccia da schermo ma soprattutto da incubatore di nuove potenzialità ed iniziative (risorse permettendo). Devono infine coltivare il pensiero critico e aperto dando forma a nuove pratiche collaborative tra colleghi, con le famiglie e con gli studenti.

Il compito sembra una ‘missione impossibile’ soprattutto in presenza di un’assenza. Che è quella dello stato e della pubblica amministrazione, di risorse e investimenti, di condizioni economiche ottimali e di prospettive future capaci di motivare i giovani a continuare gli studi ed a studiare. Insegnare non è mai stato facile e non lo è neppure oggi. Richiede conoscenza e possesso di numerose conoscenze, metodo e volontà, capacità didattica e relazionale, apertura mentale e rigore, autorevolezza e autorità, empatia e distacco, motivazione e gioia personale nel praticare l’insegnamento. Obiettivi difficilmente raggiungibili in classi fatiscenti, con un numero elevato di studenti, risorse sempre insufficienti, incombenze burocratiche crescenti e contesti relazionali compromessi dalla percezione che studenti e insegnanti hanno della realtà esterna. E’ difficile per un ragazzo essere tranquillo e motivato e mantenere alta l’attenzione e la concentrazione, quando a casa la situazione è diventata precaria per problemi di lavoro dei genitori. E’ complicato per gli insegnanti mantenere alta l’affabilità e la disponibilità quando la vita scolastica è sempre più noiosa e stressante, il reddito sempre meno incentivante e le prospettive pensionistiche tendenti al nero pece.

La pratica di condividere la conoscenza acquisita è antica ma non praticata da tutti. Quando si conosce qualcosa, è difficile immaginare di non sapere di conoscerla ma è ancora più complicato condividerla. Fortunatamente a fare la differenza oggi, ci sono le nuove tecnologie. Tablet e altri dispositivi tecnologici favoriscono il passaggio a forme di apprendimento collaborativo che prevedono lo scambio e l’interazione continua. Social media e soprattutto social network permettono un’interazione costante attraverso canali di comunicazione diversi dal passato e consolidati dalla presenza di tecnologie e strumenti sofisticati e ad hoc.

Le nuove tecnologie, che dovrebbero essere adottate da tutte le scuole, sono strumenti potenti di ricerca e di condivisione. Con la ricerca si va alla verifica dell’autenticità delle fonti e della loro veridicità ma si sviluppa anche la capacità critica legata all’analisi e alla valutazione delle informazioni trovate.

La condivisione accelera la rapidità con cui si acquisiscono nuove informazioni e conoscenze e la loro efficacia nelle varie pratiche nelle quali vengono utilizzate.  Entrambe hanno bisogno dell’ingresso in aula di tablet e di nuove applicazioni e di un cambiamento radicale nelle forme della didattica e dell’apprendimento.

Il computer non sostituirà l'insegnante

I tecnofili e gli entusiasti acritici della tecnologia sono sempre più numerosi e crescono tra le loro fila coloro che sono convinti che il computer o il robot possa sostituire l’insegnante in carne ed ossa (esperimenti in questa direzione sono già stati effettuati ad esempio in India). Lo pensano riflettendo sia sulla diffusa accessibilità all’informazione, sia sulle nuove teorie sull’apprendimento adattativo e ‘by doing’ di pensatori che teorizzano l’avvento di una scuola senza insegnanti, o almeno di docenti come quelli disponibili oggi sul mercato, e di una scuola sempre più basata sulla formazione online.

L’evoluzione tecnologica e il diffondersi di opinioni di questo tipo è vissuta con allarme da numerosi insegnanti che conoscono l’importanza di un insegnamento in classe e a contatto diretto con i ragazzi.

Difficile prevedere il futuro ma facile anche sottolineare come la complessità dell’insegnamento non possa essere ridotta alla semplice trasmissione (online) di nozioni e istruzioni. Gli strumenti tecnologici sono diventati veicoli potenti per il trasferimento e la condivisione di informazioni ma sono ancora incapaci di presentarle in modo approfondito e in una relazione costante di feedback-controfeedback come quella che si realizza in classe. L’insegnante può interagire, collaborare, sintetizzare, analizzare, integrare teoria e pratica, fornire esempi della vita reale, personalizzare e contestualizzare, motivare e favorire la concentrazione, facilitare lo sviluppori di pensiero critico e creativo, dare forma alla cultura di una classe capace a sua volta di motivare e plasmare didattica e apprendimento.

Tutti questi elementi sono parte integrante dell’attività dell’insegnante e difficilmente sostituibili da una macchina o uno strumento tecnologico, perché sono essenzialmente umani. Naturalmente questi atteggiamenti e queste attitudini devono distaccarsi dall’insegnamento tradizionale e dai modelli monolitici del passato per adattare forme della didattica e gestione della classe alle esigenze delle nuove generazioni di ragazzi e preparali alla vita in una società completamente cambiata dall’economia, dalla globalizzazione, dalla mobilità e dalla tecnologia.

L’elemento tecnologico è sinonimo di opportunità ma anche di conflitto e di contraddizione. Può contribuire a trasformare la scuola facendo nascere nuove motivazioni in studenti e insegnanti ma anche a far esplodere rabbia e frustrazioni, programmi didattici e budget scolastici. Per due motivi principali, l’impossibilità di dotare la classe della infrastruttura tecnologica adeguata e la necessità di ripensare la didattica e il ruolo dell’insegnante. Se essere insegnanti non significa diventare psicologi o sostituirsi ai genitori, introdurre nuove tecnologie in classe non significa che sia necessario diventare dei tecnologi.

Le nuove tecnologie obbligano tuttavia a una profonda riflessione sul ruolo dell’insegnante come persona capace di insegnare ad imparare e di motivare l’alunno a tirare fuori il meglio di sé. Le conoscenze tecnologiche dell’alunno sono oggi in molti casi superiori a quelle dell’insegnante e tali da mettere in discussione il paradigma sopra esposto.

Nel compiere questa riflessione necessaria, l’insegnante dovrebbe partire da una convinzione: la tecnologia non è lo scopo ultimo e neppure la panacea dei problemi della scuola e per il presente della formazione scolastica. Non lo è nel senso che poco incide sulle disuguaglianze all’accesso (se mancano le risorse in famiglia lo studente difficilmente è dotato di risorse tecnologiche), sulla preparazione degli studenti, sui costi della scuola ecc. La tecnologia crea grandi opportunità ma va trattata anche con qualche forma di scetticismo applicando lenti sociologiche e non necessariamente moderniste.

Guardare alla tecnologia in modo scettico non significa rallentarne l’introduzione a scuola ma semplicemente valutarne criticamente i risultati e gli effetti. I dati di numerose indagini condotte prevalentemente negli Stati Uniti evidenziano ad esempio come l’arrivo massiccio di tablet in classe non abbia facilitato risultati scolastici migliori. Nella maggioranza dei casi gli studenti hanno maturato votazioni inferiori e al disotto delle aspettative. Altre indagini indicano come l’esperienza di apprendimento fatta attraverso un uso diffuso di strumenti tecnologici e metodi di apprendimento online, sia valutata dal 42% degli studenti intervistati come insufficiente e meno interessante di una tradizionale.

I dati di tutte le indagini sono sempre controversi e aperti a interpretazioni. Ciò che sembra emergere è l’esistenza e il ruolo chiave che, alla base dell’insegnamento,  ha la relazione che intercorre tra studente e insegnante e la collaborazione che ne può nascere. E’ nella collaborazione che c’è scambio di conoscenze e condivisione dei processi che sottendono alla creazione di nuova conoscenza e pensiero. E’ dalla collaborazione in classe e dallo scambio comunitario molti-a-molti che si sviluppa pensiero critico, nuova conoscenza, maggiore creatività e apprendimento.

Se l’insegnamento è conducibile alla relazione studente-insegnante, il tablet o il computer così come internet o altre tecnologie, più o meno innovative, non potranno mai sostituire completamente il ruolo dell’insegnante. Questo ruolo dovrà evolvere perché la tecnologia collaborativa introduce in classe nuove modalità didattiche e di apprendimento, ma continuerà a rimanere fondamentale per la maturazione e la crescita di conoscenza dello studente.

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