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TIM come system integrator?

TIM come system integrator?

23 Ottobre 2024 Gian Carlo Lanzetti
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Gian Carlo Lanzetti
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Il primo luglio di quest’anno TIM vende alla finanziaria statunitense Kkr l’intera rete, ossia la struttura sia primaria sia secondaria, delle linee telefoniche e dei cavi di fibra ottica per la trasmissione dati del nostro Paese. Un totale di 24 milioni di km di fibra e una copertura a banda ultralarga che supera il 95% delle linee attive

Per essere più precisi  con il closing dell’operazione la rete Telecom passa al consorzio guidato dal fondo Usa Kkr, cui partecipano anche il Tesoro con una quota del 16% e F2i con l’11,2%. TIM ha dapprima conferito il ramo d’azienda che comprende la rete fissa a FiberCop (società della rete d’accesso, già partecipata in minoranza da Kkr) e quindi ha trasferito l’intera infrastruttura della Netco al veicolo dell’operazione Optics BidCo. La rete Telecom è stata valorizzata 18,8 miliardi in termini di enterprise value (equity più debito) che potranno salire fino a 22 miliardi con gli earnout, al verificarsi di determinate condizioni, tra le quali la principale è la possibilità di una combinazione sinergica con Open Fiber, la società della rete in fibra che fa capo per il 60% a Cdp equity e per il 40% al fondo infrastrutturale australiano Macquarie.

Con la cessione della rete l’indebitamento finanziario netto di Tim si alleggerisce di 14,2 miliardi, ma considerati i costi di separazione e aggiustamenti l’effetto netto è di 13,8 miliardi. 

E adesso? 

Da allora è stato un susseguirsi di notizie intorno ai destini di TIM ma nessuna ha preso ancora corpo. Anche perché si oscilla tra il rilancio di TIM e il suo spezzatino come forse vorrebbero gli investitori di breve corso. Le aggregazioni risultano piuttosto difficili perché TIM  non ha mezzi economici da impegnare e ha un organico considerato sovradimensionato.

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E’ recente  la notizia che il consiglio di amministrazione di TIM ha esaminato l'offerta non vincolante per l'acquisizione di Sparkle (gestisce cavi sottomarini) ricevuta dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e da Retelit, deliberando di conferire mandato a Pietro Labriola, Amministratore delegato, di avviare le interlocuzioni con gli offerenti.

Le trattative, in via esclusiva, sono finalizzate ad approfondire i profili economici e finanziari dell'operazione e a ottenere la presentazione, entro il 30 novembre 2024, di un'offerta vincolante secondo i migliori termini e condizioni.

Ma Sparkle, che sta sviluppando un modello di business nel settore dei cavi oceanici profittevole, appare come una pedina di altre operazioni 

I Giochi sono appena partiti

Nonostante  la concorrenza nel settore telefonico sia molto sfidante per un gruppo come Telecom e malgrado le aziende concorrenti più importanti abbiano strutture di costi più snelle e flessibili

intorno a TIM si susseguono voci di vario genere a fasi alterne. Innanzitutto per quanto guarda le telecomunicazioni l’azienda rimane il primo operatore italiano e fornisce varie soluzioni di telecomunicazioni, tra cui telefonia mobile e fissa, servizi dati e televisivi. In merito invece al comparto IT il gruppo fornisce servizi  quali web hosting, servizi cloud e soluzioni per la sicurezza.

Oltre al mercato italiano, decisamente preponderante, il gruppo opera anche in Sudamerica. Tramite la sua controllata TIM Brasil, è uno dei principali player nel mercato brasiliano delle comunicazioni. Attraverso invece la sua controllata Telecom Argentina, fornisce servizi di telecomunicazioni fisse e mobili nel paese.

Le attività brasiliane costituiscono un asset molto importante. La sola partecipazione in TIM Brazil da parte di Telecom Italia varrebbe più dell’intera TIM nel suo complesso.

 Il socio maggiore di TIM, Vivendi ha fretta di monetizzare il suo capitale, oggi molto in sofferenza: acquistata per quattro miliardi di euro, la partecipazione ne vale circa 1,2 ai corsi attuali di Borsa e l’ultimo dividendo è del 2021. Oltre ad aver accumulato perdite finanziarie, poi, il gruppo francese è uscito sconfitto in buona parte delle partite industriali: dallo scontro del 2019 con il fondo Elliott sulla gestione di Tim alla battaglia contro la vendita della rete al consorzio di investitori guidato da Kkr (su cui, però, pende ancora una causa giudiziaria). Inoltre un altro elemento di complicazione è rappresentato dal governo italiano, cui spetta l’avallo dell’operazione di vendita se mai ci sarà (golden share).

Sinora tutti gli investitori che hanno studiato l’affare Vivendi-TIM pare abbiano avuto solo un’idea fissa in mente: smembrare il gruppo nella convinzione che le sue parti — telefonia mobile, servizi alle imprese e soprattutto le pregiate attività in Brasile — valgano ben più del tutto (circa 5 miliardi di euro). Questo, peraltro, era anche il programma che il fondo lussemburghese Merlyn ha presentato all’ultima assemblea di TIM. Il contrario della strategia che sta perseguendo il Ceo, Pietro Labriola, convinto di poter rilanciare il gruppo nella sua interezza ora che, dopo la cessione della rete, non è più schiacciato dal fardello di 21 miliardi di debito e degli annessi interessi. 

Un System integrator di valenza nazionale 

Puntare sui servizi Enterprise, rafforzando il suo  ruolo di System integrator, potrebbe essere una soluzione interessante. La società dispone al suo interno di risorse umane per sviluppare nuove offerte, dispone di un pacchetto di servizi e può contare ovviamente di tutte le risorse Tlc. Inoltre per confezionare servizi innovativi potrebbe acquistare qualche start up in possesso di servizi da lanciare sul grande mercato, e vendendo TIM Brasil, potrebbe puntare anche a una aggregazione forte sempre nel campo della integration. Insomma un futuro da non sottovalutare quello del system integrator, considerando anche le competenze tecniche disponibili e magari la cessione delle attività consumer, ed eventualmente anche il pacchetto Sparkle se mai l’avrà. Senza dimenticare che TIM dispone al suo interno di fabbriche collaudate come Noovle, Olivetti e Telsy, in grado di valorizzare idee in chiave applicativa in molteplici complessi operativi. E altre risorse “nascoste” potrebbero trovare una migliore rispondenza a questa logica strategica. Certamente ci vuole coraggio, molto impegno e un pizzico di fortuna. Ma potrebbe valere la pena rispetto a una crescita in solitaria o peggio a uno spezzatino.

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