Nel suo libro Perché la rete ci rende intelligenti Howard Rheingold suggerisce ai lettori di “Collegarsi in video via skype con la propria figlia quando è lontana, ma di posare lo smartphone e guardarla negli occhi se è nella stessa stanza.” Il suggerimento è diventato utile, necessario e praticabile da tutti. Il cambio di prospettiva e di pensiero è reso urgente dall’emergere di nuovi comportamenti che vedono il prevalere costante della tecnologia nella vita quotidiana di tutti e in particolar modo delle nuove generazioni di nativi digitali.
Lo è in tutta la sua urgenza per quanti ritengono che la tecnologia abbia acquisito un potere eccessivo e autonomo (autonomia che secondo il sociologo Zygmunt Bauman deve essere intesa come possibilità del sistema di evolversi senza tenere conto del contesto esterno) una presenza invasiva nelle nostre vite individuali, forse lo è meno per chi vive con entusiasmo l’era tecnologica attuale, come ricca di nuove opportunità e cambiamenti e che vorrebbero vedere ancor più tecnologia nella nostra vita futura. Gli uni e gli altri sono chiamati a confrontarsi e a dialogare sugli effetti che la tecnologia sta avendo sulla società e sulla sua evoluzione futura.
“La speranza di rinascere come angeli bionici è una lettura terribilmente sbagliata del mito di Icaro, che affida il nostro futuro ad ali fatte di cera e di piume”. - Mark Dery
C’è spazio per la neutralità ma chi ha deciso di concedere un’opportunità alla tecnologia è chiamato a valutare bene i pro e i contro e a non essere cieco di fronte all'imprevedibilità e pericolosità della stessa. Alla tecnologia è assegnato un ruolo taumaturgico nel risolvere questioni di fondo della nostra società. Non tutti condividono questo punto di vista ma risulta sempre più impellente prestare attenzione alle implicazioni teoriche che questa posizione suscita, così come agli interessi concreti che mobilita e ai comportamenti diffusi che favorisce. Immersi nel qui e ora della tecnologia non ci rendiamo conto della perdita di contatto con il mondo reale, con le persone, con il nostro corpo e con i vari contesti di esistenza nei quali ci relazionamo agli altri e scopriamo noi stessi.
La tecnologia sta guidando i processi di trasformazione del rapporto dell'uomo con il mondo e lo fa imponendo sempre più i suoi linguaggi, strumenti, scelte e stili di vita. La metamorfosi tecnologica delle nostre vite è radicale e profonda, tende al superamento dell'umano con l'avvento delle macchine e non può non sollevare riflessioni approfondite sulla sua evoluzione e destinazione finale. E' una metamorfosi che realizza visioni e sogni del passato ed è il risultato di anni di ricerca e sviluppo della tecnologia (tecnica) ma oggi è legittimo, oltre che necessario, interrogarsi se questa evoluzione sia deterministicamente obbligata (una palla da biliardo che una volta partita non può che seguire una certa traiettoria, per usare una analogia di Musil ) o se non esistano al contrario percorsi alternativi, diversi, più umani ("continui sbandamenti") e tali da garantire maggiori spazi di lbertà, decisionale, cognitiva e di scelta. A molti (li chiamerò tecnofobi, tecnocatastrofisti e tecnoapocalittici) la situazione sembra già fuori controllo (ciatzione dal libro Out of control di Kevin Kelly), ad altri (li chiamerò tecnofili, tecnottimisti, tecnoeuforici ma anche tecnostupidi) appare come ricca di nuove opportunità e possibilità.
L’avvento delle nuove tecnologie, e in particolare la diffusione di Internet e del Web, ha avuto una carica sovversiva e dirompente. Per comprendere il fenomeno, le categorie interpretative tipiche delle scienze sociali tradizionali non sono più sufficienti a spiegare una realtà caratterizzata da una comunicazione-informazione in tempo reale, dalla Rete delle reti, dal proliferare di spazi virtuali (cyberspazi, comunità online, social network, secondlife) e di nuove applicazioni mobili capaci di incidere realmente e radicalmente nelle vite delle persone, di suggerire nuovi interrogativi e di sollecitare nuove e più approfondite riflessioni filosofiche finalizzate a comprendere l’evoluzione della specie umana e il suo futuro.
I temi che suggeriscono una riflessione non sono solo Internet (web e macchine collegate tra loro ma anche linguaggi, codici, macchine biologiche e semiotiche), i media sociali e l’impatto sui mezzi di comunicazione ma le trasformazioni strutturali e organizzative della tecnologia moderna attuale, la sua influenza nelle mutazioni cognitive e psichiche umane, l’insorgere di nuove patologie e forme di dipendenza, la ricerca e la scienza, la democrazia e la politica, il mondo del lavoro e le conseguenze sulla occupazione, il tempo libero, la scuola e la didattica, i mutamenti sociali e urbanistici, e molto altro.
Il confronto su questi temi ha interessato da anni una folta schiera di pensatori, scrittori di fantascienza, studiosi, tecnologi e filosofi che hanno condiviso, tra loro e con il pubblico ampio dei loro lettori, idee controverse e spesso contrapposte sulla tecnologia, la sua ideologia e il suo utilizzo pratico. Queste idee hanno proliferato come memi ma sono così numerose e diverse da rappresentare un vero e proprio labirinto della conoscenza, per tutti coloro che hanno deciso di interrogarsi sulla perduta innocenza, sulla fine del sogno profetico alla base delle visioni tecnologiche del passato, sulla prevalenza del virtuale sul reale che unisce i confini tra ciò che è possibile e ciò che è immaginario eliminando ogni punto ìdi osservazione soggettivo, e sulla crescente dipendenza dalle macchine tecnologiche che caratterizza l’epoca post-moderna.
Come tutti i labirinti anche quello tecnologico presenta numerosi ostacoli il cui superamento può tradursi in un percorso di apprendimento e di crescita. Nel labirinto si può entrare come tecnofobi o tecno-apocalittici e uscirne integrati e tecnofili ma si può anche continuare a viverci da tecno-stupidi per l’incapacità a viverne simbolicamente il rito di una iniziazione che può portare a qualche forma di morte temporanea e di successiva rinascita. Il labirinto è reso complesso dalla sua artificalità e virtualità. Il suo paesaggio è altamente tecnologico ma anche inscritto nel nostro sistema nervoso. Abitiamo il labirinto della tecnologia alla ricerca costante di identità e di senso, navigando incerti all'interno di un flusso costante di informazioni che ci fa fluttuare tra situazioni stabili e instabili, ci obbliga alla ricerca continua di noi stessi e a ridefinire il tempo e lo spazio nel quale ci muoviamo. La ricerca è tanto più complicata quanto più grande è la schizofrenia di una esistenza fatta da identità molteplici al tempo stesso terrene e digitali.
Quello tecnologico moderno è un labirinto complesso e rizomatico, dove ogni punto può connettersi a ogni altro in una successione di connessioni senza termine e che, per la sua esplorazione e conoscenza, richiede molto tempo a disposizione, grande disponibilità alla ricerca e allo studio, conoscenze sofisticate, e capacità interpretative. Il tutto per non perdere la percezione unitaria dell’oggetto studiato che con la sua sovrabbondanza di possibilità e opportunità è capace di confondere qualsiasi persona, anche la più acculturata e preparata, tanto più un semplice consumatore appassionato utilizzatore di tecnologie hardware e software.
La tecnologia ha raggiunto un livello di complessità così elevato e le informazioni disponibili sono tanto sovrabbondanti da rendere complicata ogni tipo di analisi, di ricerca e di interpretazione. A questa difficoltà si aggiunge l’ignoranza (sacrsa o nessuna conoscenza) crescente sulle tecnologie utilizzate e sui loro potenziali effetti che crea un vuoto culturale, nuove dipendenze e sudditanze.
Il labirinto tecnologico non è dissimile dai molti labirinti descritti e sperimentati, anche simbolicamente, dall’uomo. E’ un paesaggio psichico e uno spazio mentale, onirico, mitologico, misterico, archetipo della ricerca di realtà perdute e sogno di realtà passate che si vorrebbe vedere rivivere nel presente. Nasce dal nostro inconscio e replica nella sua complessità quella del nostro cervello e delle sue sinapsi che creano miliardi di dedali e di caverne possibili e sempre nuove, oltre che entusiasmanti e ricche di nuova conoscenza. E' un labirinto che, come quello costruito da Dedalo, è scuro e inestricabile come nessun altro, pieno di mostri e versioni tecnologiche evolute di nuovi Minotauri (Μινώταυρος) ma che non tarpa le ali e non impedisce di coltivare la speranza di uscirne. La stessa speranza che motivò Dedalo, imprigionato da Minosse nello stesso labirinto da lui costruito, a costruirsi delle ali di cera e di piume che gli serviranno per fuggire in compagnia del figlio Icaro (poi precipitato in mare per essersi troppo avvicinato al sole).
Immergersi nel labirinto della tecnologia non significa soltanto fare i conti con i nuovi Minotauri, simbolici e digitali, che vi vivono dopo essere stati generati da accoppiamenti come quello che portò Parsifae, moglie di Minosse (Μίνως) e re di Creta, a farsi possedere dal toro bianco di cui si era invaghita. L’avventura del labirinto tecnologico è anche il simbolo della ricerca che caratterizza l’homo technologicus moderno per rimanere umano. E’ un viaggio, spesso simbolico e cognitivo che non vive di spazi labirintici reali, che comporta in alcuni casi la discesa all’inferno (tecnofobia, nomofobia, patologie varie legate alla tecnologia), l'incontro con mostri e incubi della mente, paure e timori per la propria salvezza o sopravvivenza, e una discesa verso il basso che potrebbe anche precludere ogni via di ritorno. Le vie da percorrere sono molte e tra loro intrecciate, le porte possono essere finte, i corridoi paralleli o inestricabilmente interallacciati, l’uscita spesso nascosta e indistinguibile ad occhi inesperti e non ‘educati’ e impossibile da varcare. Trovarla significa però riemergere a nuova vita, uscire fuori dal buio e, come Teseo, diventare re e fondatore di città.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
L’uscita può dipendere da scelte e capacità individuali ma spesso è legata alla condivisione di una esperienza con altri e con il loro aiuto. Le Arianne attuali non sono più figlie di Minosse ma fanciulle e persone che si incontrano nei social network e con cui si interagisce negli spazi abitati della rete. Il fuso con il filo di Arianna si sono trasformati in mappe e matrici della rete caratterizzata da tanti fili quante sono le connessioni e interazioni attive possibili. Se il filo di Arianna è un cordone ombelicale che fa sentire protetti perché garantisce il prolungamento della vita, la mappa con le sue migliaia di collegamenti tecnologici suggerisce l’esistenza di infinite possibilità e vie di uscita. Il filo di Arianna poteva anche non servire per sfuggire da un labirinto monocursale e a forma di spirale nel quale l'entrata coindideva con l'uscita. Muoversi e salvarsi nei labirinti moderni è diventato più complicato e richiede l'intervento di Arianne tecnologiche e moderne.
Grazie alle numerose Arianne con cui interagiamo quotidianamente possiamo superare paure e tecnofobie, essere artefici di noi stessi nel conquistare nuovi equilibri o nel costruirci intorno nuovi labirinti. L’angoscia di Teseo è alleviata dalla presenza di Arianna, quella dell’uomo tecnologico di oggi dalla folla che abita con lui lo stesso labirinto e dalla consapevolezza che il Minotauro (il cyborg tecnologico) non è sempre ‘cattivo’, come può esserlo qualsiasi essere vivente che non ha avuto modo di sperimentare la realtà esterna (come gli uomini della caverna di Platone o gli abitanti del centro commerciale e moderna Caverna di Saramago). Al labirinto e al suo ‘gestore’ ci si può anche arrendere, compiacendosi di abitarlo e di subirne il fascino fino ad arrivare a giustificare l’oscurità in cui si è costretti a vivere o a far finta che il labirinto non esiste ma sia solo una invenzione cognitiva o di quanti lo vorrebbero distruggere.
Grazie all’impiego delle moderne tecnologie il mondo è diventato globalizzato e interconnesso, la qualità della vita delle persone è migliorata, le economie nazionali hanno distribuito maggiore ricchezza e hanno prodotto sistemi sociali più efficienti. Il ruolo della tecnologia è cresciuto esponenzialmente con implicazioni sociali non sempre facilmente valutabili e misurabili. Alcuni ad esempio leggono la crisi economica attuale e la crescente disuguaglianza sociale e economica come una diretta conseguenza dello sviluppo tecnologico e del prevalere di un nuovo ceto sociale dominante composto da finanzieri e manager d'azienda ma anche dai principali azionisti di aziende tecnologiche come Google, Apple, Amazon, Alibaba, Microsoft, ecc. Come ha scritto anche Rampini nel suo ultimo libro Rete padrona (Feltrinelli, 2014), i giganti della tecnologia sono impegnati in una corsa alla supremazia nel tentativo di mappare tutte le informazioni del mondo, connettere tutte le persone, occupare il tempo libero di tutti e creare il negozio unico per tutto il mondo. Nel farlo costruiscono nuovi labirinti nei quali imprigionare consumatori e naviganti, mettendoli nelle mani di nuovi Minotauri a cui devono sottostare e con i quali devono interagire.
Lo sviluppo della tecnologia che ha favorito quello economico globalizzato ci ha intrappolati tutti in un labirinto (ragnatela) tecnologico che si autoalimenta, che diventa sempre più complicato, intricato e complesso e dal quale è sempre più difficile uscire. Dentro questo moderno e multivariato (multicursale) labirinto (λαβύρινθος), ogni qualvolta crediamo di avere ritrovato il filo di Arianna che ci potrebbe guidare verso l’uscita, ne scopriamo rapidamente la sua illusorietà, inconsistenza e fragilità (“non ci sono scale da salire, né faticosi corridoi da percorrere, né muri che ti vietano il passo” – Borges). Una scoperta che facciamo solo dopo esserci ritrovati nell’ennesimo percorso cieco che avevamo intrapreso, come unica possibilità per trovare una salvezza o una semplice via di fuga.
Molte vie di uscita sono precluse, non perché inesistenti o difficili da trovare, ma semplicemente perché chi le cerca non ha alcuna intenzione o voglia di trovarle. Il labirinto tecnologico è ricco di insidie ma anche di benefici e vantaggi. Sa farsi amare e fa stare bene. Soddisfa bisogni reali e offre benessere oltre alla possibilità di sentirsi protagonisti della propria esistenza (il Minotauro sono io e divoro chi arriva a me). Per molti poi il labirinto non è neppure un labirinto perché la sua realtà viene interpretata con letture mirate, individualistiche e utilitaristiche della realtà.
Il labirinto della tecnologia non è solo popolato da oggetti tecnologici, cyborg dotati di maggiore o minore intelligenza e dalle sembianze umane ma da normali e ignari consumatori e da studiosi e specialisti che hanno fatto della tecnologia l’oggetto e lo scopo ultimo del loro lavoro.
Questi studiosi, come ognuno di noi, sono stati influenzati dalla tecnologia e dai suoi effetti sulla vita individuale e sociale, sulla società e sui numerosi mondi paralleli che frequentiamo. La nostra percezione, comprensione e consapevolezza di questa influenza sono limitate e usate per esprimere considerazioni positive o negative, entusiastiche o critiche che finiscono per condizionare il nostro modo di pensare e le nostre visioni degli scenari tecnologici e umani futuri. Il contesto tecnologico nel quale siamo immersi ci impedisce di elaborare ed esprimere giudizi neutrali. Siamo ormai immersi in un’ideologia tecnologica che ci condiziona cognitivamente, e ci suggerisce un determinismo evolutivo tecnologico che non permette di far emergere elementi nuovi utili alla riflessione.
Nel labirinto rizomatico e reticolare della tecnologia siamo tutti uguali, perché tutti possiamo accedervi in qualsiasi momento e in qualsiasi punto, per seguire percorsi personalizzati e decisi all'istante e per ricercare possibili vie di uscita o di fuga. A differenza del labirinto di Cnosso, spiraliforme a raggomitalato su sè tsesso, il nuovo labirinto tecnologico non ha confini nè centro, si espande in continuazione ed è molto virtuale. Le vie di uscita dal labirinto sono molteplici e ogni persona che vi si trova intrappolata può mettersi a cercare la propria o semplicemente, come i protagonisti della caverna di Platone, rinunciare a farlo per non entrare in contatto con un mondo esterno che immaginano pieno di insidie e di mostri. Trovare una via di fuga non è semplice. Il labirinto non è mai solo una realtà fisica bensì, al tempo stesso, uno spazio simbolico nel quale sperimentiamo sia lo spostamento fisico del nostro corpo che quello simbolico e immaginario, condizionato dalle nostre credenze filosofiche e mitologiche (il Minotauro, Arianna, Teseo, Minosse, Egeo, il filo, ecc.), dai livelli di coscienza che sperimentiamo e della consapevolezza alla quale ci affidiamo a ogni trasformazione.
Il labirinto è una metafora perfetta alla quale mi sono affidato per raccontare il mondo della tecnologia, la sua aspirazione a dominare il mondo (il Minotauro come l’Inspector, il sorvegliante capace di osservare opticon - tutti - pan, del Panopticon o il Grande Fratello Google, ruoli non assegnabili a un’unica realtà ma giocati da tutti con l’obiettivo di manifestare un proprio potere di controllo), ma anche per raccontare l’eterna ricerca di vie di uscita e la lotta per la propria libertà (Teseo) da parte di chi vi si sente imprigionato. Il mito del Minotauro e del labirinto di Dedalo nel quale è confinato serve a raccontare visioni e storie diverse del mondo e a dare forma a comportamenti e reazioni diverse che si confrontano sul tema della tecnologia. Sono schiere rappresentate oggi da numerosi studiosi, opinion leader e ricercatori che si confrontano nel loro essere tecnofobi, tecnofili, tecnoneutrali, tecnoscettici, tecnocritici o semplicemente tecnocuriosi.
Questi temi sono stati da me trattati nell'e-book Nei labirinti della tecnologia pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital., un testo che si colloca nel dibattito che coinvolge tecnofili e tecnofobi, apocalittici e integrati, gli uni contro gli altri armati e impegnati in un confronto dialogico dettato dall'eccezionalità della realtà tecnologica, digitale e virtuale che ha cambiato in modo radicale e rivoluzionario le nostre abitudini di interagire, comunicare ed esprimerci.
E’ un dibattito che vede schierati su un fronte coloro che guardano alla tecnologia come lo strumento perfetto per realizzare gli ideali romantici di uguaglianza, di un linguaggio comune e di una soggettività unificata e trascendente. Sul fronte opposto sono schierati i tecnofobi che vedono nella tecnologia, nella realtà virtuale e nelle interpretazioni a loro date dai teorici sociali, la fonte di una crescente frammentazione e diversità, una condizione tipica della postmodernità. Due visioni a confronto e due modi diversi di pensare alla realtà presente e alla sua evoluzione futura. In mezzo ci sono mille varianti e posizioni.
La focalizzazione sulle tecnologie dell’informazione nasce dalla convinzione che senza la sua evoluzione attuale e la sua velocità di fuga, nessun’altra tecnologia avrebbe potuto affermarsi come ha fatto. La tecnologia andrebbe considerata e studiata come un insieme caratterizzato dalle sue numerose forme e organizzazioni materiali ma soprattutto da quelle immateriali fatte di informazioni e collegamenti, di reti e comunicazione e soprattutto di interazioni cognitive con la nostra mente.
Per capire la tecnologia e il suo progresso costante attuale, è necessario comprendere l’evoluzione della nostra mente e di quella genetica. Così facendo si arriva a comprendere la realtà attuale fatta di menti e di corpi sempre più estesi perché dotati di strumenti tecnologici che ne potenziano le capacità creative e ne allargano gli ambiti di applicazione e le opportunità. Lo sviluppo dei media come la televisione, Internet e la posta elettronica, dei media sociali come Facebook e Twitter e ora delle tecnologie indossabili (Google Glass, Oculus Rift, ecc.) ha allargato la sfera d'azione del presente, permettendo l'esperienza pecettiva e la partecipazione ad eventi molteplici e in luoghi lontani.
La tecnologia ha affinato e arricchito le nostre percezioni, allargandone l'orizzonte temporale e spaziale e facendoci vivere, in tempo reale, esistenze parallele e virtuali come se fossero attuali. Immersi in un presente continuo, coltiviamo relazioni anch'esse prive di ogni riferimento storico e spaziale perchè vissute spesso attraverso la rappresentazione di personalità digitali o 'avatar' con i quali superiamo ogni barriera del tempo e dello spazio per vivere ogni esperienza nella simultaneità dell'atto e dell'evento. Viviamo in una specie di Riverworld (romanzo di Philip Josè Farmer) digitale, un mondo creato artificlamente e immaginario, costituito da una sola vallata nella quale scorre un fiume che torna sempre su sè stesso, un fiume labirintico lungo 32 milioni di chilometri con serpentine e anse continue, sponde alte e invalicabili, acque scure e profonde e rive sabbiose e impraticabili. Il fiume è popolato dall'intera umanità (36 miliardi di persone) che ha vissuto sulla terra nelle varie epoche storiche che si sono susseguite nel tempo e prima che gli alieni eliminassero la razza umana. Ciascuna persona ha un corpo da venticinquenne che non invecchia e capace di ricostituirsi dopo ogni danno subito, è senza difetti genetici o malanni acquisiti nel tempo.
Così come in Riverworld, anche nei mondi tecnologici odierni gli individui sono corpi 'artificiali' sempre giovani (vedi le foto dei profili del Muro delle facce) creati e tenuti insieme dalla tecnologia che vivono relazioni senza spazio ma passando da una interazione che presuppone la presenza fisica a una che non la presuppone più. Il fiume è diventato rete ma ne mantiene tutte le caratteristiche negative e di opportunità. Vi si può perdere l'anima o acquisire nuova conoscenza. L'una o l'altra possibilità è determinata dalla nostra capacità nel dar vita a nuove forme di relazione, di dialogo, di vita sociale e di spazi e soprattutto nel saper gestire la rapidità con la quale la tecnologia evolve e la virtualità immanente del digitale.
La velocità che caratterizza la tecnologia è cresciuta in modo esponenziale da quando ci siamo immersi in un mondo software onnipresente e sconcertante e in reti di oggetti tecnologici, caratterizzate dall'invisibilità e dalla complessità dei numerosi componenti elettronici miniaturizzati che le rendono possibili. La tecnologia, nella fase di evoluzione attuale, ha raggiunto una 'velocità di fuga' tale da riversare su di noi, in modo istantaneo e continuo, informazioni e messaggi capaci di confonderci e renderci ansiosi. E’ una velocità che ci fa sentire sopraffatti e agiti dagli strumenti tecnologici e dai media elettronici che utilizziamo. All’interno di mondi virtuali e paralleli che sentiamo nostri, viviamo le nostre vite immateriali attraverso l’interconnessione elettronica e macchine sempre più intelligenti e autonome capaci di scegliere e decidere per noi e che si preparano forse a sostituirci come esseri post-biologici e bionici ed esseri complessi quanto lo siamo noi.
Questa 'velocità di fuga' tecnologica e gli scenari che essa sembra voler anticipare, generano reazioni contrastanti che trovano riscontro in numerose pubblicazioni che prefigurano mondi utopici (e-topici) completamente liberati dalla tecnologia di ogni vincolo e limite umano ma anche mondi dispotici nei quali a dominare è la tecnologia. Sono mondi quasi trascendentali e mitologici, rivestiti di tendenze millenaristiche e molto misticismo, che sembrano voler offrire la soluzione perfetta alla disgregazione spirituale e sociale che stiamo vivendo. Sono mondi che sono stati oggetto delle meditazioni e degli scritti di scienziati, scrittori di fantascienza, tecnologi e futurologi che hanno sviluppato e proposto negli ultimi venti anni visioni avveniristiche del futuro che oggi sembrano trovare realizzazione.
Dando per scontato che la tecnologia sia ormai inestricabilmente intessuta nella trama delle nostre vite, non esiste un’unica cultura tecnologica ma posizioni tra loro molto discordanti e riconducibili ad approcci tecnofiliaci o tecnofobici che entrano spesso in cortocircuito. Alcune di queste posizioni vedono il computer e la tecnologia come uno strumento di liberazione, altre di repressione, alienazione e distruzione dell’essere umano. Tutte si occupano di tecnologia ma in realtà costruiscono narrazioni e storie capaci di illustrare le ideologie sottostanti, le culture emergenti e i nuovi comportamenti individuali e sociali. Nessuno è chiamato ad identificarsi in una delle numerose psizioni emergenti per definire la sua relazione con la tecnologia. Tutti possono trovare nella grande mole di docuemntazione prodotta e nei numerosi testi che da alcuni anni suggeriscono letture critiche del ruolo che la tecnologia ha nelle nostre vite, nuovi strumenti e argomentazioni per riflettere sul loro rapporto personale e gli effetti che ne derivano.
Se volete approfondire questi temi e scoprire quali siano gli autori che stanno caratterizzando il dibattito pubblico sulla tecnologia può scaricare dalla rete il mio e-book Nei labirinti della tecnologia pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital.