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Mi piace sfogliare

Mi piace sfogliare

29 Maggio 2019 Carlo Mazzucchelli
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Si naviga molto e si sfoglia sempre di meno. La navigazione rende ingombranti libri e riviste, ma soprattutto i giornali, troppo grandi per essere sfogliati in spazi per molti sempre più angusti. Non è un caso che stanno scomparendo tutte le edicole e con loro anche le opportunità di sfoglio!

L’inconscio tecnologico ci dice cosa dobbiamo fare e noi lo facciamo. Non farlo significherebbe condannarsi all’infelicità. Se tutti cinguettano meglio assuefarsi a farlo, se tutti continuano a postare messaggi su Facebook e a farlo gratuitamente, alimentando i Big Data e i loro algoritmi, meglio farlo anche noi. Eppure chiudere l’account di Twitter e/o di Facebook, anche solo temporaneamente, è sempre possibile. E’ come impegnarsi in una dieta alimentare che si vuole sperimentare per perdere peso o riacquistare tonicità. E’ un modo per resistere al cinguettificio dominante, oggi sempre più dominato da corvi e condor nella veste di politici e loro social media manager. 

Per rinunciare a twitter o anche solo per resistere bisogna saper affrontare il disagio che deriva dal provare a fare qualcosa di diverso rispetto a quello che fanno tutti (o quasi) gli altri. Superarlo significa avere superato la sindrome di Stoccolma che porta molti a diventare più realisti del re nel decantare il potere dei media tecnologici nella comunicazione così come nel giornalismo e nella politica. 

Rinunciando a conversare cinguettando per un lasso di tempo più o meno lungo si possono avere più opportunità per riscoprire altre forme di comunicazione, lettura e scrittura. Una di queste opportunità è la lettura di un libro o di un testo, non più sul display di un dispositivo, ma su carta. Un supporto per la lettura che non perso la sua importanza e che, per alcuni, è anzi quello che meglio facilità la comprensione e la memorizzazione (il ricordo). Qualcosa di simile si potrebbe dire sulla scrittura. Scrivere a mano non è più una pratica comune o diffusa ma molti studiosi ed esperimenti indicano quanto averlo fatto abbia contribuito alla capacità e alla pratica della lettura. 

Allontanarsi dalle conversazioni digitali permette, forse, di riscoprire i media tradizionali. Media come i quotidiani cartacei, ormai acquistati solo da persone anziane, che continuano a essere dei supporti di lettura efficienti. Le pubblicità che contengono non sono così invasive come i banner dei display, l’ampiezza delle pagine è una fonte di curiosità che spinge a leggere articoli e testi che non si sapeva di volere o essere interessati a leggere. Molti testi hanno standard di qualità maggiore rispetto a molti testi che si trovano online, forse perché molti articoli online sono scritti da persone sottopagate o pagate solo per scrivere testi brevi e adattati alle logiche SEO e SEM. 

Riscoprire i media tradizionali così come i libri è un atto di resistenza al predominio delle piattaforme che si stanno mangiando il mondo editoriale e il mondo in generale.  E’ anche un modo per dare man forte ai tanti tecnofili che, pur passando molte ore online, sanno di doversi misurare anche con la carta. 

Per quanto mi riguarda, sono sempre online, spesso di fronte a uno schermo, ma non ho abbandonato il piacere dello sfoglio e neppure quello di andare a un’edicola. Il giornale mi serve per ritagliare ciò che mi interessa e può rimanere mesi sulla scrivania in attesa di essere usato. Sullo schermo il contenuto fila via veloce e si dissolve e nessuna navigazione lo renderà accessibile come lo è quello del ritaglio di giornale che riposa in una cartella o fa da separatore dentro a un libro sulla scrivania o sulla libreria. Continuare a sfogliare non è solo un modo per allenare in modo diverso polpastrelli e dita ormai rassegnate allo struscio sul display, è anche un modo per alimentare il cervello, tenendolo concentrato su attività motrici diversamente impopolari e offrendogli la possibilità di svilupparsi verso direzioni non predeterminate da algoritmi e piattaforme software.

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