2017 - Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale /

Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale

Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale

01 Giugno 2017 Redazione SoloTablet
SoloTablet
Redazione SoloTablet
share
INTRODUZIONE

Il libro di Carlo Mazzucchelli Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

 

Introduzione

Bufale, post-verità (post-truth per usare la terminologia adottata dall'Oxford Dictionary), "notizie che non lo erano" (per citare il libro di Luca Sofri), informazioni fasulle, fake news, sono tutte terminologie e concetti entrati prepotentemente nel lessico di ogni giorno e argomento fisso di narrazioni giornalistiche e autorali che si sono sbizzarrite nel descrivere il circolo vizioso delle false notizie. È come se all'improvviso si fosse scoperta l'acqua calda e si fosse dimenticato quanto la storia, politica, economica, giornalistica, relazionale e individuale sia piena di falsità, ambiguità, mezze verità e pseudo-verità, manipolazioni più o meno riuscite, verità negate, nascoste, censurate ma anche costruite, autoprodotte e autoalimentate. È come se, come ha scritto Paolo Pagliaro nel suo recente libro Il Punto "si sia finalmente affermata una verità che da tempo era sotto gli occhi di tutti. E cioè che oggi contano più le emozioni che i fatti oggettivi. Più le suggestioni che i pensieri. Più lo storytelling (le narrazioni) che le storie. Più la propaganda che l'informazione. E dunque più le bugie che il racconto veritiero dei fatti."

Le false notizie non riguardano solo Internet e i Social Network di Facebook e  di Instagram o SnapChat. Possono farsi risalire all'origine delle notizie stesse, al serpente che imbrogliò Eva con una mela dal succo avvelenato o alla furbizia di Ulisse, l'uomo "dal multiforme ingegno" ritenuto il più grande bugiardo della storia.

Il fatto che se ne parli così tanto non dipende solo dalla Brexit (determinata anche dalle numerose menzogne raccontate dal fronte a favore del leave sul fenomeno dell'immigrazione e dei migranti) o dall'arrivo del ciclone Trump, un artista nell'uso della bugia per accalappiare il consenso ed emulo in questo senso del maestro nostrano Berlusconi (il Washington Post che assegna dei Pinocchi ai politici menzogneri ne ha assegnato 59 a Trump durante la campagna elettorale). Non dipende neppure dal fatto che molte bugie elettorali e altrettante madornali menzogne propagandistiche siano spesso richieste implicitamente dagli stessi elettori che chiedono, al politico popolare di turno, di farli sognare (#renzifammisognare) raccontando loro delle storie, e poco importa se esse sono pura invenzione, false promesse o autentica menzogna.

L'attenzione crescente rivolta alle false notizie dipende anche dalla percezione che oggi le false notizie abbiano preso il sopravvento su quelle vere e che l'interpretazione dei fatti abbia soppiantato i fatti stessi. Ogni sistema sociale durevole ha la capacità di autoriprodursi facendo in modo che gli individui che lo abitano desiderino farne parte senza sentirsi obbligati a farlo, e senza alcuna aspirazione di ribellione e rigetto (i riferimenti vanno al film Matrix ma anche al romanzo Il Cerchio di David Eggers e molti altri). Oggi questo sistema, caratterizzato dal surplus informativo (di parole e di immagini) e cognitivo e dalla globalità dei mezzi tecnologici internettiani, è costruito su una montagna di falsità e di mistificazioni. Sulla manipolazione ma soprattutto sulla complicità, sulla rinuncia a capire e sul crescente analfabetismo, anche tecnologico, di chi ne fa parte. L'analfabetismo tecnologico ad esempio di molti utilizzatori di dispositivi mobili convinti di poter realizzare se stessi nella loro autenticità o di ottenere ciò che desiderano solo perché dotati di un potente smartphone e di mezzi tecnologici potenti e sofisticati.

Nella diffusione delle bufale la tecnologia gioca oggi un ruolo fondamentale ma forse la maggiore responsabilità andrebbe assegnata alla politica, al giornalismo e ai media (la stampa è libera ma soggetta...), responsabili per il linguaggio e le prassi adottate, all'origine della propagazione di piccole e grandi bugie, di inganni, di sotterfugi e di false informazioni, che avvelenano il flusso dell'informazione contribuendo anche alla sua viralità digitale. Nel mondo dominato delle post-verità che hanno portato all'elezione di Trump, si conferma il cambiamento in corso del confine esistente tra finzione e realtà nella narrazione e comunicazione pubblica e il ruolo dei media, nel sostenere e convalidare in modo conformistico e politicamente corretto il discorso pubblico emergente. Un confine che non potrebbe essere meglio delimitato neppure dal muro che Trump ha deciso di costruire al confine con il Messico o che i paesi dell'Est hanno già costruito per impedire le rotte balcaniche dei migranti.

Il ruolo dell'individuo

Grande responsabilità spetta però anche al singolo individuo, nel suo ruolo di lettore, consumatore, abitante degli spazi virtuali della Rete (quasi il 50% della popolazione oggi si informa attraverso Facebook!), cittadino ed elettore. Un individuo spesso incapace di riflettere criticamente sulla realtà perché chiuso a riccio nella sua bolla di sopravvivenza, confuso e ingannato dal riflesso illusorio dei numerosi specchi che lo circondano (non solo display ma anche vetrine, schermi TV, pannelli pubblicitari, dispositivi tecnologici indossabili, Chatbot come Echo di Amazon, selfie e autoscatti) e nei quali cerca conferme alle sue opinioni, vede costantemente e narcisisticamente se stesso ma anche la sua rabbia, il suo disagio e il suo malessere diffuso.

Un individuo diventato pigro e privo degli strumenti cognitivi necessari per una riflessione critica, consapevole e responsabile sulla realtà dei fatti, imprigionato nelle varie caverne dell'eco che lo portano a ricercare contatti e sintonia con chi ha una visione del mondo simile alla sua, per trovare conferma costante alle proprie opinioni. Il modo con cui abita gli spazi tecnologici del Web lo porta all'accettazione passiva di contenuti e informazioni che accetta senza esitazione e senza alcun processo cognitivo dentro la sua testa. Un processo reso difficile, se non impossibile, dalla velocità con la quale legge (sarebbe meglio dire fotografa) i contenuti sui display del suo smartphone e li condivide o li gratifica di un MiPiace.

Forse più che la falsa notizia, a sollecitare una riflessione critica sulla realtà dovrebbero essere innanzitutto le trasformazioni economiche e sociali in atto con il senso di spaesamento e di crisi che si portano appresso, in termini di precarietà e provvisorietà diffusa, di insicurezza e paure, di ingiustizia e di disuguaglianza percepita. La riflessione critica non dovrebbe interessare solo le false notizie ma il mondo delle notizie e l'informazione in generale, il clima culturale che l'accompagna e i linguaggi usati. Dovrebbe prendere in considerazione quanto siamo sempre più piegati subdolamente e pragmaticamente all'arte della manipolazione, anche semantica della realtà oggettiva dei fatti, e dei significati stessi delle parole. Una manipolazione esercitata attraverso un uso improprio delle parole e una loro vera e propria manomissione, spesso mutuata dal potere di chi le usa. Un potere come quello che il personaggio Humpty Dumpty (grosso uovo o uovo tarchiato) di Alice nel paese delle meraviglie pretende di avere: "Quando io uso una parola, questa significa esattamente quello che decido io [...] né più né meno [...] bisogna vedere chi è che comanda [...] è tutto qua".

La manipolazione esiste da sempre ed è stata analizzata fin dall'antica Grecia da filosofi come Platone e Aristotele che distinguevano tra il discorso finalizzato alla conoscenza e il discorso retorico e sofista. Oggi la manipolazione nasce innanzitutto come un gioco astuto che fa prevalere la forma di comunicazione retorica su quella in grado di generare una qualche forma di scambio basato sul dialogo e sulla conversazione. Se si vuole comprendere la menzogna insita in molte informazioni, notizie e bufale, è necessario comprendere quanto sia cambiata la comunicazione contemporanea, usata prevalentemente per persuadere, per avere ragione e per imporre un punto do vista su un altro.

Il prevalere della forma, della punteggiatura e dei toni della comunicazione, fa sparire il suo contenuto e i suoi elementi di verità, trasforma il comunicare in semplice diffusione di messaggi, oggi espressi quasi sempre nella forma di immagini, cinguettii e messaggini, e in semplice manipolazione. L'obiettivo non è il confronto, il dialogo o lo scambio ma riuscire a far credere qualcosa, indurre pensieri e comportamenti, muovere all'azione (ad esempio esprimere un gradimento in forma di condivisione e di MiPiace), rompere le difese personali dei destinatari, in modo da trasformarli in semplici riceventi passivi e allucinati di un messaggio, e impedendo loro ogni tentativo di falsificazione dello stesso e di analisi. L'obiettivo è spesso raggiunto offrendo all'interlocutore quello che desidera e facendogli percepire la sua esperienza come comune e condivisa con molti altri.

La necessità di una riflessione critica

La riflessione dovrebbe aiutare, attraverso un'osservazione attenta che richiede tempo, la verifica dei fatti (fact-checking) sulla base del proprio background culturale, etico e di conoscenza, a determinare ciò che può essere razionalmente accettato come vero e ciò che dovrebbe al contrario essere rigettato perché falso. Un esercizio non facile. Bisogna saper fare i conti con le molte trappole cognitive della mente umana, capaci di trasformare verità in falsità e viceversa, ma anche con la psicologia delle persone (folle) che suggerisce il disimpegno critico quando si è in presenza di un desiderio o di una credenza forte (spesso dettati da pregiudizi, pause, sentimenti di odio o amore, ecc.) che una cosa sia vera (o falsa).

Secondo la fatina del Pinocchio di Collodi "le menzogne si riconoscono subito perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie dalle gambe corte e le bugie che hanno il naso lungo". Nella realtà, identificare una notizia come vera o falsa è complicato perché impossibile valutare seriamente l'affidabilità delle fonti, la loro qualità e verificabilità. La difficoltà è tanto più grande quanto maggiore è la forza e il potere, non solo mediatico e politico, di quanti affermano di sostenere la verità e la realtà della realtà pur essendo nei fatti, con le loro narrazioni e argomentazioni, maestri di falsificazione e distorsione dei fatti (gli esempi politici recenti di Berlusconi e oggi del suo degno erede Renzi ne sono un esempio eclatante). Ma la difficoltà non spiega il fenomeno delle post-verità e delle fake news attuali e neppure il declino della buona informazione.

Ciò che sta succedendo è anche il risultato di una rinuncia, di una deresponsabilizzazione e di tanta complicità. Come quella di tanti ragazzi che in Rete si lasciano ormai guidare principalmente dalle immagini e da processi di elaborazione di carattere non linguistico, come se il loro emisfero sinistro del cervello non esistesse più. Nativi digitali che non si danno alcuna preoccupazione nel verificare l'attendibilità di una fonte o il mittente di una informazione, rimanendo così vittime inconsapevoli di messaggi falsi, propagandistici, sponsorizzati e pubblicitari. Complicità come quella dei lavoratori della conoscenza e dei manager d'azienda dell'era postmoderna formati e motivati ad azzerare la loro singolarità soggettiva per far prevalere la condivisione, il coinvolgimento e il lavoro di gruppo e che li ha trasformati in modo paradossale in vittime di nuove forme di sfruttamento, di sorveglianza e di controllo.

La rinuncia che caratterizza il comportamento di molti individui è a cercare di fare i conti con la realtà, dotandosi di strumenti di conoscenza e cognitivi utili a riflettere criticamente sulla realtà, in modo da poter fare delle scelte consapevoli e a prendere le decisioni conseguenti. La complicità è l'atteggiamento diffuso che suggerisce di accettare i numerosi berlusconismi metodologici ("modo di procedere tipico di persone che producono una versione falsa o distorta dei fatti, e a partire da queste falsità preliminari costruiscono un tessuto di mezze verità, vaghezze, elusioni, allusioni, distorsioni." - Franca D'agostini) impostisi in questi anni per puro conformismo, per quieto vivere e assoggettamento al più forte di turno e di adottare come vero ciò che lo è diventato solo per la forza della comunicazione che lo ha reso tale.

Come altro spiegarsi altrimenti il comportamento elettorale di molti italiani che si dimenticano a ogni elezione le bugie e le falsità raccontate da politici costantemente a caccia di voti e cinicamente indifferenti alla distinzione che sempre dovrebbe separare il vero dal falso. Quando una versione manipolata e distorta della realtà è sostenuta in modo sistematico dal potere e dalle forze che lo rappresentano, ci si ritrova in una situazione confusa, di menzogna diffusa e organizzata, nella quale diventa difficile se non impossibile argomentare, discutere e cercare di ricongiungersi alla verità. Ogni legame con essa è reciso perché la menzogna ha una sua forza oggettiva nell'essere un racconto dei fatti costruito ad arte. La verità sembra non avere più una sua identità e non interessare a nessuno, se non come pretesto per distruggere un avversario dimostrando il proprio potere, la propria intelligenza e grande abilità dialettica. Il dialogo socratico e dialogico che potrebbe portare alla scoperta della verità viene sostituito da un puro esercizio dialettico e linguistico finalizzato alla semplificazione e alla manipolazione.

Rompere la narcosi indotta dalla bolla tecnologica

In questo contesto, questa è la tesi di questa breve riflessione in forma di e-book, assume un peso particolare ciò che ogni individuo può fare nel disvelamento della verità. Ogni individuo ha la responsabilità di rompere la narcosi indotta dalla bolla (caverna) acquario (sul tema ho scritto un intero e-book dal titolo I pesci siamo noi: pesci, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia) in cui si è rinchiuso e di porsi, con calma, con coraggio, in modo risoluto e critico di fronte ai fatti e alle loro narrazioni, soprattutto per evitare di contribuire, con condivisioni social e passaparola digitali, alla proliferazione di false verità e bufale online.

Per assumersi questa responsabilità, l'individuo deve rallentare la corsa e riscoprire la lentezza. Deve uscire fuori dall'immobilità derivante dall'eccessiva velocità e accelerazione (velocità di fuga della tecnologia) alla quale viaggia tecnologicamente, ritrovare il tempo disperso nei mille canali digitali che frequenta per recuperare il senso delle esperienze e delle narrazioni, praticare la pazienza e la capacità analitica, costruirsi dei cuscinetti di difesa in grado di assorbire potenziali shock futuri, affinare le capacità di apprendere per tentativi ed errori, rifiutare il modello di informazione prevalente tutto basato sulla conflittualità, lo scontro, lo sgarbo e la ricerca costante delle novità e della imprevedibilità.

Deve ribellarsi alla tirannia del momento presente, sempre più vissuto in spazi di scrittura elettronici la cui caratteristica principale è la velocità, e recuperare una visione diacronica del tempo, riscoprire la sua libertà e capacità di scelta. Può rendersi conto di far parte di comunità, tribù e gruppi di aggregazione sociale che, soprattutto nei mondi digitali della Rete (strumento di collegamento ma anche di recinzione, isolamento e controllo) così come nei punti vendita dei centri commerciali, puntano a soddisfarlo, gratificarlo, a farlo divertire facilitando la comunicazione veloce e smozzicata e penalizzando la conversazione ragionata e dialogica ma raramente a farlo riflettere e pensare,.  Come ha scritto Zygmunt Bauman in Vite di corsa (Edizioni Laterza), l'individuo deve recuperare la capacità di separare i messaggi sostanziali dal rumore di fondo che ormai ha invaso ogni momento temporale e spazio umano. Deve prendere "i frammenti di rumore e plasmarli, impastarli fino a convertirli in messaggi dotati di significati" e di verità.

Consumatori di informazioni, notizie e prodotti 

Riflettere criticamente sulla realtà e acquisire gli strumenti cognitivi che servono a determinare se una notizia o informazione sia falsa o vera non è facile, soprattutto se esse sono il frutto emergente della viralità della Rete e delle sue piattaforme social che operano come potenti camere dell'eco affermando l'opinione diffusa e condivisa (è considerato vero ciò che viene ripetuto da molti e con convinzione), prima ancora che la verità o il disvelamento della falsità. Obbliga l'individuo all'understatement (non credere di sapere ma accettare il suggerimento di Socrate di ricercare le cose che non si sanno con l'obiettivo di diventare migliori, più forti e meno inetti), a prepararsi a riscrivere l'enciclopedia del suo sapere e delle sue conoscenze, ad aprirsi a nuove visioni e prospettive, a rinunciare a codici comportamentali acquisiti in decenni di pratiche consumistiche, trasformatesi per molti in bulimie compulsive e ingordigie onnivore.

Il riferimento ai consumi non è casuale perché il prodotto è il primo portatore di falsità, di menzogna e di inganno, soprattutto grazie alla forza della sua immagine e iconografie. False, ingannevoli e illusorie sono le numerose promesse che accompagnano il suo arrivo sul mercato e la sua comunicazione sociale. False sono le aspettative che genera e che, ben lontano dal soddisfare bisogni reali, non fanno altro che dare forma e alimentare nuovi bisogni, anch'essi da soddisfare, in un circolo vizioso che è la vera essenza del modello consumistico attuale. Come ha scritto Jean Baudrilliard, il prodotto è un simulacro e come tale un grande inganno, una simulazione capace di nascondere la realtà ("le cose come sono") trasformandola in illusione ("le cose come fingono di essere").

L'illusione è sapientemente coltivata dalle Grandi Marche, dalle aziende, dal marketing e dall'iperconsumismo che caratterizza il capitalismo dei nostri giorni. L'esasperazione dei consumi, cha fa il paio con la bulimia crescente nel consumo di contenuti e di informazioni online, è favorita anche tramite quella che Benjamin Barber nel suo libro Consumati. Da cittadini a clienti (pubblicato in Italia da Einaudi) chiama infantilizzazione dei cittadini consumatori. Un approccio marketing e commerciale che punta a trattare tutti come adolescenti partendo dall'idea che i bambini siano più facilmente manipolabili e indotti al consumo perché in essi è più facile suscitare artificiosamente nuovi bisogni, desideri e impulsi all'acquisto, anche di prodotti di cui potrebbero non avere alcun bisogno.

Il processo di acquisto del bambino è dettato dall'istintività e dalla rapidità, dalla semplificazione e abbreviazione del processo di acquisto e dalla facilità con cui è maturata una scelta. La consumo-mania che caratterizza i cittadini consumatori, siano essi giovani, adulti o anziani, genera un livellamento verso il basso e una forma di schizofrenia riscontrabile anche nel consumo online di narrazioni, notizie e informazioni. È una schizofrenia che, secondo Barber, dà origine a una cristallizzazione del tempo dell'individuo, a una sua deresponsabilizzazione nei confronti della società e della politica, al prevalere del narcisismo e di comportamenti guidati dalla certezza e dal tempo presente che scartano ogni forma di dubbio, utile per una riflessione responsabile, personale e pubblica, sul vissuto e sulle esperienze personali. Secondo Barber il capitalismo moderno unisce insieme l'infantilizzazione dei cittadini e l'invenzione dei bisogni riducendo lo spazio di azione del consumatore e coltivando l'illusione che il consumo possa soddisfarli. Un po' quello che succede su una piattaforma come Facebook, nella quale si assiste a comportamenti infantili e adolescenziali da parte di persone adulte, anziane ma anche istruite e acculturate, e sulla quale la pulsione al consumo e alla produzione di informazione è gestita dalle logiche e dagli algoritmi pensati per alimentare in continuazione nuovi bisogni, spesso ingannevoli e solamente virtuali.

Confrontarsi responsabilmente con la realtà

La difficoltà nell'individuare la componente illusoria, ingannevole, volatile del prodotto fa il paio con quella di capire se e quanto una notizia sia vera o falsa, fattuale o artificiale, reale o manipolata, ingannatrice o rivelatrice di serendipità (quando una bufala o una notizia ingannevole permette di scoprire o conoscere qualcosa che non si stava cercando). Due difficoltà che si cementano nell'incertezza dominante (liquidità avrebbe detto Bauman) nella quale l'individuo si trova a vivere. Non tanto per le numerose falsità e gli infiniti inganni con cui deve confrontarsi, quanto con la durezza dei fatti legati alla sua vita lavorativa, sociale, economica e relazionale. In questa realtà è chiamato a fare delle scelte, sapendo di non poter più contare sulle granitiche certezze delle generazioni del passato e di doversi misurare con una realtà paludosa, magmatica che lo avvolge come una ragnatela (Web) e gli impedisce di concentrarsi e impegnarsi in altro che non sia l'attimo presente e la sua urgenza.

Per non sentirsi perso e impotente l'individuo deve oggi superare l'ignoranza nella quale è stato precipitato da un uso passivo e non sempre intelligente dei mezzi tecnologici. Deve riappropriarsi di strumenti cognitivi adeguati non solo a comprendere meglio la realtà del presente ma anche a immaginare e progettare quella del futuro. Ritornare alla progettazione significa recuperare l'uso della volontà, la capacità di concentrazione e di esercizio dell'attenzione, la capacità di elaborare pensiero e di riflettere criticamente sulla realtà.

È una missione non facile, che richiede innanzitutto il riconoscimento della sua necessità e difficoltà, e che non può affidarsi agli algoritmi e agli automatismi tecnologici delle piattaforme di Google o di Facebook per la ricerca ed eliminazione delle false informazioni, della semplice propaganda o delle bufale online. Gli algoritmi magici non esistono. Dubbie sono le volontà e la buona fede di coloro che li possono creare, Signori del Silicio il cui unico interesse, come ha spiegato bene Eugeny Morozov nel suo libro più recente (Silicon Valley: i signori del silicio), è trarre vantaggio e benefici dalla miriadi di dati prodotti online e utilizzabili commercialmente. Può aiutare di più l'adozione di nuovi comportamenti etici, utili a salvare il mondo così come noi stessi ma per farlo, per citare il filosofo Floridi dobbiamo " [...] ricostruire la fiducia tramite la credibilità, la trasparenza, la responsabilità e un alto grado di pazienza, coordinazione e determinazione” (Eugeny Morozov). E' sconsigliabile affidarsi solo e soltanto ai produttori e ai proprietari dei canali di informazione utilizzati e delle piattaforme digitali che abitiamo. Ognuno deve allenarsi per acquisire capacità, strumenti e abilità nel discernere la notizia vera da quella falsa, la bufala dalla notizia con riferimenti fattuali alla realtà. Deve mettere in dubbio le proprie convinzioni e quelle delle tribù di appartenenza, selezionare le informazioni nel sovraccarico informativo che lo avvolgono, coltivare sempre il dubbio, allenare la mente ma soprattutto praticare la curiosità e la riflessione critica, alimentandoli costantemente in modo da adattare il proprio pensiero alle numerose nuove trappole che verranno poste sul cammino della verità.

Solo così sarà forse possibile migliorare la capacità di presa sul Reale e la comprensione dei fatti, salvandosi dalle sabbie mobili nelle quali le numerose rappresentazioni non-veritiere e post-veritiere della realtà ci hanno precipitato. La meta non s'intravede ancora perché viene costantemente e artatamente allontanata nello spazio e nel tempo e soprattutto perché pochi sono ancora coloro che, siano essi professionisti dell'informazione o semplici cittadini della Rete, si cimentano nel cammino necessario per raggiungerla.

Mettersi in cammino significa ergersi in piedi, rinunciare a stare seduti (la pratica più diffusa per gente abituata alla vita stanziale dentro un social network o davanti allo schermo di un desktop), recuperare l'esperienza primordiale del bambino che comincia a camminare per la prima volta, diventare direttori d'orchestra delle proprie possibilità e capacità. Per superare la fase delle fake news e delle post-verità c'è bisogno di una partecipazione in massa alla maratona per la verità fattuale e oggettiva, senza se e senza ma, ma anche senza deleghe a mezzi o entità più o meno democratici e tecnologici. Poi c'è da sperare che, come per la maratona di New York, a fare la differenza sia il potere della massa (il riferimento è al libro Massa e potere di Elias Canetti) che la caratterizza ogni anno, ben esemplificata dalla fiumana compatta dei maratoneti che passano sul ponte di Verrazzano. Una massa compatta ben diversa da quella che a Torino, durante la proiezione della finale di Champions League, si è fatta prendere dalla psicosi attentato e dal panico diradandosi all'improvviso e provocando 1500 feriti. Ciò che serve è una massa che punti alla propria crescita costante, a condividere la concentrazione per la direzione da tenere e la meta da raggiungere. Una meta declinabile con la parola di verità. Una verità che perde i veli che la celano, man mano che ci si avvicina, alimentando la convinzione personale che nasce dalla propria riflessione personale, dalla propria cultura ed esperienza e dalla personale scoperta dei fatti. Una scoperta frutto della riflessione critica sulla realtà, della ricerca della verità o finalizzata al disvelamento e sbugiardamento delle false e post-verità, alla voglia di continuare a porsi delle domande e al bisogno impellente di pensare, per penetrare meglio nei segreti delle rappresentazioni false e mistificatorie del Reale oggi dilaganti.

libro carlo Bufale.jpg 

 

comments powered by Disqus

Sei alla ricerca di uno sviluppatore?

Cerca nel nostro database