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Luciano Gallino: Tecnologia e democrazia

Luciano Gallino: Tecnologia e democrazia

11 Febbraio 2020 Redazione SoloTablet
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CRITICA TECNOLOGICA - Una intervista con Luciano Gallino autore di "Tecnologia e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici."
L'intervista è di Enzo Ferrara, pubblicata su Fondazione Micheletti

 

Luciano Gallino (1927-2015) è stato uno dei più autorevoli sociologi italiani formatosi, giovanissimo, all'Ufficio studi sociali di Adriano Olivetti. Nelle sue ricerche si è occupato delle relazioni fra tecnologie, cultura e formazione, oltre che di sociologia economica del lavoro e dell'industria. Fra i suoi testi, ricordiamo:Globalizzazione e disuguaglianze (2000), L'impresa responsabile. Un'intervista su Adriano Olivetti (2001), La scomparsa dell'Italia industriale (2003), L'impresa irresponsabile (2005) e L'Italia in frantumi (2006). Il suo ultimo libro, Tecnologia e democrazia. Conoscenze tecniche e scientifiche come beni pubblici (Einaudi), è una raccolta di saggi sui temi della ricerca tecnologica con lo sguardo volto alle loro implicazioni sociali e culturali; è una riflessione sui vantaggi immensi che la tecnologia reca alla nostra esistenza, ma anche un monito dei pericoli di un suo uso irriflessivo. Le distanze tra crescita materiale e qualità dello sviluppo, così come gli scarti fra capacità realizzatrici e predittive delle scienze moderne, dipendono dal prevalere delle logiche di corto periodo e da un velo d'ignoranza sugli effetti a lungo termine, che confondono gli scenari negativi sovrastimando i fattori di sostenibilità. Nel testo sono rilevanti le considerazioni sui contributi della tecnologia per una maggiore formazione democratica, attuabile attraverso i mezzi della comunicazione, l'informatica, Internet, ma soprattutto consolidando l'idea delle conoscenze come produzione collettiva e della scienza come bene pubblico globale.

Il suo libro pone l'accento sui benefici della tecnologia ma anche sui problemi del mondo, sulla diffusa povertà

Gallino: Sullo sfondo del mio libro, che non è anti-tecnologico, c'è un profondo apprezzamento per i benefici delle tecnologie, anche per le più semplici come quelle della meccanizzazione e del trasporto di fluidi, dell'acqua. All'evoluzione di tecnologie che toccano la nostra quotidianità dobbiamo moltissimo: lavoriamo 1500 ore l'anno invece di 2600 come all'inizio del Novecento; godiamo di un benessere senza paragoni; viviamo in media fra trenta e quaranta anni in più rispetto a cento anni fa. Per questo benessere le tecnologie basse, medie e alte giocano un ruolo fondamentale.

Ci sono però almeno due problemi su cui punto l'attenzione. Il primo è che a più di metà del mondo, fra tre e quattro miliardi di persone, le tecnologie non hanno portato alcun beneficio, in certi casi hanno perfino peggiorato le loro condizioni. Per almeno due miliardi e mezzo di persone questo vale in modo drammatico. È un problema principalmente economico, ma anche etico e politico. Possiamo serenamente continuare a godere del nostro benessere - tra tanti problemi ma che sicuramente più di metà del mondo scambierebbe -on tutta una serie di visibili deterioramenti della condizione umana? Due miliardi e mezzo di persone dispongono di risorse valutabili in meno di due dollari al giorno e non sono prive solo di tecnologie informatiche, magari dispongono del cellulare, ma non di acqua. Negli slumbidonvillebaraccopoli, favelas - si possono chiamare in tanti modi - vive più di un miliardo di persone. Vivere in uno slum significa non disporre di nulla che assomigli a una vita non dico civile, ma libera e indipendente. Esistono milioni di bambini che non possono andare a scuola, non perché è lontana ma perché devono fare venti chilometri al giorno per procurare l'acqua alla famiglia e non hanno tempo ed energia per la scuola.

L'altro problema a cui la diffusione della tecnologia sta dando origine sono le forme crescenti di irrazionalità globale. L'automobile, per esempio, è una tecnologia meravigliosa. Sono un fan dell'automobile: non spreca come l'aereo, è imbattibile nel trasporto porta a porta, offre sensazioni estetiche e sentimentali bellissime. Ma i morti per incidenti fra automobili sono un milione e duecentomila l'anno. Le previsioni sono che si avrà in 15 anni un aumento del 65 percento, cioè più di due milioni di morti. Gli incidenti automobilistici costano tra i 60 e i 70 miliardi di dollari ogni anno. Le spese destinate allo studio degli incidenti - non i crash-test, ma la ricerca per rendere meno pericolosi gli spostamenti nel traffico - sono di 39 milioni di dollari, lo 0,6 percento dei costi: anche dal punto di vista economico c'è qualcosa che non torna.

Di esempi di ribaltamento della razionalità, di tecnologie utili per il singolo che si traducono in danni all'ambiente e alla salute su scala più ampia ve ne sono molti. I CFC per esempio, i gas per refrigerazione che negli anni Trenta del Novecento si erano rivelati ottimi amici tecnologici, cinquanta anni dopo sono diventati nemici globali dell'umanità, perché si è imputata loro gran parte dell'assottigliamento dello strato dell'ozono. Alla fine del Novecento il loro utilizzo è stato vietato in quasi tutti i paesi: la riconosciuta razionalità dell'utilizzo di singole apparecchiature con CFC aveva generato massicce dosi di irrazionalità ecologica globale. Desidero attirare l'attenzione sui processi che generano irrazionalità partendo da sostanziali benefici tecnologici.

...per completare la lettura dell'intervista

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