Un articolo tratto dall'ultimo e-book di Carlo Mazzucchelli: 100 strategie analogiche per resistere al digitale (e allo smartphone).
Online si può facilmente abboccare all’amo tecnologico e alle sue esche potenti, trasparenti, invisibili e chewing gum per gli occhi. Una volta creato un profilo digitale online, tutti sono coinvolti e intrappolati, cognitivamente, emotivamente, socialmente e operativamente, all’interno di spazi tecnologici labirintici e rizomatici dalla forma di un grande acquario di cui si ha scarsa percezione temporale e geo-spaziale e la cui via di uscita sembra essere presto preclusa, molto ben camuffata o nascosta.
Generazione APP
L'acquario digitale nel quale si è immersi in forma di avatar, corpi senza corpo, profili digitali e algoritmi informativi e performativi trasparenti, ha metaforicamente trasformato gli utenti in bio-organismi digitali, assimilabili a pesci che vivono la loro esistenza in un acquario gigantesco, grande come il globo terrestre, illusorio nella sua sconfinatezza, ma in realtà tutto contenuto all’interno della circonferenza mondo terrestre che lo racchiude. La sua superficie sferica trasparente impedisce qualsiasi forma di offuscamento o di inganno degli osservatori esterni. Non permette di sfuggire allo sguardo altrui, di tutelare la privacy individuale, di evitare la profilazione e l'inserimento in un Big Data, di rendere complicata l'ndividuazione e l'osservazione e inutile qualsiasi tentativo di mimetizzazione o fuga.
Pesci in ammollo, agli utenti della Rete sfugge la compresenza di attori esterni che, nella forma di signori del silicio (dal libro Silicon Vally: I signori del silicio di Eugeny Morozov) e di megamacchine corporative (dal libro Anime elettriche di Ippolita) mediano l’interazione tra i pesci-utenti e le piattaforme tecnologiche da essi create. Impegnati per molte ore al giorno a vivere la loro vita digitale, gli utenti-pesce della Rete non sono consapevoli dell'asservimento a cui sono soggetti e della loro complicità nel renderlo possibile. In questa realtà, nella quale anche se ci si ritiene assolti si è tutti coinvolti, non resta che scegliere cosa fare. Si può continuare imperterriti a consumarsi le dita sulle superfici levigate dei display-specchio dei propri smartphone e tablet, insistere nell’esclusione sonora dal mondo attraverso potenti auricolari ad alta definizione o dotarsi di data-occhiali come Google Glass per vedere solo la realtà virtuale da essi prodotta.
In alternativa ci si può impegnare nella realizzazione di modelli di vita diversi, non solo virtuali e digitali e meno soggetti al potere della tecnologia e di chi la possiede. La scelta di non fare scelte alternative trasforma tutti in tanti pesci, facili preda del pesce grande, vorace e totalizzante che li divora uno a uno, dopo averli osservati e studiati a lungo, come l’occhio di una telecamera, e che resta affamato in perenne attesa del ripopolamento continuo della vasca.
La ricerca di alternative e di nuovi modelli di vita può al contrario favorire un'evoluzione benefica che permette di liberarsi dal liquido amniotico dell’acquario digitale e di proiettarsi verso universi mondi più umani anche nel loro essere tecnologici e post-umani. I modelli di vita alternativi, una volta individuati sono facili da sperimentare e applicare. In fondo si tratta semplicemente di prendersi una pausa e andare a pescare, su un fiume, un ruscello o un lago ed evitando scientificamente ogni acquario, soprattutto se digitale, trasparente e dominato dagli algoritmi.