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Carlo Formenti: Incantati dalla rete

Carlo Formenti: Incantati dalla rete

11 Giugno 2020 Redazione SoloTablet
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TECNOLOGIA CRITICA - Segnaliamo una recensione sul bel libro di Carlo Formenti "Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di Internet"
La recensione do Pier Paolo Poggio è stata pubblicata su Fondazione Micheletti

             Il bel libro di Carlo Formenti (Incantati dalla rete. Immaginari, utopie e conflitti nell’epoca di Internet, Cortina, Milano, 2000) rappresenta la migliore introduzione all’analisi culturale della rete delle reti e un contributo prezioso alla sua contestualizzazione storica, un percorso di lettura oggi fuori moda ma indispensabile per affrontare un grande mito, come rapidamente è diventato Internet, senza oscurarne affatto portata e potenza non solo mitologica.

            Trattandosi di una innovazione tecnologica davvero epocale, frutto come sempre di molteplici apporti, Formenti è costantemente alle prese con posizioni e interpretazioni opposte e speculari (terrore e speranza, apocalissi e paradiso ecc.) rispetto a cui riesce a mantenersi ironicamente distaccato, senza sacrificare in nulla la partecipazione ad una grande avventura intellettuale. Piuttosto che sintetizzare un racconto che merita di essere letto, tenteremo di evocare alcuni filoni tematici a vari livelli presenti nel libro.

            Il primo e storiograficamente forse il più impegnativo e ricco è quello della “privatizzazione” di cui Internet rappresenta l’apogeo e il compimento, assieme all’incerto rovesciamento tramite il proliferare di comunità virtuali pronte all’uso. Qui per privatizzazione è da intendersi il trend sociale dominante nelle società industriali avanzate, manifestatosi in modo esplicito dopo il 1968, e che segna un rovesciamento di paradigma rispetto all’assetto novecentesco che faceva perno sullo Stato di massa. Proprio lo Stato è il bersaglio principale di un individualismo che va oltre la modernità, oltre l’istituzionalizzazione e il contratto sociale, storicamente realizzatosi nella forma dello Stato nazione.

            Secondo i suoi ideologi, le figure cruciali della società informatica sono gli “individui sovrani”, i lavoratori della conoscenza, la cui “attività appare sempre più sganciata dal contesto politico-territoriale” e che esprimono “fedeltà nei confronti della comunità internazionale dei (loro) pari piuttosto che ad appartenenze nazionali”. Sociologicamente la loro concentrazione è massima in America fra i quattordici milioni di lavoratori autonomi, gli oltre otto milioni di imprenditori indipendenti, gli oltre due milioni e mezzo di lavoratori a tempo determinato. Il lavoro principale di questi campioni dell’individualismo – spesso svolto in casa, dentro “città private”, con una retribuzione individualizzata, a cui si prospetta di essere pagati con “denaro privato” – consiste precisamente nel produrre socialità, senso di appartenenza, ovvero produzione continua di soggettività e comunità che incessantemente si disgregano e ricompongono. Il vero grande affare non è fabbricare e vendere prodotti “bensì produrre comunità, e assicurarsi le rendite industriali che nascono dalla possibilità di fare rete”, inducendo “i clienti catturati in questo modo a fare comunità, per poi metterli al lavoro incoraggiandoli a migliorare il prodotto”.

            Il neomarxismo italiano, secondo la definizione di Formenti, ha analizzato a fondo la galassia dei lavoratori autonomi di seconda generazione, mettendo in luce il carattere illusorio della pretesa autonomia di questi “individui proprietari” (del loro strumento di lavoro), ma l’illusione ideologica, supportata dalla tecnologia della rete, è un ostacolo potente alla presa d’atto della propria condizione materiale, mentre rischia di essere paralizzante la consapevolezza e l’esperienza della “progressiva e irreversibile perdita di comprensione/controllo sull’ambiente artificiale”, la seconda natura in cui è esplosa la “bomba informatica” (P. Virilio).

            L’angolo visuale scelto da Formenti per la sua ricerca che privilegia la riflessione culturale su Internet, con ricche implicazioni dal punto di vista antropologico, filosofico, o addirittura teologico, rischia di tenere ai margini, o dare per risolta, una problematica non priva di implicazioni ideologiche e che rimanda al rapporto tra reale e virtuale, così come a quello tra economia tradizionale e new economy, o più in generale alla fisionomia del nuovo paradigma produttivo. Senza entrare nei dettagli, ci sembra che si possa e si debba confutare la tesi di una crescente e ormai avvenuta dematerializzazione dell’economia. Il fatto che, come afferma Kevin Kelly, i prodotti maggiormente esportati dagli Stati Uniti abbiano perso in sei anni il 50% del loro peso fisico per ogni dollaro di valore, è certamente il segnale di una formidabile trasformazione tecnologica, ma questo su scala mondiale non indica affatto una diminuzione dei flussi materiali, un minore utilizzo delle risorse naturali e un alleggerimento dell’impronta ecologica, nemmeno delle società economicamente più evolute.

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