E' tempo di apericene e happy hours

01 Ottobre 2017 Redazione SoloTablet
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Se hai mille amici ma non conosci nessuno è tempo di apericene e happy hours

Il libro di Carlo Mazzucchelli 100 strategie analogiche per resistere al digitale (e allo smartphone) è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Se hai mille amici ma non conosci nessuno è tempo di apericene e happy hours 

 

Le apericene non sono solo un fenomeno Hipster e Lambersexual, di Milano o di Torino. Le happy hours risalgono al diciannovesimo secolo, hanno interessato tutte le generazioni e continuano ancora oggi, alla faccia dei social network e di Internet.

Facebook è abitato da due miliardi di persone, non tutte reali, molte in fase zombie e tutte con un profilo digitale, incorporeo e trasparente. Promette a tutti di superare il fatidico numero dell'antropologo Robin Dunbar che indica in 150 il numero massimo di persone con le quali ogni indivduo può intrattenere relazioni stabili, legate alla conoscenza dell'identità di ogni persona e del loro modo di rerlazionarsi agli altri. Così come altri social e professional network simili, Facebook è anche il luogo nel quale molti si cimentano nella collezione di amici e di MiPiace. I MiPiace sono diventati gesti automatici, dettati dalla consuetudine e dai comportamenti online. La collezione di contatti e di richieste di amicizia non è solo un esercizio narcisistico e di rappresentazione del Sé ma risponde spesso a una necessità reale, l'uscita dall'isolamento e dalla  solitudine, la ricerca di contatti digitali dai quali possano nascere relazioni ed esperienze reali, nella vita al di fuori della Rete e del muro delle facce. 

La tecnologia si offre a noi in modo seducente come la soluzione alle nostre frustrazioni e fragilità e lo strumento per soddisfare i nostri bisogni più intimi. Nella virtualità del digitale però il rischio è che si generi una grande illusione da cui può nascere una maggiore vulnerabilità, nuove forme di solitudine e di infelicità. Avere molti contatti è percepito come una soluzione ma è anche, come ha scritto Sherry Turkle nel suo libro Insieme ma soli, un modo per nascondersi le difficoltà che caratterizzano ogni forma di intimità e gli impegni dell'amicizia. Allargare la propria cerchia di conoscenze in Facebook può servire a mantenere il legame con persone che vivono lontano e con le quali non si vogliono perdere i contatti, non necessariamente a rafforzare amicizie esistenti e a coltivarne di nuove. I mille amici di Facebook non sono davvero amici, sono spesso semplici fan, persone fatte amiche dalla forza della rete sociale che si frequenta e degli algoritmi software che implementano le logiche dei legami deboli e forti delle reti. Sono semplici rappresentazioni algoritmiche anaffettive e bulimiche nella richiesta continua di reazioni ma anche provvisorie, superficiali, afone e prive di voce, capaci di generare tanti legami deboli, ma sempre impegnativi, abili nel catturare l'attenzione e rubare il tempo.

Superati i mille amici Facebook e diventati consapevoli che la forza del numero non aiuta a soddisfare i bisogni e a risolvere i problemi di solitudine, di abbandono e di isolamento, la migliore soluzione è tornare a guardare con allegria alle apericene, ai Pub e ai Bistrot (celebrato da Marc Augè nel suo libro Un etnologo al Bistrot) agli incontri al bar, all'evento sociale in strada e alle Happy Hours sotto casa.

 

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