2017 - Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale /

Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale

Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale

01 Giugno 2017 Redazione SoloTablet
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CONSIDERAZIONI FINALI

Il libro di Carlo Mazzucchelli Bufale, post-verità, fatti e responsabilità individuale è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

 

Alcune considerazioni finali

L'argomento delle bufale e delle false notizie non è un fenomeno del Web ma è diventato, nell'epoca globalizzata e interconnessa dell'era dell'informazione, un tema caldo di riflessione e discussione per il proliferare crescente, incontrollato e pericoloso di informazioni e notizie che, una volta entrate nei circuiti delle piattaforme tecnologiche di social networking, diventa impossibile fermare, con effetti collaterali e danni certi, difficilmente misurabili. Di fronte all'alluvione di informazioni ma anche di false notizie e bufale siamo tutti indifesi, nonostante ci si senta tutti potenziati dalle tecnologie usate. Una percezione sbagliata che impedisce di rendersi conto di quanto siamo in realtà tutti imprigionati all'interno di caverne e gabbie dorate che stanno delimitando la nostra autonomia e libertà di scelta e affievolendo la nostra stessa capacità di controllo sui mezzi che usiamo e di conoscenza qualitativa sulle informazioni da essi veicolate.

Come ha scritto Walter Quattrociocchi nel libro Misinformation, scritto con Antonella Vicini, il tema delle false notizie richiede maggiore attenzione perché si riferisce a uno dei fenomeni strettamente legati, nella dimensione e diffusione attuale, all'uso di strumenti tecnologici. Strumenti il cui impatto positivo o negativo è solo potenziale ma che, se non sono usati con la dovuta maturità, possono diventare "bombe atomiche nelle mani di scimmie".

Il peso e il ruolo assunto dalle false notizie è tale da avere messo in allarme, governi, partiti politici, sondaggisti e media e dall'avere dato origine a un fenomeno speculare basato su siti e piattaforme di debunking (falsificazione della notizia) che vedono all'opera specialisti e media-attivisti. L'allarme ha fatto scaturire una maggiore attenzione pubblica e politica al fenomeno ed emergere il bisogno di nuove regole e normative, ma soprattutto quello di maggiore formazione e informazione del cittadino e del pubblico di consumatori. L'obiettivo è combattere la superficializzazione della realtà diffondendo un pensiero sistemico, critico e consapevole.

L'intervento pubblico e collettivo però non basta. È necessaria l'assunzione di una responsabilità individuale facendo i conti con il Sé modificato tecnologicamente da protesi e strumenti tecnologici che hanno mutato la mente, l'inconscio, la sensibilità così come la percezione della realtà. È la tesi di questo breve scritto. Non ci si può aspettare che stati e sistemi, da tempo sempre più orientati (vedi la Turchia e non solo) a reprimere il pensiero critico, la dissidenza e le persone che sono in disaccordo e protestano contro il pensiero dominante (è di questi giorni la morte della protagonista Cappuccetto Rosso del libro Kobane Calling di Zerocalcare, una ragazza di 24 anni che per avere dimostrato contro la speculazione progettata sul Gazy Park di Istanbul è stata condannata a più di 100 anni di carcere e costretta a darsi alla clandestinità trovandovi la morte) siano anche quelli che operano per favorire una visione del mondo diversa. 

Assumersi la propria responsabilità non è facile, in particolare per le condizioni di vita attuali che hanno reso tutti più insicuri, hanno privato le persone di molte certezze fondamentali, generando dubbi, lacerazioni, contraddizioni, indecisioni e paure. In particolare il narcisismo imperante impone una scelta fatta spesso in silenzio e solitudine, in perfetto isolamento e senza l'aiuto dell'altro con l'obiettivo di trovare il tempo e lo spazio di esprimersi e di avere qualcosa da dire. Quella che si dovrebbe fare è una scelta eretica (non a caso in origine la parola scelta significava eresia, dal greco αἵρεσις, haìresis derivato a sua volta dal verbo αἱρέω - hairèō, "afferrare", "prendere" ma anche "scegliere" o "eleggere"), solitaria nonostante venga praticata in luoghi affollati scambiati per sfera pubblica anche se non lo sono per nulla. In particolare se si considera la sfera pubblica nella sua realtà simbolica in cui si agisce per un bene superiore a quello individuale e che prevede una qualche forma di azione/visione comune. Quasi una conferma di quanto ha sostenuto il filosofo Slavoy Žižek che oggi a essere sparito non è lo spazio privato bensì quello pubblico. Una sparizione testimoniata da piattaforme tecnologiche che favoriscono il loro utilizzo pubblico ma sono caratterizzate in realtà dal controllo privato e dal ricorso a tecnologie virtuali (cloud computing e nuvole di server di cui non si ha alcuna percezione fisica e organizzativa) che di fatto sono celate agli utenti e tolgono loro ogni potere reale.

Lo stesso concetto è stato espresso da Byung-Chun Hal che nel suo libro Nello sciame, visioni del digitale ha sostenuto l'erosione del Noi, la distruzione dello spazio pubblico e l'aggravarsi della solitudine (il fatto di essere connessi a una rete di contatti fa dimenticare l'isolamento in cui ci si trova) a causa di una macchina tecnologica egotica che favorisce il narcisismo e la prestazione, ma non la riflessione critica e la capacità di giudizio. La sparizione dello spazio pubblico si manifesta anche in altre forme di falsità o di silenzio, ad esempio con la scomparsa dagli spazi della Rete delle notizie sgradevoli e di tutto ciò che è percepito come spiacevole, complesso e problematico. La sparizione delle notizie sui poveri, sui senzatetto, sugli esodati e sugli immigrati, su conflitti come quelli dello Yemen, implica una menzogna e un inganno e riguarda il dibattito pubblico che su questi problemi dovrebbe essere al contrario alimentato con lo scopo di rafforzare libertà di pensiero, conoscenza, consapevolezza e democrazia. Ne deriva un discorso pubblico frammentato, ingannevole quanto lo sono i dibattiti di Rete 4 sugli immigrati e la violenza degli stranieri, e privo di reali esperienze comuni della realtà. Seguendo questo tipo di media e di informazione si diventa potenziali megafoni di informazioni ingannevoli e menzogne ma si diventa anche incapaci di condividere idee e esperienze per il bene comune in modo solidale, e non solo per interesse personale.

Ci si scontra con una realtà tecnologica e digitale piena di filtri invisibili che organizzano e decidono buona  parte delle informazioni alle quali siamo costantemente esposti, rendendo complicata la trasparenza delle fonti, la veridicità e la neutralità del messaggio ma anche il fare a meno degli stessi filtri su cui poggiano praticamente tutte le piattaforme digitali oggi disponibili. Sono loro che vengono verso di noi e sono loro che ci trasportano verità e falsità difficili da riconoscere  come tali. I loro filtri funzionano come le lenti di una macchina fotografica capace di distorcere la nostra percezione fornendoci un montaggio scenografico del mondo al quale farci aderire soddisfatti.

Prima ancora della falsità delle notizie, quella da riconoscere e di cui essere consapevoli è la falsità delle piattaforme su cui esse sono fatte circolare. Se a essere falsa è la stessa SERP di Google Search, personalizzata sull'utente e dettata da esigenze commerciali, come si può discriminare la risposta giusta da quella sbagliata, l'informazione dalla propaganda, il contenuto sponsorizzato da quello che non lo è, la validità di una notizia e la sua attendibilità. Se le prime cinque pagine di una SERP su una richiesta di informazioni per un viaggio turistico propongono solo link Tripadvisor come si può valutare la verità della risposta e la sua affidabilità? E se il comportamento dettato dalla pigrizia e dall'abitudine portasse a fermarsi ai primi link di Tripadvisor chi può garantire che i commenti e le recensioni positive su un hotel o un B&B siano veritiere e provenienti da reali utilizzatori di quei servizi?

Prima della falsità delle notizie bisogna anche sapere riconoscere quella degli schemi mentali che usiamo abitualmente per ridurre i dati e costruire informazioni. Sono schemi che condizionano il nostro modo di leggere una notizia o di osservare un'immagine e, in alcuni casi, ci impediscono di osservare direttamente quello che sta realmente succedendo e a volte ci portano a inventare informazioni di sana pianta che poi facciamo circolare come se fossero vere.

È un atteggiamento che richiama le "camere dell'eco" di cui abbiamo parlato in questo testo e che spiegano come gli schemi di cui siamo dotati tendono a rafforzarsi a causa dell'errore di conferma. Le informazioni che riteniamo conformi ai nostri schemi e che sono confermate dai gruppi che frequentiamo sono facili e piacevoli da confermare. Più complicato al contrario elaborare dati per generare informazioni che possano stimolare un pensiero diverso, critico e capace di aiutarci a mettere in discussione quello che tendiamo a dare per scontato.

Oggi è grande la necessità di mantenere attiva la curiosità personale, di rompere il conformismo cloroformizzante e schizofrenico al quale siamo costretti dal surplus informativo e dalla trasparenza della Rete, dalle bolle degli acquari tecnologici e dai filtri algoritmici delle piattaforme. Bisogna imparare a lasciarsi turbare e confondere da informazioni e fatti che possono far nascere e alimentare il desiderio di comprenderne il senso, di svelare la verità in essi nascosta e di elaborare nuove idee. Curiosità e anticonformismo possono però nascere soltanto da una maggiore consapevolezza e nuovi livelli di coscienza ("essere consapevoli dei vari aspetti della mente stessa", "essere consapevoli di non essere consapevoli") sul fatto che molte delle informazioni e notizie in circolazione nascondono qualcosa. Allargando il proprio spazio mentale, distruggendo schemi consolidati e praticando la curiosità creativa sarà possibile pensare in modo non convenzionale e capire cosa è possibile fare di diverso.

 

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