2017 - Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale /

Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale

Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale

01 Giugno 2017 Redazione SoloTablet
SoloTablet
Redazione SoloTablet
share
IMMAGINI

 

Il libro di Carlo Mazzucchelli Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

 

L'inganno delle immagini

Siamo immersi in un mondo popolato da immagini. Il loro flusso continuo alimenta un diluvio universale, prevalentemente digitale, che domina la vita quotidiana di tutti così come il loro ambiente sociale e culturale e dal quale pochi si potranno salvare costruendo arche di salvezza o facili vie di fuga. Come un'alluvione queste immagini ci fanno percepire tutta la nostra impotenza (il fuoco si può spegnere, difficile si può fermare la potenza travolgente dell'acqua) di fronte alla loro forza attrattiva e dirompente ma ci suggeriscono anche quanto sia importante adottare alcune strategie e comportamenti di difesa recuperando la vista perduta a causa dell'eccessiva proliferazione di immagini che ha causato la cecità dello sguardo. Un primo passo ad esempio potrebbe portare a smettere di far scorrere fotografie, selfie e immagini sui nostri smartphone e di cominciare a porsi delle domande.

Le immagini rivolgono potenti il loro sguardo su di noi, richiamando la nostra attenzione e stimolando la nostra emotività, affettività e sensibilità. Il potere del loro sguardo è pornografico, sono immagini capaci di attrarre per il contenuto piacevole e per la loro nudità che si offre generosa per un veloce flirt fatto di click, di condivisioni e di MiPiace. Il potere di questo sguardo sta nella sua diversità. Le immagini proliferano e scorrono veloci sullo schermo producendo il bisogno consumistico di chi ha incrociato il loro sguardo e ne è rimasto incantato e incatenato. Sono immagini viventi, potenti nella loro virtualità (potenzialità), vigorose nel saper veicolare verità così come menzogne, illusioni e inganni, sono Gorgoni dall'aspetto ammaliante (quelle del mito della Medusa avevano aspetto terrificante) capaci di pietrificare chiunque ne incroci lo sguardo e di decidere il destino di chi le mette al centro del proprio sguardo.

Il nostro sguardo non è altrettanto potente come pensiamo. Lo sguardo umano è per definizione limitato, nel tempo e nello spazio, sia nell'oltrepassare i limiti di un'inquadratura sia nell'assorbire il fuori campo. Una limitazione che oggi deriva anche dall'utilizzo di dispositivi tecnologici che "[...] inducono a schematizzare la realtà, come l'oggetto di un'esperienza semplificata (dotata del minimo indispensabile di elaborazione) o di uno show potenziale [...] un evento anestetico in cui ne va dell'atrofia e del prosciugamento dei processi emotivi e cognitivi [...] - Tecnologie della sensibilità -Pietro Montani). Uno sguardo, quello umano, che continuerà a essere limitato anche quando gli occhi saranno potenziati da tecnologie di Realtà Aumentata, occhiali intelligenti e altre tecnologie indossabili. Tutte tecnologie capaci di fornire maggiore informazione, ma anche di impedire esperienze spiazzanti, non sempre prevedibili e tipicamente umane. La limitatezza dello sguardo, limitata in questo caso da tecnologie aumentate che in realtà potrebbero essere denominate come tecnologie umanamente diminuite.

Gli schermi che hanno popolato le nostre vite con i loro display magnetici sono capaci di sviare e di avvincere, di sedurre e penetrarci ma sono anche portatori di illusioni e di inganni. Con le loro immagini, ci impediscono di contemplare la verità ("le immagini producono effetti illusori..", sono buone per confondere le idee e non per chiarirle scriveva Platone nel X libro della Repubblica). Le immagini che ci guardano, con le loro superfici dai contenuti visuali e testuali, non sono neutrali ma entità indipendenti e aggressive, capaci di condizionarci e ingannarci, filtri potenti che nascondono o elidono tutto ciò che non rientra dentro le loro cornici. Soprattutto se a guardarci sono semplici riproduzioni digitali che mettono in dubbio in modo radicale la verità stessa della fotografia e dell'immagine della realtà da essa ri-prodotta.

Parole e immagini sono due modalità per dare forma al Reale, raccontandolo e interpretandolo. La possibilità di modificare una foto, ritoccarla, abbellirla, fa sì che il Reale possa scomparire ed essere rappresentato o citato solo in parte. Dentro la semplice rappresentazione di un'immagine sullo schermo o di una fotografia (vedi la mania degli autoscatti o dei selfie) ci si rifugia alla ricerca di visibilità (... almeno per un istante) e di ciò che non si è, per sentirsi allegri, sorridenti e vivi. Sedotti e innamorati delle immagini, in particolare di quelle che si raccontano e rappresentano sugli schermi che attraversiamo continuamente, finiamo per allentare ogni forma di difesa nei loro confronti, per dimenticare la realtà, per percepirla come imperfetta e come tale da evitare. Secondo Byung-Chul Han "le immagini rese consumabili distruggono la particolare semantica e poetica dell'immagine, che è più di una mera rappresentazione del Reale. Le immagini vengono addomesticate in modo da essere consumabili". Se l'immagine si discosta troppo dalla Realtà o comunica messaggi ingannevoli, il rischio è che si possano generare disturbi ed effetti negativi che ci spingono a ricercare ossessivamente il recupero di una relazione con il Reale, ad esempio attraverso scatti continui del nostro dispositivo mobile o visualizzazioni compulsive delle numerose immagini in arrivo. Atteggiamenti che hanno il potere di ravvivare la potenza del mezzo tecnologico utilizzato così come le capacità performative dell'immagine, nel determinare racconti della realtà e sue rappresentazioni che vengano percepiti come veritieri e che forse veritieri e reali non sono.

Stimolati luminosamente dallo schermo, l'inganno, l'illusione, la falsità scorrono oggi sul display di un dispositivo (macchina per far vedere e far parlare determinata storicamente, come ha scritto Gilles Deleuze) e si realizzano attraverso piattaforme come Instagram, Pinterest, SnapChat, facebook e molte altre. L'inganno è parte integrante dell'immagine digitale, come tale ritoccabile, migliorabile e utilizzabile per manipolare la vista e il messaggio. Sono immagini ingannatrici anche i marchi e i Brand con i loro loghi e le loro rappresentazioni iconografiche pensate per veicolare messaggi e narrazioni, portatrici di illusioni, inganni e manipolazioni.  I dati numerici che descrivono ogni immagine digitale sono già di per sé un'approssimazione matematica e algoritmica della realtà che come tale può essere corretta, modificata e manipolata. Una fotografia (dal greco φῶς, φωτός e γραφή) è un documento che racconta un avvenimento, una realtà o una persona con l'occhio di chi lo ha creato in forma di immagine. Se è vero che la fotografia è un mezzo potente per catturare il Reale, essa assume le caratteristiche dello sguardo e dell'occhio di chi guarda, così come l'immagine digitale assume le caratteristiche del programmatore o del grafico che la modifica. Proprio per questo nella fotografia e nell'immagine digitale è già insita in partenza una grande ambiguità di fondo derivante dall'essere strumento di mediazione tra il fotografo, chi guarda e scatta, e la realtà, tra produttore e consumatore online.

La componente di soggettività che caratterizza ogni immagine interferisce nella presa del Reale, prima e durante lo scatto ma anche dopo, quando l'immagine viene pubblicata e mostrata e oggi anche molto condivisa sui social network in formato digitale. Come mezzo di interpretazione della realtà la fotografia può diventare un grande inganno (è di questi giorni la notizia che Bergün, un paesino della Svizzera ha vietato le fotografie perché i suoi cittadini lo reputano troppo bello per essere raccontato con una immagine), una mezza verità che impedisce di contemplare la verità anche se non è necessariamente una rappresentazione manipolata della realtà dalla quale è stata tratta. È una narrazione soggettiva ma molto lontana da quelle ingannatrici e manipolatorie tipiche delle immagini pubblicitarie. Una narrazione che può essere sempre ingannevole o una mezza verità come lo è la storia stessa di Bergün che potrebbe avere fatto conoscere la sua iniziativa con scopi prevalentemente promozionali e di marketing. Significativa è in questo senso l'affermazione contenuta nel comunicato stampa che spiega la motivazione della legge comunale con il fatto che "è scientificamente provato come la belle foto vacanziere postate e diffuse sui media sociali producano l'effetto FOMO (Fear of missing Out) e rendano molti spettatori infelici per non poter trovarsi sul posto mostrato [...]". Un invito sottinteso a visitare di persona il paese che se fosse raccolto in massa renderebbe Bergün più ricco di Saint Moritz o Davos.

Qualsiasi immagine o fotografia digitale può essere ritoccata, migliorata e modificata, aumentata con l'aggiunta di contesti, oggetti e persone diverse. L'immagine può essere ritoccata dal fotografo esperto che sta preparando un'esposizione artistica nella quale mostrare il suo lavoro creativo di reinterpretazione della realtà, ma anche da un bambino dotato di scanner e di un computer o da un cyber-bullo della Rete per perpetrare uno dei suoi attacchi. Il risultato finale può essere molto diverso dalla realtà oggettiva da cui è scaturito lo scatto o la riproduzione digitale di un'immagine attraverso uno scanner, ma sempre percepibile come reale e assolutamente verosimile. Dopo anni di ritocchi e manipolazioni delle immagini da parte di media e agenzie pubblicitarie, l'utente dà quasi per scontato che tutto sia adulterato e ritoccato ma al tempo stesso non rinuncia cinicamente a fare uso di queste immagini e a riprodurne di simili per raccontare se stesso, alla ricerca di un Sé digitale a sua volta sempre più ricostruito, ritoccato, immaginario e iper-reale. Al tempo stesso questo utente si è così abituato a rappresentazioni iper-realistiche della realtà da trasformare semplici sceneggiature, coreografie e racconti televisivi, in realtà percepite come autentiche. In realtà semplici simulacri, copie del reale che, anche grazie alla loro copiatura ripetuta e alla loro condivisione (ad esempio tramite WhatsApp o altri media sociali e social network come Facebook) finiscono per offuscare la relazione esistente tra originale (fotografia, immagine, fatto) e sua riproduzione o narrazione.

L'offuscamento tra ciò che è reale (vero?) e falso spiega molto bene il fenomeno delle bufale e delle post-verità che popolano la Rete e ne evidenziano l'ambiguità e il suo essere contenitore di data trash. La Rete così come la televisione, con i suoi talk e reality show, sono diventati spazi nei quali è difficile distinguere attori pagati per interpretare personaggi e persone reali ma anche spazi nei quali si mettono in piazza in modo patetico sentimenti e segreti personali senza alcun ritegno e dignità ma per pura estasi di comunicazione e di esibizione. Il privato diventa  pubblico e poi ancora privato in un circolo vizioso che coinvolge le platee televisive ma anche quelle più numerose e attive della Rete e dei social network.

Il rischio non è più quello di essere vittime di false notizie ma di partecipare a rinnovati Truman Show nei quali a essere falso è l'intero mondo da essi rappresentato e raccontato, gestito in modo tale che chi vi è imprigionato non può che chiedersi un'unica domanda, la stessa del protagonista del film omonimo di Peter Weir: "c'era qualcosa di vero?". Una domanda che, nel film, ottiene la risposta "Tu eri vero!". Una risposta che non elimina il dubbio sulla sua insufficienza, parzialità e inadeguatezza perché come può esistere qualcosa di vero in un contesto plasmato da altri e che hanno già deciso come andrà a finire? La domanda del protagonista del film dovrebbe essere assunta come propria dai milioni di persone che abitano incoscienti e felici gli spazi digitali del muro delle facce e dei suoi molteplici Truman Show virtuali e che, proprio perché sono numerosi, generano maggiore offuscamento, inganno e menzogna.

Una notizia bufala, sparata su qualche piattaforma digitale, contiene sempre qualcosa di veritiero che è però rimaneggiato e reso più attrattivo dall'aggiunta di un titolo a effetto e da informazioni non veritiere, appositamente create per originare scandalo e di conseguenza maggiore interesse e attenzione. Ma anche per motivi prettamente commerciali, politici (basti pensare all'offuscamento della realtà sulla disoccupazione e sui posti di lavoro, pervicacemente perseguito con l'aiuto dei media)  e di guadagno. Chi se ne fosse dimenticato può ritornare con la mente al rapimento delle due cooperanti italiane Greta e Vanessa, finite in mano ai terroristi del Daesh, e alle notizie fatte trapelare di un loro possibile coinvolgimento sessuale con i loro carcerieri. Una notizia falsa, collegata a una vera e utilizzata con il semplice scopo di catturare attenzione e provocare emozioni da parte di un pubblico più vasto, per trarne vantaggi economici. Chi ha lanciato l'insinuazione iniziale è stato un sito italiano, subito gratificato dall'arrivo di ricche promozioni pubblicitarie, a loro volta disegnate e programmate appositamente per intercettare le migliaia di accessi online di utenti curiosi o semplicemente alla ricerca morbosa di particolari scottanti e di dettagli pruriginosamente osé sulle due volontarie italiane.

La nostra capacità di selezionare le notizie vere da quelle false è condizionata da anni di assuefazione a un altro tipo di realtà artefatta, quella dei prodotti. Così come si sono diffuse, grazie alle nuove tecnologie dell'informazione, le bufale e le false-verità, nell'economia post-moderna si sono diffusi (20-30% del totale) i prodotti contraffatti ("la premessa postmoderna che la realtà e il suo simulacro sono indistinguibili ha favorito una florida cultura e una economia basata su prodotti contraffatti" - Richard Appignanesi) . Le prime e i secondi condividono il loro essere simulacri di una realtà illusoria e manipolata, anche semanticamente attraverso immagini e parole. Una manipolazione che riguarda sia il discorso commerciale sia quello pubblico e politico. Che senso ha ad esempio parlare, come fa il nuovo presidente degli Stati Uniti, di produrre e comprare americano quando la maggior parte dei prodotti acquistabili nelle grandi catene commerciali americane è stata prodotta o assemblata in paesi stranieri. Che senso ha imporre, nel mercato italiano, etichette che raccontino la provenienza nostrana di un prodotto quando, a essere prodotte in Italia sono forse le sole etichette, se non altro per il fatto che vengono spesso applicate in Italia. Che senso ha infine parlare di prodotti contraffatti quando la maggior parte di coloro che li acquistano sa di stare acquistando un'imitazione e spesso lo fa non conoscendo la differenza tra un materiale naturale e uno chimico (prodotti che sostituiscono lo zucchero o altri alimenti) o plastico (il vinile che prende il posto della pelle, il poliestere e i tessuti sintetici che vengono scambiati per cotone, ecc.). La scarsa conoscenza e l'ignoranza sono all'origine di molti inganni e autoinganni. Da questi inganni nasce ad esempio la convinzione di molti che i prodotti contraffatti siano migliori o uguali di quelli veri (non contraffatti) e la crescente difficoltà a diradare la nebbia dell'offuscamento mediatico e comunicazionale che impedisce di distinguere i primi dai secondi e di fare le scelte utilitaristiche conseguenti.

Eccessiva credulità, pigrizia personale, assuefazione e condiscendenza si manifestano nel nostro rapporto con le informazioni così come con le immagini. È una relazione che ci impedisce di scoprire dove sta la loro falsità o improbabilità e ci proietta in un mondo immaginario, costruito da altri ma con la nostra complicità, e dal quale sembra che facciamo fatica a fuggire. La moltiplicazione degli schermi usati ha creato una specie di labirinto che ci impedisce di trovare ogni via di fuga. L'impossibilità di fuga può ingenerare la paura di sentirsi prigionieri ma anche soddisfare il desiderio di fuga dalla realtà e dalla verità. Quella dello schermo e delle sue immagini è una realtà di fantasia, percepita come Reale, nella quale ci raccontiamo di sentirci bene e che ci vede recitare copioni e sceneggiature scritte da altri. Una specie di serie televisiva senza fine che continua a durare proprio perché è frutto di una continua scrittura-riscrittura che si evolve nel tempo, nella forma di un gigantesco ipertesto che coinvolge sia lo sceneggiatore sia il telespettatore. Una realtà ipertestuale ricca di informazioni dettagliate e di possibilità di letture diverse, ma anche veicolo di fuga dalla realtà e dalla conoscenza, intesa in tutte le sue diverse accezioni (conoscenza dei fatti, del perché delle cose, ecc.). Un ostacolo a una maggiore consapevolezza sulla pericolosità di contagio insito nelle immagini, simile a quella riscontrabile nelle informazioni e nelle notizie, soprattutto in quelle false e ingannevoli che si presentano oggi nella forma di bufale, false-verità e post-verità.

libro carlo Bufale.jpg 

 

comments powered by Disqus

Sei alla ricerca di uno sviluppatore?

Cerca nel nostro database