Impossibile non esprimersi
La politica mi ha sempre interessato, è stata una forma e una pratica utile a esprimere il mio essere cittadino e un impegno sociale legato a un'idea e a una visione del mondo che gli avvenimenti di questi giorni hanno deciso di negare. Molti di coloro che per generazione, cultura e idee condividono la mia visione del mondo si stanno esercitando in riflessioni che condividono in Rete (spariti sono da tempo i luoghi fisici). Anch'io non sono riuscito ad evitare di farlo. Lasciando ad altri le considerazioni sul colore troppo nero o pieno di ombre, e sulle distopie possibili che il nuovo che avanza sembra far intravedere, credo possa essere più interessante riflettere su alcuni aspetti rimasti nel sottofondo ma che rivestono al contrario grande importanza.
Due ambiti di riflessione...tra i tanti
Il primo aspetto è il cambiamento del linguaggio della politica, il secondo è quello dell'uso degli strumenti tecnologici. L'emergere di nuove forme di linguaggio ha tagliato fuori un'intera classe politica (in particolare quella che fa riferimento al PD, compresa la nuova generazione che ha saputo solo cinguettare e balbettare digitalmente), di giornalisti e di attivisti politici, dal comprendere quanto in pochi anni siano mutati gli scenari sociali, culturali ma anche comportamentali e cognitivi.
Il nuovo linguaggio non si sarebbe potuto affermare senza la pervasività del mezzo tecnologico, delle sue applicazioni e piattaforme e dell'uso che di questi strumenti è stato fatto da nuove generazioni di cittadini e politici, in massima parte riconoscibili come Millennium o nativi digitali.
Lo storytelling andato in onda
Succede così che mentre in uno studio televisivo vanno in scena saggi, esperti, commentatori politici e filosofi, che si parlano addosso (con alcune eccezioni come Massimo Cacciari...) e sono impegnati con dotte (Mielose...Severgninose...Faziane) dissertazioni nell'interpretazione di quanto sta succedendo, i vari conduttori televisivi, con Mentana in testa, si trovano a dover rincorrere, non solo metaforicamente, cinguettii, messaggi e video Facebook dei nuovi protagonisti della politica.
Protagonisti ritenuti sgrammaticati nel loro linguaggio istituzionale, ma diventati maestri nell'arte della comunicazione dell'era digitale. Non a caso possono anche permettersi di evitare gli studi dei talk show o di presenziarli in modo ossessivo. Protagonisti percepiti come irrispettosi delle regole e del politicamente corretto, ma capaci di coinvolgere e parlare con audience e masse di persone che come loro hanno da tempo abbandonato l'informazione del quotidiano cartaceo e del mezzo televisivo sostituendolo con quello internettiano, Mobile e delle piattaforme social.
Sconfitte frutto dell'incapacità di comprendere il nuovo
Ne consegue l'incapacità da parte di un'intera classe dirigente di comprendere, non solo politicamente, ma anche sociologicamente e semanticamente, quello che è successo o sta ancora per accadere. I media sociali e le tecnologie hanno cambiato abitudini e pratiche quotidiane, il modo con cui viene interpretata e comunicata la realtà, l'immaginario individuale e collettivo. I nuovi contesti cognitivi (parole, pensieri, concetti, categorizzazioni, classificazioni e analogie) definiscono le nuove mappe culturali, mentali e politiche entro le quali ognuno finisce poi per orientare il proprio pensiero, le proprie scelte e decisioni, anche elettorali. La dimostrazione di questi cambiamenti è il modo con cui i leader dei due movimenti che ora hanno formato il governo, hanno gestito la comunicazione (Salvini dopo avere deciso di far partire il governo si è dedicato, in viaggio verso Sondrio, a comunicare attraverso i suoi account social, evitando di rilasciare interviste ai giornalisti spediti al suo inseguimento), e l'intensità con la quale molti cittadini se ne sono fatti partecipi attraverso i media sociali e gli strumenti tecnologici.
Linguaggio e comunicazione digitale
Una componente chiave della sintassi della comunicazione sulle piattaforme digitali è il meccanismo del MiPiace e, marcato dalla sua assenza, del NonMiPiace. E' un meccanismo digitale che serve a trasmettere informazione, un simbolo convenzionale capace di comunicare significati ma anche uno strumento che può avere uno scopo pragmatico, come sempre ogni forma di comunicazione dovrebbe avere.
Una provocazione da proporre al nuovo governo
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Pensando al meccanismo del MiPiace e volendo fare una provocazione cosa succederebbe se nella punteggiatura del nuovo linguaggio e nelle forme della comunicazione attuali venissero applicate le regole della comunicazione digitale e dei social media? Cosa succederebbe se ad esempio si sottoponessero i protagonisti del governo e i leader giallo-verdi al meccanismo dei MiPiace? Cosa ne sarebbe della loro reputazione e come reagirebbero se scoprissero di non avere alcun seguito o di essere subissati da commenti negativi? Non sarebbe forse un modo semplice per dare forma alla democrazia diretta che i movimenti pentastellato e leghista dicono di avere abbracciato? E cosa succederebbe se, sommersi da una marea di NonMiPaice si rifiutassero di andare a casa? Verrebbe meno la validità della loro proposta politica o quella dei linguaggi che hanno permesso loro di vincere e governare?
La provocazione consiste nel considerare il nuovo governo né più né meno che una realtà assimilabile a Uber o AirBnb. Gli autisti che usano Uber sono in genere controllati da dispositivi che registrano le loro attività ma anche il loro indice di gradimento o reputazione. Chi usa il servizio di Uber può esprimere il livello del suo gradimento che serve alla piattaforma Uber e ai suoi algoritmi per determinare il capitale reputazionale di ogni singolo autista e di stilare una classifica che servirà a disattivare gli account degli autisti meno premiati dalle valutazioni degli utenti.
Ciò che vale per Uber vale anche per AirBnb e altre piattaforme simili ma sempre più anche per realtà aziendali e istituzionali. L'obiettivo è sempre quello di misurare il capitale reputazionale del personale, del management, del Brand o dei clienti. E se si facesse valere anche per il nuovo governo? Sarebbe probabilmente un forte incentivo inviato ai suoi membri a lavorare bene e meglio e soprattutto a rispettare le promesse fatte durante la campagna elettorale e attraverso i social media.
Se non mantieni le promesse vai a casa
Oltre a incentivare l'impegno e il rispetto delle promesse, implementare un sistema di valutazione della reputazione potrebbe servire a far sperimentare ai ministri la precarietà che tanto incide oggi sulle persone normali, siano essi ragazzi Rider di Foodora o Deliveroo o autisti di Uber. Se il posto ricoperto nel governo non dipende solo da vicende politiche interne ai movimenti o dalla pressione dei mass-media, ma anche dal giudizio diretto e in tempo reale degli elettori e dalla loro sorveglianza militante, molti ministri potrebbero sentirsi motivati, alcuni persino ossessionati, a fare bene, ad adottare comportamenti virtuosi e pratiche di trasparenza che vanno oltre quelle fin qui conosciute.
Il ruolo quantitativo dei MiPaice e la loro velocità
La sua stessa natura rende la provocazione irrealizzabile e forse superficiale. Però l'era tecnologica che caratterizza la società attuale e l'affermarsi dei nuovi linguaggi con la loro grammatica digitale suggeriscono di guardare alla realtà con occhi diversi e a riflettere su quanto e come la tecnologia abbia cambiato il nostro sguardo e il nostro modo di pensare. Se la tecnologia ha fatto sparire il tempo e introdotto l'accelerazione continua della velocità, un MiPiace digitale può essere un mezzo più efficiente ed efficace di quanto non siano decine di editoriali di quotidiani che chiedono le dimissioni di un ministro. Gli errori sarebbero all'ordine del giorno e potrebbero essere clamorosi ma verrebbe salvata la faccia della cosiddetta democrazia diretta che molti sembrano oggi avere eletto a nuova forma di governo futuro. Quando poi le attività di governo saranno loro stesse digitalizzate la valutazione potrebbe essere delegata a semplici algoritmi...democratici!
L'introduzione del MiPiace fa pensare a una misura quantitativa, molto coerente con quanto succede su Internet. Se già oggi in molte altre realtà come la scuola o l'azienda, più che la competenza e l'abilità conta ciò che fa classifica, il numero di citazioni ottenute e di commenti postati, non ci dovrebbe essere alcun problema a misurare anche l'azione di governo in base a pure entità numeriche e quantitative. Ad esempio quanti immigrati respinti, quanti esodati recuperati alla pensione, quanti utenti di banca risarciti, ecc.
Il MiPiace come strumento plebiscitario
La provocazione può essere interpretata anche in modo diverso. Se si considera il pubblico dei media sociali come complice e succube della piattaforma così come dei MiPiace, il futuro potrebbe vedere ministri grillo-leghisti sempre felici perché premiati in modo plebiscitario da masse di utenti disposte a cliccare MiPiace prima ancora di avere letto o capito cosa stanno valutando e premiando. Al posto delle adunanze di massa e delle sfilate su viali costruiti ad arte per creare il fenomeno ben descritto da Elias Canetti in Massa e potere, ci sarebbero allora semplici confluenze virtuali su bottoni e icone predisposte per l'esercizio del voto plebiscitario. Un voto che, come su Facebook, non prevede l'opzione del NonMiPiace.
Una considerazione conclusiva
Lo scenario descritto dalla provocazione suggerita non è però prevedibile e neppure augurabile, così come non è pensabile che al linguaggio prevalente attuale non subentrino altre forme di linguaggio in grado di superarlo, anche recuperando linguaggi precedenti.
Il problema è quello del limite che non può essere superato, la variabile è quella della consapevolezza (coscienza) umana che determina nuove scelte e nuove decisioni.
Già oggi molti osservano semplicemente attoniti a quello che è successo e si interrogano sul perché è successo e su come fare a reagire.
La reazione sarà lenta ma verrà e non passerà necessariamente attraverso meccanismi tecnologici.
Proviamo però a immaginare per un momento che il governo attivi realmente un sistema di valutazione dei ministri da cui far dipendere la loro permanenza nell'esecutivo, che tutti, compresi quelli che oggi non hanno dimestichezza del mezzo, decidano di esprimere la loro valutazione e che lo facciano anche con una finalità politica. Se succedesse mandare a casa il nuovo governo, sia nel caso che sia valutato negativamente sia per un'azione prettamente politica, potrebbe essere più semplice che attendere che si formi in Italia una forza di opposizione vera, reale, antagonista e capace di parlare anche la nuova lingua digitale!